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Il Partito democratico, almeno a Potenza, sembra bloccato nella fase discendente della sua parabola. E’ vero, in città, le primarie vanno a Bersani. Ma nel capoluogo della regione rossa – dove il Pd è partito di maggioranza relativa e la squadra dei colonnelli è schierata compatta per il segretario del partito – le cifre della partecipazione e dei risultati raccontano di un Pd decisamente in sofferenza. E se anche il voto per le primarie di coalizione non aderisce del tutto a quello di elezioni politiche o amministrative, i dati usciti dalle urne domenica sera confermano il trend negativo, con cui il Pd aveva già dovuto fare i conti già alle ultime regionali.
A Potenza città il voto è quasi tutto di critica. Lo è nella partecipazione (al di sotto delle aspettative), nel risultato (buono, quasi sorprendente) di Renzi, nella cifra (doppia e dirompente) a cui si attesta Vendola. Fanno poca notizia le percentuali potentine di Tabacci e Puppato, che si discostano un po’ dal dato nazionale: 4,47 per cento per il primo; 1,03 per l’unica candidata.
«È ricerca di cambiamento», fanno notare soprattutto in ambienti renziani, che a buona ragione possono cantare vittoria a Potenza. In città il vero motore della schiera dei rottamatori è stato Rocco Fiore, consigliere comunale democratico, che con il risultato ottenuto nel proprio quartiere (a Poggio Tre Galli il sindaco di Firenze ha marcato la
differenza con un 30 per cento) si è del tutto emancipato dal ruolo di fedelissimo del sindaco Santarsiero. Fiore entra di diritto nel gruppo dei giovani amministratori che cercano di disegnare un approccio nuovo nel rapporto con la società civile.
Il Pd d’apparato, quello che a Potenza in massa ha sostenuto Bersani, deve fare i conti con un paio di cifre significative. La prima, proprio quel 50 per cento tondo tondo di voti per il segretario: è il 92esimo risultato di tutta la regione. Su 131 comuni, decisamente al di sotto delle aspettative. Soprattutto nella consapevolezza che poco meno di 2.500 voti per Bersani sono il risultato (basso) dell’impegno di un apparato politico che, su Potenza, comprendeva l’intera squadra di dirigenti anche di Popolari uniti
e Socialisti, senza contare i parlamentari e i consiglieri regionali della città, schierati – tutti – con quella candidatura. Unica eccezione, il consigliere regionale Alessandro Singetta, al seguito di Renzi dopo un addio all’Api che ha fatto un po’ discutere: schierato con il sindaco, non ha mai svolto però, in questa campagna, un ruolo battagliero di prima fila. Un secondo numero indicativo è quello del voto del centro storico, dove c’era il seggio del segretario regionale (e coordinatore della campagna nazionale di Bersani) Roberto Speranza, oltre che di una buona parte dei dirigenti del partito. Dalle urne allestite nella sezione di piazza Matteotti sono venuti fuori 317 voti per Bersani, 197 per Renzi e 155 per Vendola. Lo stacco tra il segretario democratico e il sindaco fiorentino non è quello di un voto da truppa. Nonostante la soddisfazione del segretario cittadino del Pd, neanche la partecipazione può davvero far esultare in casa democratica. Non a Potenza. «Hanno votato 5.000 persone – dice Giampiero Iudicello – Questo dimostra oltre che un buon lavoro della classe dirigente del centrosinistra un grande spirito di partecipazione dei cittadini». Ma a disaggregare quel dato, si scopre, per esempio, che a rione Cocuzzo, un quartiere ad alta densità, hanno votato poco più di 200 persone. E’ andata meglio a rione Lucania, quartiere dove i Popolari uniti hanno un forte radicamento: hanno votato 459 elettori del centrosinistra. Con tanto di botta e risposta polemico sul seggio allestito nella sede del comitato di quartiere. «Non è giusto che l’organismo si schieri così in un contesto politico», aveva fatto notare domenica il segretario cittadino dell’Mpa, Mario Guarente.
Ieri è arrivata immediata la risposta del presidente del comitato, Orazio Colangelo: «Lo abbiamo fatto per il Pd, ma lo avremmo fatto anche per il Pdl e per chiunque altro, offrendo un servizio in più ai nostri residenti. Se fosse stata una sede istituzionale forse si sarebbe potuto dire qualcosa, ma il comitato di quartiere non lo è».
E Vendola? Quello che premia il leader di Sel, a Potenza, è sicuramente un po’ voto di opinione, un po’ voto di tradizione. Nel 21-e-passa-per-cento ottenuto da Nichi Vendola a Potenza c’è un tessuto cittadino che viene da una storia solida di sinistra, dirigenti di partito, sindacalisti, militanti. C’è anche, però, quel voto strutturato – sempre a sinistra – che ora, al ballottaggio, sosterrà Bersani. Ma c’è pure una porzione di impegno al cambiamento che ha scelto il personaggio, il simbolo, il narratore. E
che tra una settimana, forse, non sarà così ostile al rottamatore.
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