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POTENZA – Il gip di Potenza, Luigi Spina, ha annullato la misura cautelare del divieto di dimora per i consiglieri regionali Agatino Mancusi (Udc) e Mariano Pici (Pdl), nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi illeciti condotta dalla Procura di Potenza, che lo scorso 24 aprile ha portato agli arresti domiciliari per due ex assessori regionali (Rosa Mastrosimone e Vincenzo Viti) e per l’ex capogruppo del Pdl, Nicola Pagliuca, e al divieto di dimora per altri sei consiglieri ed ex consiglieri lucani.
Il giudice ha invece confermato gli altri sei divieti di dimora: per Antonio Autilio (Idv), Alessandro Singetta (gruppo misto), Rocco Vita (Psi), Vincenzo Ruggiero (La Destra), Mario Venezia (Pdl) e Paolo Castelluccio (Pdl).
Nei giorni scorsi erano stati annullati gli arresti domiciliari per Mastrosimone (Idv) e Viti (Pd) dopo le loro dimissioni rispettivamente da assessore esterno della giunta guidata dal presidente Vito De Filippo (Pd), e da assessore nonché da consigliere regionale. Per Pagliuca, invece, che ha rimesso soltanto il mandato di capogruppo dell’opposizione nel parlamentino lucano, gli arresti erano stati sostituiti soltanto con il divieto di dimora a Potenza.
Per oggi è inoltre già prevista l’udienza davanti al Tribunale del Riesame sulle richieste di annullamento delle misure presentate dai legali dei consiglieri raggiunti dall’ordinanza del gip Spina che non hanno rinunciato come Viti, Mastrosimone. Da ultimo anche l’avvocato di Pagliuca, Tuccino Pace, ha reso noto l’intenzione di ritirare il ricorso già presentato preferendo proporre più avanti un’ulteriore istanza davanti al gip motivata con alcuni documenti che il suo assistito sarà in grado di produrre solo nei prossimi giorni. Chiaro che allo stesso modo, ma per ragioni diverse, domattina al primo piano del Palazzo di giustizia di Potenza non si presenteranno nemmeno i legali di Mancusi e Pici, gli avvocati Paolo Carbone e Donatello Cimadomo.
«La revoca dell’ordinanza è un fatto positivo che conferma la bontà delle spiegazioni fornite dall’onorevole». Ha commentato l’avvocato Carbone al telefono col Quotidiano, aggiungendo che il gip dev’essersi ravveduto della «buona fede» di Mancusi, a parte «un po’ di confusione» tra la documentazione giustificativa delle spese portate a rimborso come «segreteria e rappresentanza». Al suo assistito veniva contestato di essersi appropriato di 8mila 377 euro per aver chiesto rimborsi per 91.887 chilometri (in soldoni 27 mila euro), 34mila in più rispetto a quanto riportato dallo stesso contachilometri dell’auto. In più tra le sue fatture ne era stata evidenziata una per spese di ristorazione in concomitanza del suo compleanno con data alterata dal 18/5/2010 al 18/6/2010, più un’altra a Potenza mentre si trovava in missione, e altre ancora per l’acquisto giornali persino nei giorni di chiusura dell’edicola di riferimento.
Anche nel caso del consigliere Mariano Pici, stando a quanto chiarito dall’avvocato Cimadomo, il giudice non avrebbe più ravveduto i gravi indizi dei reati che gli venivano contestati. Per lui ammontava a 17.032 euro la cifra di cui si sarebbe appropriato: 4500 euro per 38.807 chilometri che non sarebbero risultati compatibili ai buoni benzina acquistati; e 12.450 euro per il noleggio di un impianto audio video per sponsorizzare alcune iniziative politiche organizzate dallo stesso Pici.
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