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Si è chiusa la camera di consiglio del gup di Reggio Calabria, Giuseppe Minutoli, che ha deciso sulla richiesta di condanna di 118 imputati accusati di fare parte del vertice delle cosche della ‘ndrangheta calabrese. La sentenza è nettamente inferiore alle attese dell’accusa registrando ben 34 assoluzioni e pene finali dimezzate rispetto alle richieste avanzata dalla procura. La condanna più alta, 14 anni ed otto mesi, è stata inflitta a Giuseppe Commisso. Domenico Oppedisano, ritenuto il “capo crimine” ha ricevuto una condanna a 10 anni per lui era stata chiesta la pena più pesante a 20 anni. La Dda aveva chiesto la condanna di 108 imputati a pene superiori ai dieci anni. In particolare, la Dda di Reggio aveva chiesto pene superiori ai 10 anni per 108 imputati ossia 16 condanne a 20 anni, 14 a 18 anni, 17 a 16 anni, una a 15 anni, 27 a 14 anni, 21 a 12 anni, 12 a 10 anni, tre a 8 anni, due a 6 anni, due a 5 anni, e quattro a 3 anni, oltre a due assoluzioni.
IL COMMENTO DELLA PROCURA. Una «ulteriore conferma» del lavoro condotto in questi anni dalla Procura antimafia di Reggio Calabria per delineare il fenomeno mafioso in provincia di Reggio e le sue diramazioni in Italia e all’estero. È questo il commento del procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. «I punti centrali dell’inchiesta – sottolinea ancora Pignatone – sono stati confermati nelle sentenze dei giudici di Milano e di Reggio Calabria che si sono susseguiti in questi mesi. La sentenza odierna rappresenta un’ulteriore fondamentale conferma proprio perchè il giudice ha preso in esame oltre 120 posizioni e al termine di un giudizio estremamente accurato ha riconosciuto la colpevolezza di oltre 90 imputati, tra cui tutti i principali esponenti delle cosche reggine». «Sotto questo profilo, quindi, non possiamo – aggiunge Pignatone – che essere soddisfatti di questo ulteriore riconoscimento della validità della ricostruzione, emersa grazie a indagini basate su intercettazioni, riprese video e accertamenti della polizia giudiziaria». In merito alle assoluzioni che ci sono state nella sentenza odierna, Pignatone ha così risposto: «Naturalmente quando saranno depositate le motivazioni il mio ufficio valuterà le singole posizioni e potrà proporre appello nei termini e nelle forme di legge».
Secondo il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, «dalla lettura del dispositivo sulle condanne comminate si capisce che il giudice ha recepito l’esistenza di una struttura che sovrintende alle cosche. E questo è importante. Per quanto riguarda le pene inflitte – ha aggiunto – ci sarà da leggere le motivazioni per capire il giudizio tecnico-giuridico che il gup ha fatto». Gratteri parla di «una sentenza che farà storia, una pietra miliare nella lotta alle mafie, riuscire a dimostrare nel 2012 che la ‘ndrangheta è una struttura ben articolata con organismi sovraordinati che regolamentano l’osservanza del codice, così come andiamo ripetendo da decenni».
L’OPERAZIONE TRA REGGIO E MILANO. «Crimine», condotta nel luglio 2010 contestualmente a Infinito dalle Dda di Reggio Calabria e Milano, con oltre 300 arresti, ha svelato il nuovo volto della ‘ndrangheta: non più un insieme di cosche, famiglie o ‘ndrine scoordinate e scollegate tra loro, ma un’organizzazione unitaria, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice che prendono e ratificano le decisioni più importanti. Reggio Calabria è la testa. Grande è l’attesa per questa sentenza, che si preannuncia storica. Altri 34 imputati sono giudicati con il rito ordinario.

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