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CONTINUARE a parlare delle possibilità di crescita della Lucania significa affrontare argomento ovvio. Le potenzialità insite nelle caratteristiche del territorio – dalle bellezze naturali alla gastronomia, dalle risorse (acqua e petrolio) alle iniziative culturali – si mantengono al livello embrionale,
limitandone lo sviluppo. I numeri ci sono. Mancano, purtroppo, i mezzi a supporto delle tante idee. Sappiamo “cosa” ma non “come”.
Oggi, a tal proposito, voglio dire la mia.
Sono una ventitreenne neolaureata in storia dell’arte, presso la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli Studi della Basilicata.
Ho redatto una tesi sperimentale in storia dell’arte contemporanea sul tema della Land Art/Art in Nature, tramite l’analisi del Progetto ArtePollino (Regione Basilicata, 2009).
Partendo da questo spunto, ho provato a elaborare una bozza d’itinerario turistico-culturale da applicare al suddetto progetto col fine di far conoscere e apprezzare le opere installate sul versante lucano del Parco Nazionale del Pollino.
Mi sono rivolta all’ufficio regionale responsabile del progetto con entusiasmo d’iniziativa e speranza.
Quella speranza che solo l’ingenuità regala.
Quella speranza che porta i giovani a sognare la realizzazione d’ideali che non necessariamente tornano indietro come profitto.
Quella stessa speranza che ci fa scontrare con una realtà diversa da come l’avevamo immaginata.
E così la voglia di mettersi in gioco cede il passo alle insicurezze indotte dall’esterno e l’ideale della “cultura per la cultura” si trasforma in mero “profitto a tutti i costi”.
Ma un dialogo su due diversi piani comunicativi difficilmente porta a risultati.
Infatti, da un lato si esponeva l’idea della promozione culturale per il bene comune, dall’altro si opponeva l’incertezza di un investimento e la mancanza di un ritorno economico per un progetto nato, abbandonato e, forse, morto in breve tempo.
Essendo una “novellina” nel settore non ritengo fuori luogo una certa reticenza; non condivido, d’altro canto, il disinteresse di quelle istituzioni che tanto predicano e auspicano impegno da parte dei giovani e che, nel momento di dimostrare coerenza tra il dire e il fare, non si espongono in prima persona.
Questa personale testimonianza intende porsi come punto d’inizio non solo di un lavoro atto a portare alla luce i tanti beni culturali sconosciuti della nostra regione, ma anche come sollecitazione a prendere coscienza dei problemi e delle difficoltà che i giovani lucani si trovano ad affrontare senza un “manuale d’uso”, che solo l’esperienza può fornire.
Il problema, a parere di chi scrive, è molto semplice: i giovani hanno le idee ma non sono in possesso dei mezzi per metterle in pratica; coloro che hanno modi e, soprattutto, competenza alle spalle non ripongono fiducia nel nuovo.
Nel rapporto con le nuove generazioni il dialogo non deve essere impostato in termini da businessman, pur comprendendo quanto il fattore economico influenzi la nostra quotidianità.
Si chiede, quindi, solo supporto e partecipazione alle istituzioni, fiducia in un momento d’incertezza e decadenza della morale.
Se la prima possibilità di uscire dal guscio non ce la offre nessuno, quando potremo mai fare esperienza?
Questa domanda non è rivolta solo agli “addetti ai lavori”, ma a tutti coloro che hanno dimenticato di essere stati giovani, con tutte le difficoltà collaterali.
A coloro che ci sentono, ma non ascoltano, a chi vede in noi soltanto l’emblema della superficialità.
È come trovarsi appesi ad una rupe, a cercare appigli improbabili, a gridare per la salvezza a coloro che, con la corda in mano, ci guardano al riparo dallo strapiombo; mostrano interesse ma non agiscono.
Il rischio di precipitare, per voi, non è così alto. Voi avete la ringhiera, noi no.
Modificando una famosa terzina dell’Inferno di Dante Alighieri, concludo dicendo: “o voi SE avete li ‘ntelletti sani mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”.
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