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POTENZA – Il lungo e liberatorio applauso che scatta mentre Marcello Pittella dalla terza fila raggiunge il tavolo della presidenza per  pronunciare il suo intervento è l’epilogo che dice tutto: pace è fatta, la guerra (almeno per ora) è finita. E la migliore sintesi è quella del colonnello Antonio Lungo che tra lo scroscio delle mani si lascia scappare quel “eh bravo” che scatena l’ilarità delle ultime file. E’ il segno di una tensione che lentamente va via. Delle asce riposte. Delle resistenze che piano piano diventano aperture. Forse è solo la suggestione  ma anche il suono delle campane del Principe di Piemonte sembrano annunciare una lieta notizia.

L’intervento del segretario nazionale Guglielmi Epifani è stato dirimente. Marcello Pittella accetta la linea: rinnovamento su tutte le liste, anche quella del presidente. Fuori gli indagati e tutti coloro che arrivano dal precedente Consiglio regionale. La strategia politica dell’ex assessore non si limita ad accettare una condizione calata dall’alto. Proprio sui temi del rinnovamento Pittella rilancia. «Sono come voi, un rinnovatore vero, il cambiamento ce l’ho qui», dice mentre si porta le mani alla testa.

Le scene del candidato presidente snobbato dal suo partito, delle urla, degli interventi al cianuro, delle facce tirate dell’ultima assemblea e delle precedenti direzioni di partito sono lontane. La sala incorona il raggiungimento di un accordo, che ormai sembrava impossibile. E ai presenti non c’è neanche   bisogno di spiegare cosa sia successo di così importante nelle ultime ore, cosa abbia stravolgere l’esito di una trattativa in cui ormai non sperava più nessuno. Pittella nel corso del suo intervento non pronuncerà mai la parola “intesa”. Così come pochi istanti prima non aveva fatto nemmeno il segretario regionale Vito De Filippo. Chi si è recato all’ennesima riunione della direzione del partito, ormai a ridosso della presentazione delle liste, sa già che si sarebbe trattato di celebrare un successo, non una sconfitta. Le prime voci di una ricucitura all’interno di un Pd giunto lacerato alle primarie dello scorso 22 settembre e ormai proiettato verso l’implosione inevitabile si erano diffuse già nelle prime ore di ieri.

O meglio, all’improvviso si è fatta largo la sensazione che un cambio di rotta potesse ancora esserci. Ma è lo stesso Marcello Pittella a spiegare: «La decisione è andata maturando fino a qualche istante prima di arrivare qua». E forse non è un caso che l’ex assessore alle Attività produttive sia arrivato in notevole ritardo rispetto alla direzione convocata per le 18. Pittella ha il volto tirato e quando tiene il suo intervento parla con una voce più lenta e calibrata del solito. Si capisce che è stata una scelta difficile. «Assunta – spiega ancora – dopo un lungo e intenso confronto con i vertici nazionali del partito e con  i miei compagni di viaggio». Ma in sala tra i suoi sostenitori mancano due pezzi da novanta  come Braia e Antezza. In più arrivano voci di contemporanei subbugli tra i consiglieri uscenti Falotico, Mollica e Vita  che lo hanno sostenuto nella campagna elettorale. A cui ora, però, l’ex assessore ha dovuto chiedere il sacrificio per un obiettivo più alto: «Il consenso sacrificato in nome del rinnovamento».

E’ questo l’esito dell’ultimo tempo della partita riaperta dalla palla riportata al centro del campo dal segretario Epifani che il giorno prima aveva dichiarato la sovranità di Pittella candidato presidente ma anche della linea che si era data il partito nell’ultima assemblea regionale. Un intervento, quello del nazionale,  “stimolato” con forza dopo l’ennesimo strappo dell’ultima direzione regionale. Con il tentativo della mediazione in extremis voluta dal senatore Margiotta che ha lavorato per questo epilogo  con una mediazione diretta con il vicepresidente del Parlamento europeo  Gianni Pittella che avrebbe avuto un peso determinante nella scelta finale del fratello Marcello. Una vertenza, giunta allo stallo definitivo, la cui risoluzione è transitata attraverso le stanze romane che del resto gli stessi fratelli Pittella non avevano mai smesso di consultare in queste settimane. E mentre c’era chi lavorava a Roma due colombe si sono distinte anche a livello locale per aver intessuto la pace: il fedelissimo di Marcello Pittella e coordinatore di Prima persona, Mario Polese e il margiottiano segretario provinciale del Pd, Antonello Molinari. Fino al risultato finale maturato solo nel pomeriggio e che qualcuno, fino alla fine, nemmeno voleva anticipare per scaramanzia. Il “sì” di Marcello Pittella passa attraverso la salvaguardia delle cosiddette  “prerogative del presidente”, ovvero listino e giunta. Ma di quello che sarà, per ora, nessuno ha voglia di parlarne. Si dicono tutti entusiasti per i risultati raggiunti: a partire del capogruppo alla Camera Roberto Speranza («Abbiamo dato ancora una volta prova di essere un grande partito), al deputato Vincenzo Folino («Siamo contenti di aver ritrovato Marcello Pittella sul cammino del rionnovamento). Osannano la ritrovata unità e si danno un altro obiettivo.  Lo dice pure il candidato che ha perso le primarie contro Pittella, Piero Lacorozza: «Ora pensiamo alla Basilicata».

m.labanca@luedi.it

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