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LO SCONTRO TRA PALAZZI
E I POTERI AUTONOMI segue dalla prima di LUCIA SERINO La sconfitta, anzi, alle ultime elezioni, del partito dei giudici, ci dice che quando più le due cose camminano separatamente meglio è per la democrazia. C’è ovviamente differenza tra un Batman che ruba milioni di euro e un consigliere regionale che si porta l’amica in albergo a spese della regione. Sulle miserevoli ruberie bisogna avere l’onestà di distinguere i grandi affari (e ce ne sono molti sui quali la magistratura a mio avviso non indaga) dall’imbroglio sulle fatture che è ed è stato un sistema italiano. Scusate la digressione personale: appena laureata divenni commissario d’esame di maturità in un paese del Napoletano distante un’ora di auto dal mio luogo di residenza. Mi interessava solo fare sfoggio dei miei studi freschi e mai avevo visto in vita mia una fattura. Mi trovai ad essere accolta dai navigati professori del posto che mi consegnarono, come fossero depliant turistici, ricevute di un albergo dove non sarei mai andata perché rientravo a dormire a casa mia. Quelle fatture giravano sui banchi della commissione d’esame, insieme ai babà e alle sfogliatelle che arrivavano dal bar. Con totale naturalezza. Era una regola. Si faceva così. Una sorta di iniziazione all’allegro e truffaldino sperpero italiano. Se ciascuno di noi ha il coraggio di spogliarsi dalle iprocrisie, probabilmente riusciamo a trovare la strada per ricostruire questo maledetto Paese e, dentro di esso, la nostra Basilicata. Anzi, a dirla tutta, diffido un po’ dei santi. Facendo i conti dei rimborsi dei consiglieri regionali a occhio e croce ci sono, per ognuno, spese all’incirca per quarantamila euro. Nel pezzo che potete leggere all’interno di Leo Amato spieghiamo che gli originali delle fatture sono ancora in possesso dei consiglieri regionali. La Finanza ha sequestrato fotocopie. E’ possibile che il presidente della Giunta e il presidente del Consiglio (tra l’altro Santochirico è ottimo avvocato e altri ce ne sono) chiedano ai colleghi di esibire i giustificativi di quelle spese, prima che lo faccia il pm? Ci sono ancora in giro uomini e donne all’altezza di questo nome? Se la nuova giunta di rinnovamento nasce dall’esigenza di non partire col piede sbagliato temendo che un attimo dopo il pm possa di nuovo metterla in discussione, la politica mostri di credere nelle parole dei suoi uomini. E si assuma la responsabilità di una scelta. Non solo perché i tempi della giustizia sono lunghissimi, ma anche per dimostrare che bisogna saper distinguere, valutare, scegliere. Può sembrare ardita come posizione, legittimista. In realtà parto dalla presunzione di pensare che i veri affari non sono stati fatti sui rimborsi di alberghi o ristorante. Queste sono solo le ridicole briciole, insopportabili quanto vogliamo ma facilmente risolvibili, ad esempio, con la pretesta di una restituzione immediata laddove non ci siano giustificativi di spesa. E, naturalmente, con la richiesta di farsi da parte se il presidente ritiene che quei comportamenti siano censurabili. Indipendentemente dalle conseguenze penali, tra l’altro imprevedibili visto che un processo è forma, documento e non sostanza. Dunque, intanto rimborso di ciò che non si riesce a giustificare. Il che sarebbe già una soddisfazione suprema per i cittadini desiderosi, in questo momento, solo di sangue e ghigliottine. Valutando se siamo nel limite del buon senso che non compromette la statura politica delle persone. Spesso si fanno i distinguo tra le aziende private e gli uffici pubblici. Includendo l’idea, per stare alla cosa più banale, che se fai una telefonata privata dal telefono della tua azienda a nessuno interessa. Penso che non sia così. Perché anche le imprese si radicano in un tessuto di economia che di per se stesso ha valore sociale, collettivo. C’è una sola soglia di mediazione tra rigore estremo e flessibilità, ed è una regola, a mio avviso, universale. Se De Filippo ha fiducia nei suoi uomini, se li tenga, indagati o non indagati. Anzi, già che ci siamo, procediamo in trasparenza., anche con i giornali. Il Quotidiano aveva chiesto a tutti i consiglieri di comunicare le spese. C’è chi l’ha fatto e chi no. Facciamo uno sforzo collettivo di apertura (tutti si divertono a twittare “open” di qua e “open” di là, e poi?), se davvero abbiamo tutti l’obiettivo di svolgere il nostro mestiere senza l’arroganza di dettare una linea. Il pm faccia il pm (e un magistrato ha il dovere, oltre che l’obbligo di legge, di cercare prove non solo contro ma anche a favore), la politica faccia la politica, i giornalisti facciano iMa è davvero immaginabile che l’azione politica debba essere condizionata da quella giudiziaria? Non c’è bisogno di essere berlusconiani per dire che no.  giornalisti. 

Ma è davvero immaginabile che l’azione politica debba essere condizionata da quella giudiziaria? Non c’è bisogno di essere berlusconiani per dire che no. La sconfitta, anzi, alle ultime elezioni, del partito dei giudici, ci dice che quando più le due cose camminano separatamente meglio è per la democrazia. C’è ovviamente differenza tra un Batman che ruba milioni di euro e un consigliere regionale che si porta l’amica in albergo a spese della regione. Sulle miserevoli ruberie bisogna avere l’onestà di distinguere i grandi affari (e ce ne sono molti sui quali la magistratura a mio avviso non indaga) dall’imbroglio sulle fatture che è ed è stato un sistema italiano. Scusate la digressione personale: appena laureata divenni commissario d’esame di maturità in un paese del Napoletano distante un’ora di auto dal mio luogo di residenza. Mi interessava solo fare sfoggio dei miei studi freschi e mai avevo visto in vita mia una fattura. Mi trovai ad essere accolta dai navigati professori del posto che mi consegnarono, come fossero depliant turistici, ricevute di un albergo dove non sarei mai andata perché rientravo a dormire a casa mia. Quelle fatture giravano sui banchi della commissione d’esame, insieme ai babà e alle sfogliatelle che arrivavano dal bar. Con totale naturalezza. Era una regola. Si faceva così. Una sorta di iniziazione all’allegro e truffaldino sperpero italiano. Se ciascuno di noi ha il coraggio di spogliarsi dalle iprocrisie, probabilmente riusciamo a trovare la strada per ricostruire questo maledetto Paese e, dentro di esso, la nostra Basilicata. Anzi, a dirla tutta, diffido un po’ dei santi. Facendo i conti dei rimborsi dei consiglieri regionali a occhio e croce ci sono, per ognuno, spese all’incirca per quarantamila euro. Nel pezzo che potete leggere all’interno di Leo Amato spieghiamo che gli originali delle fatture sono ancora in possesso dei consiglieri regionali. La Finanza ha sequestrato fotocopie. E’ possibile che il presidente della Giunta e il presidente del Consiglio (tra l’altro Santochirico è ottimo avvocato e altri ce ne sono) chiedano ai colleghi di esibire i giustificativi di quelle spese, prima che lo faccia il pm? Ci sono ancora in giro uomini e donne all’altezza di questo nome? Se la nuova giunta di rinnovamento nasce dall’esigenza di non partire col piede sbagliato temendo che un attimo dopo il pm possa di nuovo metterla in discussione, la politica mostri di credere nelle parole dei suoi uomini. E si assuma la responsabilità di una scelta. Non solo perché i tempi della giustizia sono lunghissimi, ma anche per dimostrare che bisogna saper distinguere, valutare, scegliere. Può sembrare ardita come posizione, legittimista. In realtà parto dalla presunzione di pensare che i veri affari non sono stati fatti sui rimborsi di alberghi o ristorante. Queste sono solo le ridicole briciole, insopportabili quanto vogliamo ma facilmente risolvibili, ad esempio, con la pretesta di una restituzione immediata laddove non ci siano giustificativi di spesa. E, naturalmente, con la richiesta di farsi da parte se il presidente ritiene che quei comportamenti siano censurabili. Indipendentemente dalle conseguenze penali, tra l’altro imprevedibili visto che un processo è forma, documento e non sostanza. Dunque, intanto rimborso di ciò che non si riesce a giustificare. Il che sarebbe già una soddisfazione suprema per i cittadini desiderosi, in questo momento, solo di sangue e ghigliottine. Valutando se siamo nel limite del buon senso che non compromette la statura politica delle persone. Spesso si fanno i distinguo tra le aziende private e gli uffici pubblici. Includendo l’idea, per stare alla cosa più banale, che se fai una telefonata privata dal telefono della tua azienda a nessuno interessa. Penso che non sia così. Perché anche le imprese si radicano in un tessuto di economia che di per se stesso ha valore sociale, collettivo. C’è una sola soglia di mediazione tra rigore estremo e flessibilità, ed è una regola, a mio avviso, universale. Se De Filippo ha fiducia nei suoi uomini, se li tenga, indagati o non indagati. Anzi, già che ci siamo, procediamo in trasparenza., anche con i giornali. Il Quotidiano aveva chiesto a tutti i consiglieri di comunicare le spese. C’è chi l’ha fatto e chi no. Facciamo uno sforzo collettivo di apertura (tutti si divertono a twittare “open” di qua e “open” di là, e poi?), se davvero abbiamo tutti l’obiettivo di svolgere il nostro mestiere senza l’arroganza di dettare una linea. Il pm faccia il pm (e un magistrato ha il dovere, oltre che l’obbligo di legge, di cercare prove non solo contro ma anche a favore), la politica faccia la politica, i giornalisti facciano i giornalisti. 

 

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