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Lalla- Il rapinatore s’è portato via tua Zia Assunta.
Francesca – Oh mio Dio no!!! Quel pover uomo! (da La tata)
Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 5
Avevo una zia zitella. Non era proprio una zia, tecnicamente era una prozia, era la sorella di mio nonno Aldo. Si chiamava Gina e io la adoravo.
Era una bella donna, alta e prosperosa. Perché sia rimasta “signorina” non l’ho mai capito. Probabilmente un amore di gioventù finito male, ho sempre immaginato ci fosse una storia romantica dietro. Stava molto tempo a casa nostra quando io e mio fratello eravamo piccoli e vivevamo a Roma.
Con lei e mio zio Giovanni (lui, l’avvocato) ho fatto il primo viaggio in treno. Da Rossano a Roma. Viaggio entrato nella leggenda perché mio zio, all’epoca ridente studente universitario per farmi arrabbiare mi aveva sistemato nella retina portabagagli (ah, i treni a scomparti di una volta, anche di oggi dalle parti mie a ben pensarci).
Io cominciai a gridargli “Sammi scendere siglio di puttana, sammi scendere“, parlavo con le esse sibilanti. Gridai tanto che accorse il controllore, che, constatata la situazione non poté che intimare a mio zio di farmi scendere, mentre rideva come un pazzo.
Se ripenso a certi episodi della mia infanzia non mi stupisco delle mie attuali turbe mentali.
Mia zia Gina viveva con i miei nonni. Con la nonna erano come cane e gatto. E’ stata la prima persona cara, di cui ho memoria, ad aver perso.
Quando è morta non sono neanche riuscita a piangere. Quella cosa che si definisce “dolore sordo”. Un freddo intorno al cuore. Da allora mi ha fatto spesso compagnia. Finché c’è stata però, è stato un gran starci.
Mia zia Gina a Natale faceva la “pasta a confetti” un dolce tipico delle mie parti. Impilava una pallina sull’altra, a farne una piramide. Poi la spolverava di canditi e confetti colorati.
Mangiarla, ancora oggi, è come stringermela vicino.
Zie, pasta a confetti, traumi infantili. Il libro assolutamente perfetto è Zia Mame, di Patrick Dennis. Patrick Dennis è lo pseudonimo del ben più pomposo Edward Everett Tanner III. Uomo dai mille talenti e dalle mille sfortune. Non era uno scrittore di professione. Fu soldato in Italia nella seconda guerra mondiale, lavorò in un’agenzia letteraria, poi per una piccola casa editrice. Tentò il suicidio: venne ricoverato d’ urgenza in un ospedale psichiatrico: si diede il nome di Psychopatrick. Si trasferì a Città del Messico, gestì una galleria d’arte, e fece il maggiordomo.
Zia Mame fu rifiutato da diciannove editori, lo giudicavano invendibile. Quando poi, era il 1955, fu pubblicato, negli Stati Uniti, vendette due milioni di copie e rimase per 122 settimane nelle classifiche dei best seller.
Se già non lo avete fatto, vi innamorerete di Zia Mame e dei “suoi” anni 20. Eccentrica, innamorata del mondo e dei suo abitanti. Logorroica. Una donna che si è rialzata, con la grazia di una farfalla, ogni volta che è caduta. La storia racconta di un bambino che rimasto un orfano a 10 anni, viene affidato all’istrionica, divina zia Mame Dennis. Al tempo molti credettero si trattasse di una storia vera.
Io sono cresciuta negli anni 70 tra Roma e Rossano, e la mia zia Mame si chiamava Gina.
E questa è la sua ricetta della “pasta a confetti”
– 600 gr di farina
– 4 uova + 1 tuorlo
– 1 bicchierino di sambuca
– un pizzico di sale
– olio (o strutto) per friggere
Per condire e decorare:
– Miele
-confettini colorati
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