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POTENZA – Fatti che infilati uno dietro l’altro assomigliano ad accuse lasciando intravedere responsabilità precise, politiche e non solo, per le omissioni se non proprio per le connivenze negli uffici della Regione. Sono quelle emerse dalla relazione del presidente della commissione d’inchiesta sul caso Fenice, Nicola Pagliuca. Parole pacate ma sufficienti per consumare una spaccatura che il Pd fino all’ultimo ha cercato di evitare con i consiglieri del centrodestra intenzionati a votare il documento così com’è sull’Aventino, appoggiati persino da due alleati del centrosinistra come Falotico e Mollica dell’Udc. Si è conclusain questo modo nella serata di ieri, con un rinvio per «integrazioni» alla relazione finale della commissione, la seduta del consiglio regionale dedicata allo scandalo inquinamento nella falda sotto il termovalorizzatore di San Nicola di Melfi. A scatenare gli animi la contro-relazione letta dal presidente della giunta De Filippo che ha contestato metodo e risultati della commissione in linea con il consigliere “interno” Gennaro Straziuso. Il governatore ha difeso in buona sostanza l’operato delle amministrazioni lucane di centrosinistra riconoscendo alcuni errori ma negando con forza l’esistenza di una «tundra malavitosa» in particolare ai vertici del dipartimento Ambiente della Regione. «Non penso che negli uffici siano facitori di male o sudditanze verso l’imprenditore di turno». Ha polemizzato De Filippo, che ha rivendicato di aver approvato l’istituzione della commissione d’inchiesta «dal primo giorno», ma ne ha sottolineato i limiti. «Qui non si tratta di individuare delle responsabilità – ha spiegato -ma di capire il processo che ha permesso che accadesse una cosa del genere». Una precisazione condita di un messaggio inequivoco: «Le uniche sanzioni di cui possiamo parlare sono politiche e vanno rimesse al corpo democratico». Poi ha aggiunto che «oggi abbiamo messo in piedi un sistema più affidabile e un percorso tendente a migliorare ancora la qualità dei controlli che possono essere presi a riferimento non solo per la realtà di Fenice e non solo in Basilicata: questo perchè – ha concluso – (…) dobbiamo aver ben chiaro il nostro dovere di fornire certezze ai cittadini che devono trovare nel sistema pubblico un quadro di affidabilità totale che oggi mi sento di dire esiste in pieno».Di tutt’altro avviso erano stati i consiglieri intervenuti prima di lui e non soltanto quelli di centrodestra. Navazio (Ial) in particolare aveva chiesto l’azzeramento del dipartimento Ambiente della Regione, mentre Napoli (Pdl) si è espresso per la rimozione di «chi si è dimostrato incapace di fare il proprio dovere». Rosa (FdI) si era rivolto direttamente a De Filippo «al secondo mandato e con ruoli amministrativi anche prima» richiamandosi alle «responsabilità politiche della forza che ha nominato dirigenti e responsabili» degli uffici sotto accusa, in Regione come in Provincia. Ma anche Romaniello (Sel) da sinistra non c’era andato leggero insistendo sull’errore compiuto da chi nel 2011 ha votato un piano regionale rifiuti che ruotava attorno all’inceneritore Fenice e parlando di «ricostruzione» necessaria al dipartimento ambiente come all’Arpab dove «c’é chi con supponenza ha pensato di non dover dar conto a nessuno e di avere la verità in tasca. Non chiedo provvedimenti disciplinari – ha concluso Romaniello – ma di cedere il passo a chi ancora esercita la stessa funzione». Impassibile tra il pubblico presente in aula c’era anche l’ex dg dell’Arpab Vincenzo Sigillito.
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