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Va bene. Lo ripetono da ore: serve una riflessione. Lo dicono gli sconfitti che – con gradazioni, toni, cifre diversi – in città sono parecchi, distribuiti ugualmente in tutti gli schieramenti, nei gruppi, sotto le sigle nuove e quelle di resistenza. E poi ci sono quelli del Movimento 5 Stelle. 

Su Potenza sono davvero gli unici in grado di cantar vittoria: 24,24 per cento al Senato, secondo partito in città. Diventano il primo in assoluto nella graduatoria voti alla Camera: 25, 93 per cento. Lo stacco dato al Pd è di uno zerovirgola (0,15 per cento per la precisione). Poco? No, non su Potenza. Non con le elezioni amministrative in arrivo da qui a un anno. In politica dicono non sia un tempo poi così lungo. 

IL SILENZIO 
Il segretario regionale del Pd, Roberto Speranza, si è trovato in diretta televisiva a dover tirare un freno all’entusiasmo. Le proiezioni in poco tempo ribaltavano il dato diffuso dai primi instant poll. Su quegli stessi dati il segretario cittadino del Pd, Gianpiero Iudicello, si era concesso l’unico tweet della lunga maratona dello spoglio: «Dai che lo smacchiamo». 
Anche il sindaco Vito Santarsiero si era lanciato troppo presto in messaggi entusiastici. E’ l’unico che ha comunque continuato a commentare, consegnando i risultati reali e qualche lettura man mano che lo spoglio in città andava avanti. Dagli altri, candidati ed eletti, poche – se non nulle – dichiarazioni. 
IL PARAGONE
In città il Pd dice di tenere. Forse è vero, almeno in senso assoluto. La lettura sembra funzionare se il dato di riferimento è quello delle ultime elezioni regionali, quando con il Pd al 27 per cento in Basilicata, il dato cittadino si fermava al 17. Se questo è l’indice di paragone, il 25 e passa per cento ottenuto in queste elezioni potrebbe persino essere letto come un successo. Ma la lettura va fatta tenendo dentro anche altri fattori: allargando la prospettiva e spostando il punto di vista, a Potenza il Pd non ha fatto un buon risultato. 
IL PD NON VINCE 
A Potenza il Pd è partito di maggioranza relativa: lo è in Comune, lo è in Provincia, lo è in Regione. La forza dei numeri che permette di approvare senza troppi intoppi programmi e progetti non basta, non più. Forse la dirigenza locale dovrebbe cominciare a chiedersi se quei progetti, ancor prima che alle istanze, siano stati capaci di dare risposta alle aspettative, alla voglia di condivisione, al bisogno dei cittadini di contare, di partecipare. 
Potenza è la città di Speranza, come di buona parte del gruppo dirigente del Pd: ma un conto è il sostegno numerico di partito in occasioni da prove di forza – come nel caso delle primarie – un conto il radicamento sul territorio. Certo, il contesto generale è di crisi, l’antipolitica incombe e l’amministrazione Santarsiero deve fare i conti con uno dei bilanci più risicati di sempre. Senza soldi i bisogni dei cittadini è difficile accontentarli. Magari, però, se il Pd riuscisse a dare la sensazione di squadra, quando quei provvedimenti li approva, saprebbe anche raccontarli. 
E I POPOLARI UNITI?
«Cannizzaro ha fatto l’impossibile, comunque». Ma i 2.245 voti raccolti dall’ex direttore generale del San Carlo non bastano per poter esultare. I Popolari uniti, partito su base territoriale, avevano provato a sparigliare le carte, una volta fallito l’accordo col Pd. Fuori dalla coalizione di centrosinistra, hanno tentato la corsa solitaria puntando sul candidato scomodo, inaspettato. Il divario tra i voti ottenuti al Senato, dove Cannizzaro capeggiava la lista, e quelli avuti alla Camera (795) raccontano di una competizione molto potentina, tarata sul consenso alla persona. 
«Cannizzaro – dice il segretario cittadino del partito, Luigi Scaglione – ha fatto molto. Ma lo scenario che si è aperto ha creato inevitabilmente confusione nel nostro elettorato di riferimento». Ceto medio, soprattutto. E pensionati. «Una volta messi di fronte allo scontro col Pd, dopo anni governo nella stessa coalizione, hanno forse preferito scegliere il movimento di protesta “originario”». 
LOCALE/NON LOCALE 
Ma avrà senso ancora il ruolo di un partito locale in dinamiche tanto complesse? Per giunta alle politiche. «Forse è questo il punto», dice ancora Scaglione. Ma a guardare altri dati, il ripensamento del sistema di proposta e governo deve essere complessivo: «Anche Centro democratico o l’Udc non raccolgono consensi buoni. È evidente che serve un ragionamento. Sappiamo che ha prevalso la scelta di protesta, non di proposta». 
A Potenza e dintorni la consapevolezza si traduce in un appello – l’ennesimo – al Pd, alleato in Municipio. «Serve stare coi piedi per terra. Il Pd deve capire che non è autosufficiente. Lo abbiamo detto più volte, lo hanno detto anche altri alleati “minori”». 
POI, IL CENTRODESTRA 
Da un paio di anni il centrodestra, in particolare il Pdl, spiega di essere al lavoro per le prossime amministrative. L’obiettivo è essere «alternativa credibile» e convincere la città a un cambio di rotta. A Potenza, in queste elezioni, il centrodestra si ferma poco oltre il 20 per cento, con il Pdl attorno al 16 per cento. La scalata per arrivare a Palazzo di città sembra lunga. Festeggiano, invece, da Fratelli d’Italia: la critica interna, «ma critica costruttiva» porta un 2,5 per cento. «E in due sole settimane di vita – dicono dal comitato – non è poco». 
L’ALTERNATIVA 
Svanito il progetto di alternativa nato attorno alla candidatura di Gildo Claps non è sotto le insegne di Rivoluzione civile che si è raccolta la voglia di cambiamento in città. Se a sinistra il voto di Sel (quasi il 6 per cento) è quello strutturato, la coalizione costruita attorno a Monti sembra essere stata punto di riferimento soprattutto di professionisti. 
Ci sono poi 50 potentini che hanno scelto Lega nord. Anche questo dato – protesta o scelta consapevole – deve rientrare nelle riflessioni di qui a poco. Le amministrative arrivano presto. In un tempo piccolo.
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