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QUELLA che stiamo vedendo in questi giorni è la peggiore Calabria possibile. Una classe politica inconcludente e autoreferenziale arroccata in difesa di interessi particolari. 

Prendiamo la Regione, la gestione del consiglio regionale fa impallidire, prima il traccheggiamento sull’efficacia delle dimissioni di Scopelliti, poi l’approvazione di una legge elettorale e di uno Statuto palesemente incostituzionali, oggi la tesi che senza la nomina da parte del consiglio regionale del collegio dei garanti le primarie non sono legittime, nonostante l’argomento fosse all’ordine del giorno dell’ultimo consiglio e si poteva procedere in tal senso. Tutto questo non è altro che il goffo e squallido tentativo di rinviare la data delle prossime elezioni con un consiglio regionale scaduto da un mese per poter continuare ad incassare le indennità e a gestire quel poco che è rimasto della Regione. E nel caos istituzionale si alimenta il malaffare. 

Se tutto questo ha come regia una parte del centrodestra, nel centrosinistra le cose non è che vadano meglio. Anzi, lo spettacolo che ci offre farebbe impallidire anche il più navigato politico della prima repubblica. Il Pd, dopo aver invocato per mesi le primarie pressando la presidente facente funzioni ad avviare le procedure, a 48 ore dall’assemblea che rischia di trasformarsi in un’arena, dice che non si possono fare, che sono una truffa solo perché ancora non è chiara la data delle elezioni regionali. Lo dice un deputato, Ernesto Carbone, che delle vicende calabresi si occupa poco, quanto basta per farlo stare alla larga, nonostante il suo nome circola tra i papabili ad una sofferta candidatura alla presidenza. 

Ma quali sono i motivi della brusca frenata sulle primarie del Pd? Il Quotidiano ha descritto le scenario il giorno dopo l’elezione di Ernesto Magorno alla segreteria regionale. La risicata maggioranza costruita a sostegno del segretario non ha nulla a che vedere con il “credo” di Matteo Renzi, si tratta solo di un gruppo dirigente per la maggior parte dei casi sulla via del tramonto che salendo all’ultimo momento sul carro di Renzi (alias Magorno) pensa di potersi autoconservare. L’errore politico commesso da Magorno è stato proprio questo: anziché continuare sulla via della rottamazione e del rinnovamento indicata da Renzi a costo di perdere le primarie, ha imboccato una scorciatoia che domani lo porterà a schiantarsi contro il muro della pletorica assemblea regionale. Magorno in sostanza è diventato prigioniero della sua risicata maggioranza e per questo ha le mani legate. Ora questa variegata area renziana (che ripetiamo del profilo di Renzi ha poco e niente) non riesce ad esprimere un candidato alternativo a Mario Oliverio alle primarie e il presidente della Provincia di Cosenza, dall’alto dei suoi 35 anni di presenza nelle istituzioni con la regia di un collaudato Nicola Adamo, sta dimostrando di essere un gigante all’interno del Pd. Gira in lungo e in largo la Calabria per spiegare la sua idea di regione che, resta inteso, non è detto che sia la migliore per i calabresi, ma almeno ci prova a dare un senso alla sua azione politica. 

I renziani, invece, avevano sperato in Nicola Gratteri, il magistrato antimafia che piace tanto a Renzi, poi hanno sondato imprenditori, professori universitari, ma nessuno, al momento, si è reso disponibile a raccogliere la sfida di questo centrosinistra pasticcione, senza una linea politica capace di far uscire la Calabria dal pantano e dare ai calabresi una speranza di cambiamento.

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