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POTENZA – La Basilicata ha speso bene, o più esattamente, meglio delle altre regioni. Tanto che la Commissione europea ha sbloccato altri 30 milioni, nell’ambito della programmazione del Fondo sociale 2007-2013, che saranno assegnati alla Regione già nei prossimi giorni. E questo in virtù del “buon lavoro” svolto fino a questo momento: la spesa certificata della Basilicata si attesta al 59 per cento, con risultato nettamente migliore rispetto a quello della media nazionale. Per fronteggiare la pesante fase recessiva, al 31 dicembre 2012, sono stati impegnati 231 milioni di euro, pari al 71 per cento della programmazione totale, così com’è stato ribadito ieri a Matera nel corso della riunione del Comitato di sorveglianza  del Po Fse Basilicata.

Ma i risultati dove sono? Stando ai recenti dati relativi ai principali parametri economici, diffusi da Unioncamere e da Bankitalia, nonostante l’alta capacità di spesa i risultati non sono stati raggiunti. E’ come alla “Prova del cuoco”: spendi tutto il budget a disposizione  per comprare i migliori ingredienti ma alla fine la ricetta non funziona e il piatto non è buono.

Tra gli assi finanziati attraverso il fondo sociale europeo, la Basilicata ha impegnato l’84 per cento delle risorse a disposizione  per migliorare l’accessibilità al lavoro. Solo che anche per il 2012 l’Istat fa registrare un calo dell’occupazione pari all’1,5 per cento. Colpa della crisi e della contrazione dell’attività economica che investe quasi tutto il paese. Ma l’occupazione in Basilicata cala più che nel resto d’Italia e anche più della media del Sud, ovvero di quelle regioni meno bravo sul fronte della spesa delle risorse europee.

Se si considera l’arco temporale 2007-2012 la contrazione dell’occupazione in Basilicata si attesta in linea con il dato del Sud. Me le ore lavorate in regione sono diminuite più che altrove. Quindi cala la quantità ma anche la qualità del lavoro: la percentuale di lavoro a tempo determinato è più alta, e soprattutto cresce il ricorso alla cassa integrazione.

C’è da dire che il numero dei disoccupati cresce, ma meno che al Sud e nel resto d’Italia. Ma a questi vanno aggiunti i 50.000 inattivi, disponibili a lavorare, ma che il posto non l’hanno proprio cercato perché pensavano di non trovarlo. Dunque, l’elevata capacità di spesa della regione non corrisponde a obiettivi raggiunti. E’ questo il più  grande paradosso dello sviluppo lucano. Ed è il limite evidenziato anche dall’ex ministro Barca nella visita di qualche mese fa in Basilicata.

Quello con in cui sarebbe bene fare i conti in vista della nuova programmazione 2014-2020.

Più spesa che risultati.

Una contraddizione che sembra riproporsi anche in un altro importante settore, come emerso dal rapporto di Bankitalia: la Basilicata si contraddistingue per la più bassa capacità innovativa più bassa sia rispetto alle media delle regioni meridionali sia a quella del resto del Paese. Eppure il pubblico spende in ricerca e innovazione più di quanto accade altrove. In parte il dato è legato alla mancanza di realtà produttive di grandi dimensioni.

Le imprese lucane – piccole e medie – investono ancora troppo poco in innovazione, ovvero quell’elemento determinante per venire fuori anche da periodi duri come quello degli ultimi anni. Basti pensare che dal 2000 al 2010 la quantità di risorse umane impiegate in questo tipo di attività è rimasta sostanzialmente invariata: rispetto al totale degli addetti quelli specializzati in ricerca e sviluppo rappresentano solo lo 0,8 per cento; esattamente la metà sono i ricercatori.

Un dato strettamente correlato a quello relativo all’impiego di profili professionali qualificati. Il tasso di laureati lucani occupati è molto basso rispetto alla media nazionale. Mentre continua a crescere l’emigrazione verso aree più ricche del paese.

Le immatricolazione nell’Ateneo lucano che la Regione Basilicata sostiene con dieci milioni all’anno si è ridotto del 2,7 per cento. Chi va fuori per studiare, dopo la laurea, nella maggior parte dei casi non torna più in Basilicata perché quel poco lavoro che c’è non è adeguato alla formazione professionale maturata. Quella scarsa offerta di lavoro che c’è è per mansioni meno qualificate.

Dato complessivamente in linea con l’esiguità degli investimenti nel settore ricerca e innovazione che per l’anno 2009, a esempio, ha rappresentato solo lo 0,7 per cento del Pil. I risultati sono questi: la diffusione delle imprese innovative in Basilicata è ampiamente inferiore alla media delle regioni meridionali e al resto del Paese. Nonostante, a esempio, la Regione si sia dotata di una struttura ad hoc come Basilicata Innovazione che si occupa di  trasferimento tecnologico e valorizzazione dei risultati della ricerca.

Per quanto riguarda invece i fondi europei destinati al settore il più grande importo finanziato ha riguardato il Campus per l’innovazione e il manufactoring della Fiat di Melfi. Ma sappiamo bene che la sua realizzazione ha subito ritardi notevoli. A distanza di quattro anni dall’annuncio, a dicembre del 2012, la percentuale di avanzamento dei pagamenti del progetto era circa un quinto dell’importo stanziato.

m.labanca@luedi.it

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