Il tribunale di Catanzaro sede della Procura
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusadi tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei confronti di due sacerdoti, don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, e don Nicola De Luca, parroco della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea.
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Secondo l’accusa i due avrebbero minacciato un conoscente per vedersi restituire dei soldi che gli avevano prestato, e uno di loro avrebbe, nel corso della vicenda, vantato amicizie con la cosca Mancuso di Limbadi.
Inoltre, secondo la ricostruzione della Procura, don Maccarone avrebbe anche scambiato oltre 3000 messaggi a sfondo sessuale con la figlia del debitore.
I fatti risalgono al 2012 quando i due sacerdoti avrebbero prestato quasi 9 mila euro ad un uomo di Tropea per estinguere un prestito. Secondo l’accusa i due preti sarebbero dapprima andati incontro alle esigenze dell’uomo, tese ad evitare il pignoramento dei propri beni, con la dazione del denaro, circa 2 mila euro don De Luca e 6.700 euro don Maccarone, ma successivamente avrebbero cambiato radicalmente atteggiamento.
Don Maccarone, come detto, si sarebbe reso protagonista dell’invio di numerosi messaggi a sfondo sessuale a una delle figlie dell’uomo, la procura ne ha contati 3 mila tra sms, contatti di instant messagin e telefonate, durante i quali avrebbe anche chiesto «foto compromettenti» e «facendosi recapitare indumenti intimi per il tramite di conoscenti».
Ma in un secondo momento l’atteggiamento tenuto «mutava radicalmente» con la richiesta «dell’immediata restituzione del denaro» e con il sacerdote che durante un incontro con l’uomo e don De Luca avrebbe affermato che «i soldi dati al creditori gli erano stati consegnati “dai cugini di Nicotera Marina, non vi dico il cognome già lo avete capito, sono cugini miei”. Evocando così – sostiene la procura – la propria vicinanza alla famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso».
Non ottenendo i soldi, i due sacerdoti avrebbero messo in campo una doppia strategia per recuperare il denaro, da un lato un accordo con il vecchio creditore per simulare la restituzione del denaro con cui era stato saldato il prestito e riavviare così il pignoramento presso la vittima, e dall’altro delle vere e proprie minacce esplicite con riferimenti a possibili pestaggi.
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