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CATANZARO – Un pasto caldo per chi non ne aveva, un rito propiziatorio, un semplice gesto di amicizia o anche un modo per sciogliere un “ex voto”. C’e’ un’usanza nella festa del papà in Calabria legata ai ricordi di un tempo e che, ancora oggi, si conferma in diversi centri: “U cumbitu”, una pietanza a base di pasta e ceci per i senza tetto e i nuovi poveri.

E’ un rito secolare trapiantato anche in alcune realtà del Nord Italia, dove risiedono molti calabresi riuniti in associazioni: le famiglie più fortunate preparavano piatti di pasta e ceci nel giorno della festa di San Giuseppe per i mendicanti e per i concittadini che non avevano la possibilità mangiare del cibo caldo, in un clima di fratellanza e di sostegno.

Un appuntamento che, con le differenze di contesto economico e culturali esistenti fra un territorio all’altro, si è tramandato per anni e si rinnova. Le condizioni della popolazione sono cambiate, ma il bisogno di assistenza rimane sotto le sembianze della nuove povertà. Chi è più avanti negli anni, ricorda bene fatti e circostanze.

«I giovani – dice Giovanni Altilia, funzionario delle Poste nel Catanzarese – giravano per le vie dei paesi con un tegame in mano. Il tintinnio del cucchiaio sul tegame avvisava che l’ospite era in arrivo». Le donne preparavano il pentolone di pasta e ceci e si facevano trovare pronte sull’uscio di casa invitando i bambini a prendere la loro porzione.

In alcuni centri sono le parrocchie, alle quali tutti i giorni si rivolgono migranti e persone indigenti, a rinnovare l’usanza. A Botricello, nel Catanzarese, le famiglie si ritrovano per scambiarsi la pasta e ceci, benedetta dal parroco, per offrirla a chi vive in difficoltà. A Mormanno, nel Cosentino, l’appuntamento è nel seminario vescovile, ma iniziative sono in programma per oggi anche nel Vibonese.

In altri paesi “u cumbitu” viene portato direttamente a casa di amici e parenti, in segno di augurio, o di famiglie disagiate, come manifestazione tangibile di aiuto. Il rito vive anche in alcune cittadine del Nord Italia dove risiedono molti calabresi emigrati. A Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, l’Associazione culturale calabrese da dieci anni organizza l’evento. «E’ una tradizione – si legge sull’invito pubblicato sul sito internet – sopravvissuta ai colpi di un progresso economico che tende a spazzare i riti e le consuetudini popolari legate al mondo contadino, alla cui saggezza abbiamo tanto attinto ma che spesso abbiamo sottomesso all’oblio della memoria».

Nonostante l’usanza risalga a diversi decenni fa, è stata tramandata di generazione in generazione e conserva, soprattutto nei piccoli centri della regione, il significato di solidarietà, amicizia e fratellanza, che aveva un tempo. A beneficiarne sono spesso i migranti che difficilmente hanno occasione di consumare del cibo caldo, ma anche molti italiani indigenti. (AGI)

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