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Per ogni euro speso, gliene hanno già rimborsati 60. E altri 60, moneta più moneta meno, arriveranno alla Lista Scopelliti entro la fine della legislatura. Tra le formazioni che hanno partecipato alle elezioni regionali del 2010, solo Caldoro in Campania ha raccolto in proporzione maggiore con la compagine unitaria che riuniva sotto un unico logo a suo sostegno Mpa-Nuovo Psi-Pri-Italiani nel Mondo: in questo caso, l’euro investito in campagna elettorale ne ha giù fruttati circa 748. E ancora siamo a metà legislatura.
Chi pensa che per i partiti, le liste e i movimenti politici sia un affarone partecipare e vincere un’elezione troverà conforto nel report sui consuntivi delle spese e dei finanziamenti elettorali, redatto in questi giorni dalla Corte dei Conti. Sei colonne affiancate: rata di rimborso 2010; rata 2011; somma delle due rate di rimborso; spese accertate; differenza tra spese e entrate; rapporto tra spese e entrate. Nella quarta colonna c’è pure chi presenta un passivo e i più consistenti sono quelli di Udc (oltre 3 milioni) e Campania Libera (circa 958 mila euro), ma nel complesso a fronte di spese che in campagna elettorale partiti e liste hanno documentato per 62 milioni e 900 mila euro, lo Stato ha già sborsato 74 milioni e 225 mila euro. E ancora, appunto, mancano due anni di rimborsi.
Dietro Caldoro e Scopelliti, sul podio della sproporzione tra entrate ed uscite, c’è la lista Alleanza di Popolo, campana anch’essa come la prima e anch’essa a sostegno di Caldoro. Poi arriva anche Beppe Grillo, ma il Movimento 5 Stelle, rinunciando ai rimborsi, si è messo fuori gara. Gli altri, invece, continuano a incassare. Una tradizione antica: sempre secondo la Corte dei Conti, nelle politiche del 1994 il rimborso arrivò al 129,38% delle spese documentate; nelle regionali del 1995 addirittura si toccò il 420.20%; per le politiche del 2008 – e cioè per il Parlamento che sta gestendo questa fase di crisi economica – andando avanti così lo Stato arriverà a pagare a liste e partiti il 338% di quanto hanno sborsato. E per i governatori in carica dal 2010, il trend porterà a una percentuale del 117,96%. In media. Perché nel dettaglio ci sono appunto i casi di Caldoro e Scopelliti che fanno tremare i polsi con il 74.792% incassato dalla lista multipla Mpa-Nuovo Psi-Pri-Italiani nel Mondo, il 6.072,13% della Lista Scopelliti, il 3.320,97 di Alleanza di Popolo.
Tutto assolutamente legale, sia chiaro. La norma prevede che il rimborso sia calcolato in base ai voti ottenuti nella tornata elettorale. Alla Lista Scopelliti, il cui coordinatore è l’attuale assessore Mario Caligiuri, andarono 101.943 preferenze e infatti la quota del rimborso ha la stessa proporzione di quella assegnata all’altra lista, quella Autonomia e Diritti che sosteneva Loiero e che ha incassato nelle prime due rate 289.215 euro e 6 centesimi. Nel caso di Loiero, però, non è possibile calcolare la percentuale rispetto alle spese sostenute, perché, come riferisce la Corte dei Conti, il candidato sconfitto ha dichiarato di non aver sostenuto alcun investimento in campagna elettorale.
Si attesta sul 2532,45% invece, la percentuale tra rimborsi e spese della lista “Insieme per la Calabria”, che era composta da Pri, Udeur e Nuovo Psi. Le altre compagini scese in campo in Calabria apparivano invece sotto stemmi che erano presenti a livello nazionale o comunque in diverse regioni e quindi il computo della Corte dei Conti è stato fatto a livello complessivo.
L’organo di controllo ha però certificato la validità dei bilanci di ciascuno, a meno di 4.500 euro di debiti ancora non saldati dalla lista di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea-Pdci e per la spesa di 703,93 euro di pubblicità su internet non documentata dalla Lista Bonino. Sfumature, rispetto alle legalissime ma sproporzionate cifre in ballo.
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