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L’ULTIMA opera di Gianni Amelio è legata all’autobiografia di Albert Camus, tema dell’ultimo libro del più importante scrittore-filosofo esistenzialista francese, “Il primo uomo”, pubblicato postumo nel 1994 è ora un film. Gianni Amelio ha firmato la regia. Ma, forse, anche la storia narrata. Il regista calabrese, in conferenza stampa a Roma, spiega infatti che le tante similitudini tra l’infanzia dello scrittore e la sua possono far parlare di «film doppiamente autobiografico». «Camus parla dell’Algeria degli anni ’20, ma è identica alla Calabria degli anni ’50 in cui sono vissuto io – spiega Amelio -. La povertà assoluta, l’assenza del padre, la famiglia guidata da due donne con una nonna molto forte, un maestro che è un secondo padre, uno zio col quale il piccolo lavora d’estate alla fine delle elementari. Tutto uguale. Al punto che mi sono chiesto se il produttore che mi ha chiamato (Bruno Pesery, ndr) fosse al corrente della mia infanzia». 

La coincidenza tra la vita di Camus e la propria ha permesso ad Amelio di scrivere la sceneggiatura con dialoghi tratti dalla propria memoria, legati alla sua vita. «Nessuno dei dialoghi del film è presente nel libro di Camus – afferma – ma sono tutti scritti da me e sono ricordi personali». “Il primo uomo”, in 70 cinema dal prossimo 20 aprile distribuito da 01 Distributions, racconta del grande scrittore Premio Nobel che torna su richiesta degli studenti nell’Algeria sull’orlo della rivoluzione del 1957. Un momento particolare in cui gli opposti estremismi dominano la scena, dove gli arabi rivendicano l’indipendenza compiendo attentati e dove la Francia risponde con una violenta repressione.

Lo scrittore Jacques Carmery (alter ego di Albert Camus) sostiene che ogni popolo dev’essere libero, ma senza violenza. «La posizione di Camus è stata oggetto di attacchi fin dall’inizio – spiega Amelio -. La sinistra lo accusava di avere una posizione fascista, di non volere la libertà dell’Algeria e di volere il colonialismo. Sartre e molti altri intellettuali avevano una posizione netta: l’Algeria agli algerini. Camus, invece, che era algerino, aveva una posizione che oggi è quella di tutti: no al terrorismo e sì alla soluzione politica». Proprio per questo tema il film di Amelio è di strettissima attualità. «Oggi assistiamo a conflitti dovuti alle difficoltà di convivenza di varie etnie – spiega – a situazioni di conflitto che sfociano nella violenza e nel terrorismo». La pellicola del regista calabrese è incentrata sulla figura dello scrittore cinquantenne che torna in Algeria dalla madre, i cui ricordi dell’infanzia si intrecciano con la realtà. Un film che indaga sulla vita privata di Camus, che racconta un aspetto del grande scrittore lontano dai clamori e dai fasti francesi. «Proprio questo aspetto del film, quello di raccontare l’infanzia di Camus, ha fatto sì che la figlia ponesse una clausola-capestro alla concessione dei diritti – spiega Amerio – ha preteso di concedere il titolo e autorizzare l’uso del nome del padre solo dopo aver visto il film». Il regista confessa, in conferenza stampa, di non aver saputo di questa clausola se non alla fine. «Pensate come avrei potuto lavorare sapendo che, se il film non fosse piaciuto alla signora Catherine Camus, avrei dovuto cambiare titolo e negare che ci fossero riferimenti al padre», dice Amelio. Il cast del film “Il primo uomo” è internazionale: Jacques Gamblin (Carmery), Catherine Sola (la madre Catherine anziana), Ulla Bauguè (la nonna), Nicolas Giraud (lo zio Etienne), oltre all’unica italiana, Maya Sansa (la madre Catherine giovane) e l’esordiente Nino Jouglet (Comery bambino).

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