13 minuti per la lettura
CON quella risata – ghigno un pò alla Negri, Antonio Luongo discute, saluta, telefona. Passa e ripassa at torno alle torri gemelle di via Nazario Sauro, il suo ufficio all’aperto. Nel momento più tragico della storia del centrosinistra lucano, alla vigilia dell’assemblea della direzione regionale del Pd – che andrà in segue alle pagine 8 e 9 diretta streaming ripristinando (sotto l’effetto stellare) una vecchia abitudine – è al maggiore responsabile della costruzione di un sistema ormai morto che si chiede mediazione e capacità di convincimento all’interno di un centrosinistra ribollente come il magma di Pozzuoli. Da dove riparte la Basilicata? Partiamo da un dato certo, la rottura del patto antico tra il sistema di potere lucano e il suo popolo. Una frattura fra crollare qualcosa. Che cosa resta in piedi? Cosa si può recuperare? In altre parole questo centrosinistra ha eredi? L’idea di una costruzione futura che sia sintesi di vecchio e nuovo, probabilmente, mai come adesso non regge più. I traumi dei nostri tempi, macchiati già da sangue, come a Perugia e a Siena, fanno irrompere la necessità di uno spirito nuovo nel dibattito politico dove la prima cosa da recuperare è la credibilità di chi è chiamato a fare. Con il dovuto rispetto che si deve alle persone e alla loro storia, forse è utile ripartire dal principio che la credibilità delle istituzioni in questo momento è pari alla capacità che potrei avere nel risolvere la congettura di Riemann. Partiamo da alcune considerazioni oggettive. La crisi economica e l’angoscia delle famiglie è immensa. In questo contesto anche una card benzina, dobbiamo riconoscerlo senza l’arroganza di dare un punto all’avversario, è percepita come utile e come un ritorno concreto delle attività di perforazioni che avvengono sul territorio. La crisi economica non è certo un problema lucano, e molto dipenderà dalle politiche europee. L’onda dell’insurrezione popolare in Italia risplende di luce stellare. E forse è una fortuna, perché un passo oltre avrebbe potuto significare una deriva armata. Pericolo che, stando all’ultimo rapporto dei servizi segreti, non è ancora scongiurato. Anzi. Se riflettiamo bene sull’attentato alla città della scienza di Napoli e se dietro i fatti si nascondo simboli, non possiamo non porci interrogativi inquietanti sulla volontà di colpire un orto di efficienza e di cultura, di innovazione e di futuro nato dalle ceneri dell’era dell’acciaio. Un simbolo del Mezzogiorno. Pensiamo davvero che possa essere stata la camorra? In genere, per chi conosce un pò le dinamiche di quel tipo di criminalità, i comportamenti sono diversi. Bastava aver frequentato, con periodicità, quei saloni nell’arco degli ultimi cinque anni per rendersi conto di come la precarizzazione di chi ci lavorava, la mancanza delle risorse, era arrivata a impoverire persino la forza dello smile che parlava ai bambini. Dunque c’è una crisi economica che annulla il futuro e ingoia quelle poche isole che in Italia, nel Mezzogiorno, fino a poco fa camminavano a passo svelto. La missione difficilissima che spetta al governatore De Filippo parte da queste penalizzazioni oggettive: le risorse e i vincoli sciagurati del patto di stabilità. Altrettanto oggettiva, ribadiamo, è la crepa delle relazioni politiche e la crisi di rappresentanza. Confesso una cosa: ho difficoltà a leggere i comunicati che arrivano dai vari assessori e non solo, a volte neppure li leggo più. Dovrei farlo per dover professionale. Ma non trovo più linguaggi nei quali ci riconosciamo, non trovo più spunti, una barriera mentale ci frena, nella consapevolezza che anche la mia categoria è oggi in forte discussione. Forse navighiamo nelle stesse acque. Chi fa politica e chi ha il compito di raccontarla. Quali sono gli obiettivi della politica e quali devono essere gli obiettivi dell’informazione? Leggetevi Franco Arminio nelle pagine all’interno. Michele Santoro e gli altri narratori della crisi non hanno ancora annunciato di volersi ridurre lo stipendio (sia detto per inciso noi lo abbiamo fatto). Però rischiamo tutti contro tutti, i precari dei quotidiani e i Minzolini. Così rischiano alti burocrati e precari amministrativi come era una delle impiegate regionali uccise. Così rischia, soprattutto, una classe politica alla quale nessuno più crede. Paradossalmente costruire una nuova visione politica, un percorso di riforme, sapere dove andare è più semplice della costruzione del rinnovamento della classe dirigente. Ma la soggettività è più urgente dell’oggettività. Il vecchio refrain dei programmi prima delle persone oggi non vale più. Per cultura riesco a trovare giustificazioni persino nella condotta di un assassino. E forse la metafora regge. Perché arriva il momento in cui la crescita passa attraverso l’omicidio del padre, per poi – sicuramente – recuperarne la memoria. La seconda repubblica non è stata in grado di costruire il futuro. E l’oggi chiude frettolosamente tutto il passato. Questo centrosinistra non può avere eredi, non è solo rinnovando gli assessori o sostituendo il segretario regionale per promuoverne – dico a caso – il vice, che si rinnova una classe dirigente. Un sistema è crollato. Ma se questo centrosinistra non ha eredi fa ancora in tempo a governarne la successione prima che il patrimonio accumulato (che non può essere solo nefasto di potere) si disperda completamente. La nuova giunta De Filippo dovrà rispondere al desiderio di rinnovamento che i lucani si attendono. Sul piano del fare ottima la lettera inviata ieri dal governatore a Monti per liberare le royalties e i fondi post terremoto dal patto di stabilità. La Basilicata è poi piena di uomini e donne che sanno parlare ai cuori freddi di questi tempi. Penso a Fausto Santangelo, il presidente regionale dell’azione cattolica, è giovane, è un ingegnere, pratica il vero senso dell’associazionismo. Penso a un visionario che non ha nulla da invidiare a Renzo Piano, il materano Tonio Acito, a un neuropsichiatria infantile al quale le madri e i padri di questa regione devono molto, Carlo Calzone. Penso al giovane Francesco Coviello, che ha sempre fatto politica senza incarichi, penso alla storica Elena Vigilante. La burocrazia regionale non è solo parassitaria. Ma è fatta in prevalenza da persone perbene che lavorano, studiano e programmano. E’ l’ossatura che può reggere un nuovo progetto politico. Ricominciamo, dunque, dalle cose buone che abbiamo. Incalziamo Monti sulla lettera di De Filippo. Senza fare più leggerezze che si prestano ai sospetti cupi che si porta con sè in tutto il mondo la parola petrolio, perché di questo si tratta nella vicenda del centro oli. La moglie del dottore Viggiano, il direttore del dipartimento ambiente, potrà essere la migliore progettista tecnica del mondo (in realtà è un’insegnante di matematica) ma se riteniamo che meriti incarichi dall’ente in cui il coniuge svolge un ruolo strategico, lo si dichiari con trasparenza, in modo che tutti possano controllare. E lo dico nel giorno dell’8 marzo, riconoscendo che se noi donne chiediamo autonomia e prestigio ce li dobbiamo guadagnare. Facendo barriera sulle penalizzazioni per esclusivo rapporto parentale, ma sapendo che questo rapporto ha bisogno della massima trasparenza. Oggi c’è la Direzione regionale del Pd. Speranza ha annunciato che non si presenterà dimissionario. Ce la farà il vecchio (non per anagrafe) peripatetico Luongo?
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA