La casta di via Verrastro
La bufera giudiziaria sul parlamentino lucanoIl paradosso dell’indagine-scandalo sui rimborsi
Giunta anti-Pm?Inchiesta fai da te
Inquirenti al lavoro sulle copie delle fatture custodite dai consiglieriBasterebbe esibirle per rompere l’impasse che oggi blocca la Regione
di LEO AMATO
POTENZA – Tra meno di due settimane il Tribunale di Potenza dichiarerà la prescrizione delle accuse nei confronti degli imprenditori coinvolti nella prima maxi-inchiesta sulle corruttele all’ombra delle trivelle dell’Eni in Val d’Agri. Undici anni fa, quando è scattato il blitz, era finito ai domiciliari anche Vito De Filippo. Poi il Riesame lo aveva rimesso in libertà. Quindi a meno di cinque mesi dalle elezioni che lo avrebbero designato come governatore è arrivata l’assoluzione con il rito abbreviato.
GIUSTIZIA
Così funziona la giustizia in un piccolo distretto come quello lucano. E di esempi se ne potrebbero fare tanti altri. Ma lo scandalo dei rimborsi per le spese di segreteria e rappresentanza dei consiglieri regionali sembra essere riuscito a farlo dimenticare, a meno che non si voglia sviare l’attenzione dai veri problemi che assillano i vertici del Pd della Basilicata, alle prese con una crisi di governo e di consenso senza precedenti.
AVVISI DI GARANZIA
«Che succede se si forma una nuova giunta e poi arriva un avviso di garanzia a un assessore?» Verrebbe da dire un bel nulla dal punto di vista giudiziario, viste le cronache recenti che dal caso del licenziamento del dg della vecchia Asl di Venosa alle Toghe lucane del pm Luigi De Magistris, passando per l’inchiesta sulle infiltrazioni dei clan nell’economia e gli appalti della regione, hanno perlopiù regalato patentini di legalità ai politici chiamati in causa. Tre sole le eccezioni: l’ex deputato Antonio Luongo, imputato per corruzione e inserito nella lista degli impresentabili del comitato di garanzia del Pd per le sue frequentazioni con un ex 007 accusato di dossieraggio nei confronti di magistrati e vari personaggi di un certo peso; l’ex assessore comunale di Potenza Rocco Lepore, condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per concorso esterno nel clan dei basilischi; e il tre volte sindaco di Tricarico Antonio Melfi, a cui di recente la cassazione ha confermato la pena a 3 anni e 7 mesi di reclusione per concussione per fatti risalenti al 1999, gli unici che a distanza di tutto questo tempo sono rimasti ancora punibili.
DIMISSIONI
Poi ci sono due volti cancellati senza troppo riguardo dalle foto ufficiali della giunta del De Filippo rieletto. Erminio Restaino, già candidato sconfitto alle primarie per l’elezione del segretario regionale del Pd, è stato “dimissionato” agli inizi dell’anno scorso per non essersi presentato dal pm che stava conducendo l’inchiesta sul disastro del termovalorizzatore Fenice di Melfi, i problemi della discarica comunale di Potenza, le raccomandazioni e i favoritismi all’Arpab, incluse le promesse dell’ex dg ai suoi sottoposti in cambio di voti proprio per quelle primarie. Uscendo dalla stanza dei bottoni di via Verrastro Restaino avrebbe denunciato l’esistenza di una vera e propria «procura parallela» che per mesi ha occupato la pubblicistica locale. Agatino Mancusi invece a novembre ha scelto di dimettersi da sè, poche ore dopo che il Quotidiano aveva reso pubblica la stretta finale nell’inchiesta dell’antimafia sui suoi rapporti con i basilischi. C’è chi ha pensato a una scelta legata all’esigenza difensiva di neutralizzare eventuali richieste di misure cautelari. Ma il giudizio dei suoi collaboratori affidato alle microspie piazzate dai Ros nelle loro auto ha rivelato tutt’altro. In particolare il pressing del governatore sul suo vice, che oggi attende la data in cui dovrà comparire in Tribunale per l’inizio dell’udienza preliminare.
GRILLO
Insomma una questione di opportunità politica più che giudiziaria in entrambi i casi, anche per non lasciare le istanze di ambientalisti e legalitari all’opposizione se non proprio al voto di protesta. Ma non è bastato ad arginare lo tsunami elettorale degli attivisti a 5 Stelle aizzati per tutta la penisola da Beppe Grillo, che è poi il vero dato con cui De Filippo si sta confrontando ormai da quasi venti giorni.
BERSANI
«Che succede se Bersani fallisce e si torna alle elezioni tra un anno?» Questa è la domanda che assilla il primo dei non eletti in Parlamento, e principale sponsor della candidatura del neo-deputato Roberto Speranza alla sua successione, l’ormai celebre “trenino”. Un gesto nobile come quello di Renata Polverini senza la certezza di una legge elettorale diversa potrebbe lasciare il presidente della giunta uscente con un numero considerevole di chilometri sulle spalle in balia di un nuovo gruppo dirigente del Pd orientato alla rottamazione dell’esistente: quadri nazionali e quadri locali. Altro che avvisi di garanzia, rinvii a giudizio e processi che non durano mai meno di due mandati. L’emorragia di consensi a favore del comico-vampiro genovese e le controindicazioni della cura del sindaco trentenne di Firenze sono le reali questioni sul tavolo dell’ uomo che è stato ilsimbolo dei quarantenni al potere.
FAC SIMILE
D’altronde una risposta politica all’inchiesta della procura della Repubblica di Potenza non è difficile da immaginare. Basta ricordarsi che oggigiorno magistrati e investigatori stanno esaminando soltanto le fotocopie della documentazione giustificativa del rimborso per le spese di segreteria e rappresentanza di consiglieri e assessori regionali. Un rimborso che poi rimborso non è dato che anche prima dei tagli della spending review sugli enti locali, recepiti con legge regionale a dicembre, veniva erogato in anticipo ogni mese e rendicontato soltanto alla fine dell’anno. Infatti gli originali di tutti quegli scontrini, più fatture e contratti di collaborazione (la norma che nel 2002 ha istituito il rimborso mirava proprio alla regolarizzazione del lavoro dei portaborse, ndr), sono ancora in possesso dei singoli assessori e dei singoli consiglieri regionali. Chi tra questi ha qualcosa da temere lo sa, e forse incrocia le dita sotto lo scranno dell’aula sperando che i riscontri effettuati da finanza, carabinieri e polizia non l’abbiano scoperto. Ma si tratta dei falsi più subdoli, mentre per le spese che con «l’esercizio del mandato senza vincolo di mandato» non hanno niente a che vedere basterebbe uno lettura veloce. Poi il maltolto potrebbe anche essere restituito.
CHECK UP
Se De Filippo volesse affrontare la questione senza scaricare sugli inquirenti la responsabilità per la crisi nella governance della Regione, potrebbe chiedere ai candidati per la sua nuova giunta di esaminare in originale gli stessi rendiconti e la stessa documentazione giustificativa sequestrata in copia a ottobre nell’ufficio di presidenza del parlamentino di via Verrastro. Per andare sul sicuro gli basterebbe una dichiarazione di conformità da parte di ognuno di loro. Non si sa mai che a qualcuno non venga in mente di cambiare le carte all’ultimo momento. Poi gli resterebbe soltanto da indicare i nuovi assessori. Stessa cosa che potrebbe fare il Pd in Consiglio regionale chiedendo l’istituzione di una commissione d’inchiesta interna. Altrimenti c’è sempre la possibilità di mettere tutto a disposizione di chi avesse interesse a dargli un’occhiata, se non addirittura online. Tre settimane prima del blitz delle forze dell’ordine in Consiglio era stato proprio il Quotidiano a sollevare il tema della gestione di quel milione e passa, distribuito ogni anno ai membri del parlamentino lucano per le loro spesucce presentando anche una formale richiesta di accesso agli atti. Di fronte al “no” degli uffici che avrebbero opposto la “privacy” alle istanze di trasparenza montate sull’onda degli scandali di Lazio, Lombardia e Campania, alcuni consiglieri e assessori coraggiosi avrebbero concesso il loro “nulla osta” all’ostensione dei rispettivi rendiconti, scontrini eccetera. Anche esponendosi a una certa strumentalizzazione da parte di chi aveva da recuperare qualche notizia. Altri invece si sarebbero persino negati al telefono. Da novembre quella richiesta di accesso del Quotidiano, che riguarda anche degli atti trascurati dagli investigatori come quelli risalenti al 2009, risulta inviata all’apposita commissione istituita a Palazzo Chigi per un parere. Ma di risposte nemmeno l’ombra. Si potrebbe ripartire da lì per cercare di recuperare il rapporto con l’opinione pubblica infuriata per l’ingordigia e l’arroganza dimostrata da qualcuno.
ALLEANZE
Altra cosa se invece il problema è la fine dello schema Pd-Idv-Udc-Sel che ha garantito la rielezione di De Filippo, proponendo un modello di governo anche a livello nazionale, perché l’Idv è rimasto fuori dal Parlamento mentre l’Udc è in ambasce, quasi fagocitato dal professor Monti. Per quello è chiaro che non basta un’assoluzione, né un’avviso di garanzia in più può fare sul serio la differenza.
Con i tempidei processinon ci sarebbeda attendersiuna decisioneprima di altri2 mandati
POTENZA – Tra meno di due settimane il Tribunale di Potenza dichiarerà la prescrizione delle accuse nei confronti degli imprenditori coinvolti nella prima maxi-inchiesta sulle corruttele all’ombra delle trivelle dell’Eni in Val d’Agri. Undici anni fa, quando è scattato il blitz, era finito ai domiciliari anche Vito De Filippo. Poi il Riesame lo aveva rimesso in libertà. Quindi a meno di cinque mesi dalle elezioni che lo avrebbero designato come governatore è arrivata l’assoluzione con il rito abbreviato.GIUSTIZIA Così funziona la giustizia in un piccolo distretto come quello lucano. E di esempi se ne potrebbero fare tanti altri. Ma lo scandalo dei rimborsi per le spese di segreteria e rappresentanza dei consiglieri regionali sembra essere riuscito a farlo dimenticare, a meno che non si voglia sviare l’attenzione dai veri problemi che assillano i vertici del Pd della Basilicata, alle prese con una crisi di governo e di consenso senza precedenti.AVVISI DI GARANZIA«Che succede se si forma una nuova giunta e poi arriva un avviso di garanzia a un assessore?» Verrebbe da dire un bel nulla dal punto di vista giudiziario, viste le cronache recenti che dal caso del licenziamento del dg della vecchia Asl di Venosa alle Toghe lucane del pm Luigi De Magistris, passando per l’inchiesta sulle infiltrazioni dei clan nell’economia e gli appalti della regione, hanno perlopiù regalato patentini di legalità ai politici chiamati in causa. Tre sole le eccezioni: l’ex deputato Antonio Luongo, imputato per corruzione e inserito nella lista degli impresentabili del comitato di garanzia del Pd per le sue frequentazioni con un ex 007 accusato di dossieraggio nei confronti di magistrati e vari personaggi di un certo peso; l’ex assessore comunale di Potenza Rocco Lepore, condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per concorso esterno nel clan dei basilischi; e il tre volte sindaco di Tricarico Antonio Melfi, a cui di recente la cassazione ha confermato la pena a 3 anni e 7 mesi di reclusione per concussione per fatti risalenti al 1999, gli unici che a distanza di tutto questo tempo sono rimasti ancora punibili. DIMISSIONIPoi ci sono due volti cancellati senza troppo riguardo dalle foto ufficiali della giunta del De Filippo rieletto. Erminio Restaino, già candidato sconfitto alle primarie per l’elezione del segretario regionale del Pd, è stato “dimissionato” agli inizi dell’anno scorso per non essersi presentato dal pm che stava conducendo l’inchiesta sul disastro del termovalorizzatore Fenice di Melfi, i problemi della discarica comunale di Potenza, le raccomandazioni e i favoritismi all’Arpab, incluse le promesse dell’ex dg ai suoi sottoposti in cambio di voti proprio per quelle primarie. Uscendo dalla stanza dei bottoni di via Verrastro Restaino avrebbe denunciato l’esistenza di una vera e propria «procura parallela» che per mesi ha occupato la pubblicistica locale. Agatino Mancusi invece a novembre ha scelto di dimettersi da sè, poche ore dopo che il Quotidiano aveva reso pubblica la stretta finale nell’inchiesta dell’antimafia sui suoi rapporti con i basilischi. C’è chi ha pensato a una scelta legata all’esigenza difensiva di neutralizzare eventuali richieste di misure cautelari. Ma il giudizio dei suoi collaboratori affidato alle microspie piazzate dai Ros nelle loro auto ha rivelato tutt’altro. In particolare il pressing del governatore sul suo vice, che oggi attende la data in cui dovrà comparire in Tribunale per l’inizio dell’udienza preliminare. GRILLOInsomma una questione di opportunità politica più che giudiziaria in entrambi i casi, anche per non lasciare le istanze di ambientalisti e legalitari all’opposizione se non proprio al voto di protesta. Ma non è bastato ad arginare lo tsunami elettorale degli attivisti a 5 Stelle aizzati per tutta la penisola da Beppe Grillo, che è poi il vero dato con cui De Filippo si sta confrontando ormai da quasi venti giorni.BERSANI«Che succede se Bersani fallisce e si torna alle elezioni tra un anno?» Questa è la domanda che assilla il primo dei non eletti in Parlamento, e principale sponsor della candidatura del neo-deputato Roberto Speranza alla sua successione, l’ormai celebre “trenino”. Un gesto nobile come quello di Renata Polverini senza la certezza di una legge elettorale diversa potrebbe lasciare il presidente della giunta uscente con un numero considerevole di chilometri sulle spalle in balia di un nuovo gruppo dirigente del Pd orientato alla rottamazione dell’esistente: quadri nazionali e quadri locali. Altro che avvisi di garanzia, rinvii a giudizio e processi che non durano mai meno di due mandati. L’emorragia di consensi a favore del comico-vampiro genovese e le controindicazioni della cura del sindaco trentenne di Firenze sono le reali questioni sul tavolo dell’ uomo che è stato ilsimbolo dei quarantenni al potere.FAC SIMILED’altronde una risposta politica all’inchiesta della procura della Repubblica di Potenza non è difficile da immaginare. Basta ricordarsi che oggigiorno magistrati e investigatori stanno esaminando soltanto le fotocopie della documentazione giustificativa del rimborso per le spese di segreteria e rappresentanza di consiglieri e assessori regionali. Un rimborso che poi rimborso non è dato che anche prima dei tagli della spending review sugli enti locali, recepiti con legge regionale a dicembre, veniva erogato in anticipo ogni mese e rendicontato soltanto alla fine dell’anno. Infatti gli originali di tutti quegli scontrini, più fatture e contratti di collaborazione (la norma che nel 2002 ha istituito il rimborso mirava proprio alla regolarizzazione del lavoro dei portaborse, ndr), sono ancora in possesso dei singoli assessori e dei singoli consiglieri regionali. Chi tra questi ha qualcosa da temere lo sa, e forse incrocia le dita sotto lo scranno dell’aula sperando che i riscontri effettuati da finanza, carabinieri e polizia non l’abbiano scoperto. Ma si tratta dei falsi più subdoli, mentre per le spese che con «l’esercizio del mandato senza vincolo di mandato» non hanno niente a che vedere basterebbe uno lettura veloce. Poi il maltolto potrebbe anche essere restituito. CHECK UPSe De Filippo volesse affrontare la questione senza scaricare sugli inquirenti la responsabilità per la crisi nella governance della Regione, potrebbe chiedere ai candidati per la sua nuova giunta di esaminare in originale gli stessi rendiconti e la stessa documentazione giustificativa sequestrata in copia a ottobre nell’ufficio di presidenza del parlamentino di via Verrastro. Per andare sul sicuro gli basterebbe una dichiarazione di conformità da parte di ognuno di loro. Non si sa mai che a qualcuno non venga in mente di cambiare le carte all’ultimo momento. Poi gli resterebbe soltanto da indicare i nuovi assessori. Stessa cosa che potrebbe fare il Pd in Consiglio regionale chiedendo l’istituzione di una commissione d’inchiesta interna. Altrimenti c’è sempre la possibilità di mettere tutto a disposizione di chi avesse interesse a dargli un’occhiata, se non addirittura online. Tre settimane prima del blitz delle forze dell’ordine in Consiglio era stato proprio il Quotidiano a sollevare il tema della gestione di quel milione e passa, distribuito ogni anno ai membri del parlamentino lucano per le loro spesucce presentando anche una formale richiesta di accesso agli atti. Di fronte al “no” degli uffici che avrebbero opposto la “privacy” alle istanze di trasparenza montate sull’onda degli scandali di Lazio, Lombardia e Campania, alcuni consiglieri e assessori coraggiosi avrebbero concesso il loro “nulla osta” all’ostensione dei rispettivi rendiconti, scontrini eccetera. Anche esponendosi a una certa strumentalizzazione da parte di chi aveva da recuperare qualche notizia. Altri invece si sarebbero persino negati al telefono. Da novembre quella richiesta di accesso del Quotidiano, che riguarda anche degli atti trascurati dagli investigatori come quelli risalenti al 2009, risulta inviata all’apposita commissione istituita a Palazzo Chigi per un parere. Ma di risposte nemmeno l’ombra. Si potrebbe ripartire da lì per cercare di recuperare il rapporto con l’opinione pubblica infuriata per l’ingordigia e l’arroganza dimostrata da qualcuno. ALLEANZEAltra cosa se invece il problema è la fine dello schema Pd-Idv-Udc-Sel che ha garantito la rielezione di De Filippo, proponendo un modello di governo anche a livello nazionale, perché l’Idv è rimasto fuori dal Parlamento mentre l’Udc è in ambasce, quasi fagocitato dal professor Monti. Per quello è chiaro che non basta un’assoluzione, né un’avviso di garanzia in più può fare sul serio la differenza.