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POTENZA – Sono colpevoli di truffa e falso l’ex presidente del Consiglio regionale Prospero De Franchi, l’attuale vicepresidente Franco Mattia, l’assessore in pectore della nuova giunta De Filippo Francesco Mollica, e l’ex consigliere Giacomo Nardiello. E’ quanto ha stabilito ieri mattina il Tribunale di Potenza al termine del processo di primo grado sullo scandalo dei rimborsi per i membri del parlamentino di via Anzio residenti fuori Potenza, che in realtà sarebbero vissuti nel capoluogo. E poco importa che dalla Regione nessuno si sia costituito parte civile. Vuol dire che quei soldi – in totale poco meno di 100mila euro – non torneranno indietro anche se la condanna dovesse diventare definitiva. Ma le accuse rimangono le stesse.
E’ arrivata come un fulmine a ciel sereno in una splendida giornata di primavera la decisione del presidente della sezione penale del Palazzo di giustizia di via Nazario Sauro Aldo Gubitosi. Il pensiero che stesse maturando la stangata si era andato facendo strada mano a mano che il tempo della camera di consiglio si dilatava dopo la richiesta di assoluzione formulata in udienza dal sostituto procuratore Sergio Marotta, a cui si erano accodati i legali difensori Sergio Lapenna, Giovanni Losasso, Rocco Perrotta e Raffaele Cioffi.
Tirando le conclusioni di un dibattimento durato due anni e mezzo il pm titolare anche dell’ultima inchiesta sulla casta regionale, quella esplosa sull’onda dei casi di Lazio, Lombardia e Campania, aveva parlato di «fatti moralmente discutibili ma nulla più». A far pendere la bilancia della giustizia dalla parte dei quattro consiglieri per Marotta ci sarebbe stata l’interpretazione autentica della legge che ha istituito il rimborso in questione approvata a luglio del 2009, appena un mese dopo che il Riesame aveva confermato il sequestro delle somme “incriminate” scattato alla fine di aprile. Per l’occasione era stata varata da uno schieramento bipartisan una “leggina” ad hoc, per non dire “ad personas”. Firmatari: Nicola Pagliuca (Pdl), Antonio Di Sanza e Vincenzo Folino (Pd), Emilia Simonetti (Prc), Luigi Scaglione (Popolari uniti), Roberto Falotico (Dec, oggi Udc), Antonio Flovilla (Rosa bianca), Michele Napoli (La Destra, oggi Pdl) e Agatino Mancusi (Udc). Votanti tutti tranne i contestatori Falotico e Donato Salvatore (Psi) usciti dall’aula in segno di protesta, e gli assenti Folino e Simonetti. Ma il Tribunale non si è fatto impressionare.
La pena inflitta a De Franchi, Mattia, Mollica e Nardiello è di un anno e otto mesi di reclusione, senz’altri accessori tipo l’interdizione dai pubblici uffici e con la sospensione condizionale, dunque poco più che simbolica. In teoria sarebbe potuta essere molto peggiore ma da una contestazione complessiva che copriva cinque anni, dal 2004 al 2009, sono stati espunti i mesi fino a maggio del 2005 per effetto della prescrizione. Inoltre il Tribunale deve aver riconosciuto le attenuanti generiche a favore dei consiglieri, tutti incensurati. Ma la buona fede che qualcuno aveva evocato no. Quella non è stata concessa a nessuno.
Oltre che sul dato normativo dei requisiti previsti per avere accesso il rimborso e la sua corretta interpretazione, la discussione delle difese si era infatti incentrata sull’affidamento dei consiglieri sugli uffici di via Verrastro. In quanto responsabili dell’erogazione di quelle somme – così hanno sostenuto gli avvocati in aula – sarebbero stati loro a doversi attivare per risolvere eventuali conflitti tra residenza e domicilio di chi aveva mantenuto la sua dimora abituale nel paese d’origine, ancorché vivesse perlopiù nel capoluogo di regione.
L’uso del passato è d’obbligo perché a dicembre il super rimborso benzina per i membri del parlamentino lucano è andato in soffitta con la spending review sugli enti locali. Fino ad allora però è rimasto tra i più ricchi d’Italia, grazie a una formula matematica esclusiva: un terzo del prezzo di un litro di benzina verde per ogni chilometro percorso per andare e tornare diciotto volte da casa al Consiglio regionale. Così ogni mese. Tanto che qualcuno era arrivato a intascare fino a 30mila euro all’anno senza nessuna verifica sulla spesa sostenuta davvero.
Il caso era finito all’attenzione degli investigatori agli inizi del 2008 da una delle intercettazioni disposte nell’ambito dell’inchiesta Totalgate su appalti e corruttele all’ombra delle trivelle nella Valle del Sauro condotta dal pm Henry John Woodcock. Ascoltando le telefonate dell’ex presidente della Provincia di Matera Carmine Nigro con l’allora vicepresidente del Consiglio regionale Rosa Mastrosimone (assessore all’agricoltura in carica della giunta De Filippo) gli agenti della squadra mobile di Potenza avevano intuito il malcostume. E nei mesi successivi sono arrivati i riscontri grazie ad appostamenti e analisi di utenze e tabulati. Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane.
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