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La storia del cinema passa per Matera. E non soltanto perché, come ormai sanno anche le pietre, la città s’è guadagnata da almeno sessant’anni a questa parte un posto importante nell’immaginario cinematografico internazionale. Ma perché, da domani, a Palazzo Lanfranchi, questa storia sarà possibile toccarla con mano: attraverso gli oggetti che ne hanno costituito altrettante tappe evolutive. Proiettori, macchine da presa, pellicole, foto di scena, manifesti: nelle sale del museo materano una sterminata messe di manufatti documenterà, fin dalle sue origini, la stupefacente, rivoluzionaria impresa artistica che ha accompagnato la modernità.
“Una rassegna straordinaria – sottolinea il direttore della Lucana Film Commission, Paride Leporace, che ne è l’ispiratore – perché mostra il cinema nella sua dimensione produttiva: di arte del fare. E perché, in una città come Matera, mette in moto i meccanismi della memoria, consentendo a tutti, anche a coloro che non sono cinefili, di rituffarsi nel proprio passato. Il cinema fa parte della nostra memoria collettiva”. Ma c’è di più. “Questa eccezionale stagione materana – precisa Leporace -, tutta caratterizzata da eventi legati al cinema (dal Consiglio dell’European Film Academy, con l’arrivo stamane di autentiche star, alle prossime celebrazioni del cinquantenario del “Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, ndr), dimostra che non è più tempo di eventi fini a se stessi. Le iniziative della Camera di commercio, il ruolo prezioso della Soprintendenza, la collaborazione degli enti sono ora il frutto di uno sforzo unitario, di una logica costruttiva. Si tratta di creare e promuovere modelli che siano creativi e allo stesso tempo economici: come il cinema, appunto. Non è un caso se, nel presentarsi alla città, il direttore artistico di Matera 2019, Joseph Grima, abbia raccontato che il suo primo rapporto con i Sassi risalga a un ricordo di bambino: quello della visione, assieme al padre, del Vangelo secondo Matteo. Insomma, non dobbiamo dimenticare che esistiamo anche grazie al cinema e che esso può rappresentare una prodigiosa risorsa produttiva”.
Non più, dunque, Matera e il cinema? D’ora in poi, sarà più giusto dire che Matera è il cinema? Certo, se si segue la strada indicata da Leporace, questa suggestione ha un suo fondamento. E l’esposizione che si inaugura domani a Palazzo Lanfranchi ce ne fornisce la trama. A cominciare dalla singolare storia del vero artefice della mostra, Gaetano Martino.
Originario di Oppido Lucano, Martino ha dedicato tutta la sua vita, a una eccezionale impresa: mettere insieme la più ricca collezione di oggetti legati al cinema che si conosca in Italia e con ogni probabilità in Europa. In capannoni di fortuna sparsi tra Roma, Potenza e Oppido, giacciono, a decine di migliaia, i reperti della storia, e finanche della preistoria, di quella che un tempo fu detta la settima arte. Con passione da archeologo Martino ha accumulato (ma numeri precisi è impossibile farne), qualcosa come 800 tra proiettori e macchine da presa, almeno quindicimila film, oltre diciottomila documentari, centocinquantamila manifesti di cui un centinaio dell’ epoca del muto, dodicimila libri di interesse cinematografico, centottanta tra lanterne magiche e visori. E ancora: cinquantamila foto di scena e un numero imprecisato di ‘liste di dialoghi’ corrette dai vari registi. E poi centinaia di vetrini dipinti a mano, episcopi e proiettori fissi, quasi quattrocento macchine da proiezione (Goumont, Pathè, Pion e altre ancora). E macchine del suono, mascherine, bobine… Insomma: un capitale formidabile, una piccola parte del quale è da domani in bella mostra nel museo Lanfranchi. Un capitale che Martino mette a disposizione di chi è disposto a investire nella sua tutela: «La mia speranza – dice – è che questa collezione diventi un importante veicolo per diffondere la cultura del cinema, che rischia di essere dimenticata».
E’ per questo che la soprintendente Marta Ragozzino, mentre accompagna i giornalisti in un viaggio tra le quinte della mostra, accenna alla speranza che, “in un momento in cui si parla tanto di cinema”, le istituzioni capiscano che qui c’è un tesoro da difendere e valorizzare. Nel frattempo, ricorda, il reggente della Soprintendenza archivistica, Michele Durante, ha avviato un’azione di tutela della cineteca lucana. “I vincoli – aggiunge la Ragozzino – non sono strumenti coercitivi, ma di conservazione: che permettono di lavorare meglio e di avere finanziamenti per portare avanti l’opera di catalogazione. Diamo l’esempio di un lavoro fatto insieme sia pure con competenze diverse”. Attraversando le sale in allestimento, a rischio di inciampare tra oggetti preziosi confusi a masserizie di quello che appare un grande cantiere, la soprintendente indica gli artigiani al lavoro, “tutti grandi professionisti” e sottolinea il nuovo stile che si sta dando il museo. “Vedete? E’ così che realizziamo cultura a Palazzo Lanfranchi. Vogliamo essere un luogo in cui, assieme alla comunità, produciamo cultura e conoscenza. Non soltanto un luogo di trasmissione, dall’alto, del sapere. Questa mostra è importante…Soprattutto per i ragazzi. Permetterà loro una cavalcata attraverso sogni e visioni, in mezzo a oggetti di una memoria collettiva ormai perduta…Non è anche questo il nostro compito?”.
Matera è il cinema, dunque? La metafora involontariamente suggerita all’inizio da Leporace ritorna ad affacciarsi alla fine del viaggio tra i preziosi reperti di Martino. Il quale è anche una fonte inesauribile di ricordi legati al cinema. Memorie che, trattandosi del cinema, sono visioni. Ed emozioni nate da incontri casuali tasformatisi in grandi amicizie. Come quella con Giuseppe Tornatore, “un grande collezionista di macchine e manifesti anche lui”, al quale Martino fornì una antica e preziosa cinepresa per un suo film, ottenendo poi, in segno di riconoscenza, una piccola parte nel suo Baaria girato a Palermo.
Girando tra questi reperti, rileggendone il cammino attraverso ciò che ci resta, riscopriamo che il cinema è ancora e soprattutto questo: artigianato, immagini e memoria, al di là delle forme tecnologiche e stravaganti che ha finito per assumere. E allora sì, in controluce, possiamo leggervi una metafora della storia di Matera. La quale è appunto il frutto insieme di una millenaria cultura del fare e di visioni testimoniate dalla sterminata iconografia legata al suo ricco passato, ma anche luogo di memorie e di stratificazioni. Questo passato incancellabile innerverà il futuro trasmettendogli l’energia sepolta sotto le pietre. Forse è davvero il tempo che la città cominci a pensarsi non più come oggetto ma come soggetto di visioni, non più come il set di un grande cinema, ma come il luogo che ha contribuito a produrre, esso stesso, cinema. E, chissà, può essere che, per la seconda volta, grazie al cinema, la città avvii l’ennesima fase della sua storia.
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