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UN anno senza Mango. Tanto è passato dall’ultimo canto dell’usignolo lucano. Un canto interrotto, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorso, da un malore fatale al termine di un concerto di beneficenza al PalaErcole di Policoro, sulle note della sua amatissima “Oro”. “Scusate” le ultime parole rivolte al suo pubblico che non lo ha mai abbandonato. Il sito e la pagina Facebook ufficiale dell’artista ospitano quotidianamente centinaia di messaggi di affetto e di stima. La famiglia, invece, sapendo di fare esattamente ciò che Pino avrebbe desiderato, finora ha scelto di custodire in silenzio il proprio dolore. Un silenzio interrotto, solo adesso, dalla moglie Laura Valente che, come un anno fa in occasione dell’ultimo saluto a Mango, ci apre le porte di casa a Lagonegro per parlare non solo dello straordinario artista che tutti abbiamo imparato a conoscere ed amare, ma anche dell’uomo, del marito, del padre.
«Sono stata muta per un anno, ma adesso è il momento di parlare di Pino, dell’uomo e dell’artista. Se non lo facciamo noi, che siamo la sua famiglia, chi?». E, guardandola negli occhi, si capisce che il suo è un gesto di amore, perché parlare del compagno di una vita le costa ancora fatica… e tanta. Per non lasciarsi sopraffare dall’emozione si affretta a prepararmi il caffè- con la moka tradizionale proprio come farebbe una perfetta donna di casa lucana, anche se lei lucana non è. «Qui è tutto uguale, ma tutto è cambiato- mi dice, mentre nel salone deserto crepita il fuoco nel camino e noi siamo rintanate in un caldo angolo della cucina- Ho girato i divani per farmi pesare meno l’assenza di Pino». Poi, dopo una breve pausa, accennando un sorriso, mi confida: «Stai seduta al suo angolo, era il posto in cui si fermava ore a leggere, pensare, riposare».
Nella casa, la stessa tirata su, pietra su pietra, dal padre muratore, tutto parla di Mango, del suo modo di sentire e di essere. «Era un lucano vero- ricorda Laura- amava profondamente questa terra, perché ne vedeva anche i difetti. Onestà intellettuale, etica, educazione erano in lui qualità innate. Era un uomo molto perbene, un signore all’antica, molto legato a un modo di vita diverso da quello veloce di Facebook. Pensava molto, era molto profondo, “verticale”, lento. La gente lo amava molto e io l’ho percepito tutto questo amore. L’amore di Pino per questa terra sta tornando tutto. Ha lasciato il “profumo” dietro di sé». Ed è questa la ragione per cui l’unico posto in cui avrebbe potuto vivere era la sua Lagonegro. «Per lui la musica era la gioia di farla, non la fama, le foto e la vita era autenticità dei rapporti. Per questo per noi a Lagonegro è stato più semplice vivere. Qui, nonostante i dischi, il successo, i premi, per tutti lui ha continuato a essere semplicemente Pinuccio, il ragazzo di Sant’Antuono». Ed è per la stessa ragione che è qui che Laura e i suoi ragazzi hanno deciso di affrontare il dolore della perdita. «Stare qui ci ha aiutato, anche se da quando anche Filippo è a Milano per studiare batteria al CPM di Franco Mussida, siamo solo io e Angelina che continua a frequentare il liceo di Lagonegro. Tutti hanno avuto rispetto del nostro dolore. Anche con i loro silenzi e la riservatezza hanno saputo starci vicino e sostenerci, insieme agli amici veri come Mogol e i collaboratori di Pino. Sono stati solidali nel senso vero del termine». Il pensiero di tornarsene nella sua Milano, in questi lunghi mesi, non l’ha mai sfiorata. «Sto vivendo come in una bolla- racconta Laura- ancora mi sembra tutto così irreale . Vivo una sorta di schizofrenia: di Pino continuo a percepire l’essenza, ma lui poi non c’è. Mi manca la quotidianità, la presenza fisica. Il dolore, a distanza di un anno, è ancora più forte. Io non credo nell’aldilà, ma mi sta capitando sempre più spesso che spettacoli belli della natura mi diano emozioni forti e la sensazione che Pino in qualche modo c’è». D’altra parte, aggiunge Laura, «arte e amore derivano dalla stessa tensione, dallo stesso bisogno di connessione con il mondo emotivo e con gli altri e a Pino piaceva comunicare e stare con gli altri». Sarà per questo che alla famiglia continuano ad arrivare messaggi e testimonianze d’affetto da tutta Italia. E molti sono quelli che vorrebbero che adesso fosse Laura, per diversi anni voce dei Matia Bazar, a cantare le canzoni di Pino. Ma su questo lei è irremovibile: «Le canzoni di Pino sono sue e basta, e sue devono rimanere». Inutile, quindi aspettarsi cover o pubblicazioni postume dell’artista di Lagonegro. «Noi – dice con chiarezza Laura- non andremo a scavare negli hard disk di Pino. Non c’era cosa che lo faceva infuriare di più che vedere i concerti-tributo. Lui era del parere che è solo l’artista a poter chiudere un lavoro, se non si vuole tradirne l’intenzione e il valore. Credo che Mango ne abbia fatta tanta di musica e quella basta». A disposizione dei numerosissimi fans del cantautore, a breve, ci sarà il nuovo sito con tutte le opere di Mango. «A essere pubblicate – chiarisce Laura- saranno solo le cose che di fatto erano già pronte e che Pino aveva curato direttamente».
E’ il caso del libro di poesie, in libreria dallo scorso 26 novembre. «Nel volume edito da Pendragon- spiega Laura- abbiamo voluto raccogliere, insieme ai 25 componimenti inediti della raccolta “I gelsi ignoranti”, anche quelli delle due precedenti, nel frattempo andate esaurite. Tra gli appunti di Pino ho trovato anche la premessa, riportata fedelmente nella raccolta. Le poesie erano praticamente già pronte per la pubblicazione, per questo ho voluto dargli priorità».
Ma in arrivo è anche il romanzo storico a cui Mango stava lavorando da tempo. «E’ ambientato in Lucania – anticipa Laura- nel Medioevo, una storia pazzesca. Era da cinque anni che scriveva e correggeva ottomila volte. Appena finiva di scriverne un pezzo correva a leggermelo. Manca l’ultimo capitolo, ma è un lavoro compiuto». Per quanto riguarda la musica, niente dischi ma un dvd live. «Pino aveva fatto realizzare già le riprese di tre suoi concerti all’estero e ne aveva già curato il montaggio- ricorda Laura- questo è l’ultimo tassello che manca alla sua incredibile produzione artistica». E le sue sonorità inconfondibili impreziosiscono anche il cortometraggio, in uscita, di Carlos Solito “Mare d’argento”.
«Pino sarebbe stato felice di “prestare” “Mediterraneo” come colonna sonora ad un corto onirico meraviglioso che esalta l’importanza degli ulivi».
Da qualche giorno, invece, è on line, con il testo della vocalist Valentina Gerometta, “Stella contraria” l’inedito che Mango aveva voluto dare agli Zois, per ringraziarli della bellissima cover di “Oro” che avevano voluto dedicargli. «La versione di questo giovane gruppo bolognese- dice Laura- lo aveva così entusiasmato che aveva accettato di registrare anche una parte del video di “Oro”, uscito dopo la scomparsa di Pino». Ancora una volta “Oro”, insomma. Oro si chiama anche Leonardo, il curatore della pagina Facebook dell’artista.
E “Oro” stava registrando Pino Mango, quando Mara Maionchi, nel 1983, lo presentò a Laura Valente. «E’ un pezzo che ha segnato tutta la sua vita – racconta Laura- Fui stregata dal suo strepitoso talento. Quando cantava era impressionante. Aveva tanti registri vocali, era “il cantante”. Aveva il dono di aprire bocca e portarti via. Anche in casa ti lasciava a bocca aperta. Era talmente introverso che la musica era un modo per esprimersi. Pino era un padre straordinario, forse perché c’era la musica a unirci. I nostri dopo-pranzo erano insieme a cantare. Questo ci manca tanto. Io, infatti, non apparecchio più a tavola e faccio fatica a riappropriarmi di una parte importante di me: il canto. Un po’ ci sto riuscendo grazie ai ragazzi del coro di Natale, che dirigo da anni. Quest’anno avevo molti dubbi in proposito, ma Don Mario è riuscito a vincere le mie resistenze e con loro mi sta tornando la voce e la gioia di cantare. Angelina, invece, -aggiunge orgogliosa- è brava. Non ha mai lasciato il pianoforte, non ha mai smesso di fare musica. Pino gli ha lasciato un grande insegnamento: la musica è un modo per vivere meglio».
Mentre ne parla, insieme al gatto di casa “Strummolo” (così lo aveva soprannominato Mango per la sua vivacità), Angelina fa capolino sull’uscio e con la stessa discrezione con cui viene a salutare, guadagna la strada per la sua cameretta. Che il papà le manca si vede, eppure la forza della sua voglia di normalità è commovente.
«Un anno fa – dice Laura -ho aperto le porte di casa a tutti, sapendo di fare come Pino avrebbe voluto: se ne è andato da lucano tra i lucani- ma adesso basta rivivere il funerale. Adesso è tempo di riappropriarsi del privato. Noi non abbiamo nessuna voglia di apparire, l’unico desiderio è che l’opera di Pino sia valorizzata. Lui faceva solo le cose che gli piacevano e così continueremo noi. Spero che i ragazzi riescano a essere felici con l’arte». Laura ormai è un fiume in piena e parla davvero a cuore aperto. A interromperci, per un attimo, è il messaggio del campione di ciclismo Ivan Basso: come al solito sta ascoltando una canzone di Mango e vuole condividerne l’emozione con lei. Il tempo di leggere e Laura si alza, facendomi cenno di seguirla.
Per la prima volta, da quando Pino non c’è più, apre la porta di quello che era il suo studio: è il momento più emozionante del nostro incontro. Tutto intorno a noi parla di Mango: dalle foto alla tastiera, dal Telegatto ai dischi d’oro. E su tutto la maglia rosa dell’amico Ivan.
Non ci sono più parole da aggiungere, se non quelle con cui Laura mi congeda da lei: «La straordinarietà della sua fine terrena, sul palco, nella sua terra, cantando la “sua” canzone è stato come un cerchio che si è chiuso. Questo sta suscitando intorno a Pino un interesse commovente. E lui sarebbe felice di questo. Questo grande applauso che da un anno si è levato per lui vorrei che Pino lo sentisse e fosse sempre più forte, perché Pino è stato un grande artista e gli artisti non sono mai sazi degli applausi».
m.agata@luedi.it
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