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«Avanti Enrico. Avanti Enrico. Avanti Enrico». Immaginiamo la scena a casa Moretti. Nanni alza il volume con gioia: finalmente qualcuno dice qualcosa di sinistra. Nanni Moretti aveva perso la “Speranza” ormai. Un po’ tutti in realtà. Ma Speranza apre l’Assemblea a Roma del Pd, partendo da Enrico. Ed Enrico per la sinistra è solo Berlinguer. Ma è questione di un attimo. Nanni Moretti di certo affonda sulla poltrona. Perché per Speranza c’è un solo Enrico: ed è Letta. Il capo del governo delle larghe intese.
Un’altra occasione persa per dire qualcosa di sinistra. Ma sarebbe stato strano il contrario. Speranza non è uno che parla alla “pancia”. Che infiamma gli animi. Per quello l’assemblea ha dovuto aspettare solo pochi minuti quando a parlare è intervenuto il lucano d’origine Vincenzo De Luca che a uno a uno ha incassato una serie di applausi dalla platea parlando di «senso di umiliazione provato con tanti militanti, di vergogna profonda» e ammonendo: «Abbiamo il dovere di chiedere scusa ai nostri militanti.
Abbiamo una storia più grande alle spalle delle nostre miserie, possiamo riprenderci».
Insomma il lucano (nato a Ruvo del Monte e poi si è trasferito a Salerno dove è arrivato a farsi eleggere sindaco) De Luca è uno che infiamma gli animi. Speranza no. L’intervento del segretario regionale è tutto ragione e poco cuore. Anche la postura è diversa. Il neo viceministro De Luca parla guardando in faccia la platea sempre. Va a braccio. Il capogruppo dalla Camera legge sempre e raramente alza gli occhi. Insomma è inutile girarci intorno. Può piacere oppure no. Ma questo è Speranza: un trentenne che piace alla vecchia classe dirigente del Partito democratico e un po’ meno (parecchio meno) agli altri. Ma lui va avanti così. E in effetti, almeno
per ora, la sua linea paga. Ha parlato all’Assemblea del Pd da generale e continua ad avere il vento a poppa nella scalata delle posizioni.
Poi che il suo discorso sia stata fortemente criticato sul web, è un’altra cosa. Ma è questo il quadro che va avanti dal giorno della sua elezione a capogruppo del Partito democratico alla Camera dei deputati. Speranza, come pochi esordienti nei posti che contano prima di lui, divide l’opinione pubblica di netto. Ad ogni modo il suo discorso davanti a oltre 500 delegati democratici nazionali non ha offerto picchi.
Ha “volato” abbastanza vicino al terreno spaziando dalle questioni del partito a quelle del governo. In particolare ha chiarito: «Noi siamo e restiamo alternativi al centrodestra, ancorati alle grandi famiglie progressiste europee. Questo governo non era nei nostri disegni, ma a noi tocca spiegarne il senso con umiltà e coraggio».
Il passaggio sul nuovo reggente che dopo tre ore buone sarebbe stato eletto segretario nazionale: «Epifani è persona di profilo altissimo che può accompagnare con autorevolezza il Pd al Congresso». E specificatamente al prossimo appuntamento congressuale Speranza ha aggiunto: «Serve un Congresso vero in cui la politica prevalga sui personalismi. Oggi intanto dobbiamo saper vivere questo tempo difficile e abbiamo la responsabilità di essere la più grande comunità di donne e di uomini, ma anche la più grande forza parlamentare».
Insomma alla fine c’è chi ha storto il naso. Ma il risultato è stato raggiunto: Speranza ha aperto il dibattito preceduto direttamente da Bersani. Ha vinto la “battaglia” di non essere lui in prima persona il “sacrificato” a traghettare il Pd verso il congresso e quindi può ancora tranquillamente cullare sogni in grande: non è assolutamente
esclusa (anzi) una sua candidatura al congresso per la guida non a tempo determinato del Partito democratico e nel frattempo rimane (tranquillamente?) sulla poltrona di presidente del gruppo parlamentare più numeroso che c’è in questa legislatura. Poi si vedrà. E intanto in Basilicata chi pensa a lui come futuro aspirante governatore per il centrosinistra può continuare a farlo perchè non è il reggente del Pd e quindi non ci sono limiti alla provvidenza. O alla Speranza sarebbe meglio dire. Un neo? Le tante schede bianche per Guglielmo Epifani. Ma vista l’aria che tira in tutto il Partito democratico va bene così. Non si attendevano miracoli. E non ce ne sono stati.
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