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POTENZA – Chi non ha dimenticato la famosa scena di una delle più infuocate direzioni del Pd, all’hotel Vittoria, quando Marcello Pittella ha preso la parola nell’indifferenza totale di tutti, non può non convenire sul fatto che il silenzio assordante di questi ultimi giorni da parte del partito sembra una riproposizione dello stesso canovaccio. Non che al candidato del centrosinistra lucano manchino sostenitori e consenso. Ma mentre l’ex assessore e la sua squadra aspettano con impazienza e sperano fortemente in una sentenza del Tar Basilicata che possa ribaltare il verdetto sulla esclusione della cosiddetta lista del presidente, dal “suo” Partito democratico nessuno si fa sentire.
Unica voce che si è contraddistinta negli scorsi giorni, quella del sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, che sul suo profilo twitter ha espresso solidarietà al candidato governatore: «Un incidente. Ci auguriamo che la lista “#Pittella Presidente” sia riammessa per il Centro Sinistra e per il bene della Regione». Per il resto, nessuno ha proferito parola. A partire dal segretario regionale, Vito De Filippo. Un silenzio forse più comprensibile all’inizio, nell’immediatezza della esclusione della lista, più pesante ora, dopo tutti questi giorni in cui qualche riflessione pure doveva essere fatta. Un vuoto che sbiadisce quell’immagine di pacificazione e di unità proiettata al Principe di Piemonte, in cui una direzione quasi unita sembrava acclamare il suo presidente.
Il fatto che a saltare sia stata proprio la lista del presidente ha un preciso valore elettorale ma anche politico. Con due risvolti però molto differenti. I voti persi con l’esclusione dalla competizione elettorale (salvo diversa decisione del Tar) dei candidati inseriti nella lista del presidente sono di tutto il Pd e di tutta la coalizione. Ma, dal punto di vista politico, i cocci sono quasi tutti ed esclusivamente dell’aspirante governatore. A saltare non è stata una lista qualsiasi ma quella di Pittella. Quella su cui si era giocato lo scontro nelle settimane precedenti e che al candidato governatore, nei limiti “imposti” dal partito e legittimati da Epifani, era servita a quell’allargamento dei confini del consenso che l’ex assessore aveva rivendicato fin dalla prima ora.
Per lui una maledizione, per qualcun altro, forse, quasi una punizione divina per quel candidato presidente che gran parte del partito aveva giudicato fin troppo arrogante per il modo in cui aveva insistito sulle sue ragioni. E’ giusto aggiungere che molte antipatie Pittella se le era tirate addosso anche rispetto alle ultime scelte fatte relativamente composizione della lista poi ricusata. Decisioni che sarebbero state assunte senza concertazione e anche un pò in contraddizione rispetto alla linea che il Pd si era e aveva dato. Un caso per tutti: quello dell’inserimento in lista del figlio del consigliere regionale Pasquale Robortella, data l’incandidabilità del padre per quella linea di discontinuità che il partito si è dato come regola. A scapito del sindaco defilippiano di Sant’Arcangelo, Domenico Esposito.
Malumori del momento, a cui si aggiungono anche valutazioni politiche future. Se il Tar dovesse confermare l’esclusione della lista del presidente, e in caso di vittoria del centro sinistra, Marcello Pittella sarebbe sicuramente un governatore più solo. E quindi più “dipendente” da quell’area del partito con la quale è stato in guerra fino alle direzione di due domeniche fa. Dopo essere stato ridimensionato nelle sue ambizioni, che qualcuno ha definito da “imperatore”, questa volta ci avrebbero pensato gli eventi esterni (senza chiamare in causa i teorici del complotto) a mettergli un freno. Senza neanche bisogno di scomodare nuovamente il segretario Epifani.
m.labanca@luedi.it
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