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UN presidente del Consiglio in giro per il Sud alla vigilia di Ferragosto è una notizia. Anche se qualche  perplessità le suscita.  Ricorda un po’ il pranzo sotto la tenda degli sfollati del terremoto dell’Aquila, con Berlusconi che mangia spaghetti e dispensa promesse e barzellette. Colore e partiti diversi, ma il copione sembra lo stesso. I calabresi sono felici di vedere spesso il loro capo di governo. Non ci erano abituati. Di visite così ravvicinate non ci sono tracce in 150 anni di Questione meridionale. Ma i calabresi conoscono anche bene la differenza tra propaganda spicciola e decisioni concrete. I giovani rampanti che fanno parte del pensatoio personale del premier farebbero bene a ricordarlo. Renzi si è presentato la prima volta qui dicendo che i calabresi devono imparare a fare da soli, a rimboccarsi le maniche e a darsi una mossa. Giusto. Ineccepibile. Ma questa esortazione non può poi scadere in una furbata degna di topo Gigio. Anche il governo deve fare la propria parte. Eccome.

I primi mesi di Renzi non sono stati brillanti. L’economia non parte, le città sono ingabbiate nella deflazione, regnano sfiducia e scoramento. Dire che nel frattempo sono stati creati 108mila nuovi posti di lavoro sa un po’ di beffa: sarà pure vero, ma pochi se ne sono accorti. Per non parlare poi dei famosi 80 euro in busta paga, una promessa che ha gìà scatenato l’ironia e la rabbia dei calabresi nell’ultima visita a Reggio. 

Stavolta è diverso. Il Renzi che arriva oggi si è già giocato un bel po’ di credibilità. «La Calabria è prigioniera del governo», hanno detto ieri gli assessori regionali. Fatta la tara, anche qui, della propaganda, torto non hanno. 

La sanità calabrese è allo sbando, con problemi di tutti i tipi. I medici dell’ospedale Annunziata hanno scritto al ministro un’infinità di lettere per chiedere aiuto, senza mai avere risposte. Quelli del polo oncologico di Catanzaro ci riprovano oggi con un intervento sul nostro giornale. Certo, ci sono soldi da racimolare, bilanci da far quadrare, ma non trovare il tempo e il modo di nominare un commissario per la sanità, è un cosa assurda, un’insipienza da prima repubblica. 

La lista delle inadempienze è lunga. Peccato per esempio che oggi Renzi non faccia un salto al porto di Gioia Tauro. Due mesi fa al centro dell’attenzione mondiale per il trasbordo delle armi chimiche siriane. Quanti paroloni, quanti bei titoli, quanta retorica nazionale. E ora? Il porto è in crisi, si è appena concluso uno sciopero per protestare contro tredici licenziamenti. 

La Regione Calabria è costretta a stornare le risorse per garantire due stipendi a migliaia di precari. Il governo non tira fuori i soldi per gli ammortizzatori sociali e allora si mette mano ai fondi destinati allo sviluppo. Un paradosso. Come la famosa cabina di regia: senza soldi e progetti e senza il coinvolgimento della Calabria migliore, rischia anche questa di diventare una scatola vuota. Il Sud è una matassa complicata, sperare di mettersi in pace la coscienza con qualche dibattito e tante strette di mano, è un’illusione pericolosa in questi tempi di disperazione e di sofferenza.

Vogliamo parlare della lotta ai clan? Alfano dispensa ricette e annuncia rinforzi. Ma finora degli uomini promessi ne sono arrivati sì e no il dieci per cento. E ci sono uffici giudiziari che hanno meno personale della Valle d’Aosta. Speriamo che qualche solerte cortigiano informi il presidente anche della vicenda di Arena. Due ragazzi vibonesi che prendono l’iniziativa di aprire un chiosco ma sono costretti a desistere per due attentati incendiari. La soluzione l’ha trovata il Comune. A questa Calabria che vuole fare da sola lo Stato che cosa risponde, per non vederla più umiliata e mortificata? La lista è lunga, troppo lunga. E siccome non vogliamo scadere nella solita lagna meridionale ci fermiamo qui. Almeno per il Renzi presidente del consiglio. 

Un capitolo a parte merita il Renzi segretario del Pd. Quello che sta avvenendo in queste settimane nel suo partito in Calabria ha dell’incredibile. Tutti contro tutti, senza che all’orizzonte spunti una certezza. Anche su questo versante, un pizzico di decisionismo renziano non guasterebbe. Soprattutto per un partito che viene da anni e anni di faide balcaniche e che non sembra in grado di produrre una classe dirigente credibile, se non si apre alla società civile, alle persone serie, ai calabresi che reggono la baracca ogni giorno in silenzio, tra mille problemi. La soluzione è qui, comunque, dalle terrazze romane non è mai arrivato nulla di buono. E’ storia.
E allora? Benvenuto ancora una volta presidente, ma porti fatti concreti, decisioni, scelte che incidono sul serio nella vita di tutti i giorni dei calabresi. E quando poi rientrerà a Roma metta mano davvero alle cose. Faccia che queste visite siano efficaci e non servano solo a riempire giornali e tv in giorni di magra. Di propaganda e comparsate non ne abbiamo bisogno. E’ un copione vecchio, cominciato con Cavour (che mai mise piede nel Sud) due secoli fa. Troppi anni e troppe fregature per ricascarci ancora.

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