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La baraccopoli di San Ferdinando

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REGGIO CALABRIA – L’ennesima tragedia nella baraccopoli di San Ferdinando, con la morte di un migrante avvenuta la scorsa notte (LEGGI LA NOTIZIA), ha fatto ritornare la querelle di comunicati e prese di posizione. 

Tra i primi ad intervenire, anche il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio: «Sono profondamente addolorato per il nuovo rogo e la morte di un altro giovane immigrato nella tendopoli di San Ferdinando. Diventa ormai urgente e indispensabile – ha aggiunto – che il Governo assuma con determinazione un progetto di smantellamento della tendopoli e di trasferimento degli immigrati in luoghi più idonei e sicuri, nell’ambito dei programmi di integrazione sociale».

«Come abbiamo avuto modo di sostenere in più occasioni pubbliche e negli incontri in Prefettura di Reggio Calabria – prosegue Oliverio – non è più tempo di interventi rabberciati, ma di soluzioni chiare e risolutive. Pur essendo la problematica dell’immigrazione di competenza dello Stato, la Regione Calabria non si è mai tirata indietro, ma ha investito uomini e risorse per rendere più igieniche e umane le condizioni di vita dei migranti, anche attraverso la realizzazione di una nuova tendopoli. E, tuttavia, questo non è servito al necessario processo di smantellamento, sia pure graduale, dell’inumana aggregazione di migranti all’interno dell’area industriale della Piana di Gioia Tauro. Ancora negli ultimi recenti incontri presso la Prefettura di Reggio, la Giunta regionale ha avanzato proposte concrete mettendo a disposizione risorse per incentivare soluzioni abitative civili attraverso forme di garanzia per i privati, la utilizzazione di immobili confiscati, il sostegno alle aziende agricole per la realizzazione di strutture mobili per i migranti regolari impegnati nel lavoro stagionale, per l’attuazione dei servizi di trasporto e gestione dei servizi essenziali. Ma tutto questo si può realizzare solo con un efficace coordinamento del Governo che veda la piena collaborazione dei territori, delle strutture dello stato e delle parti sociali. Non è più accettabile continuare in questa situazione. Il Governo e il Ministero degli Interni – ha concluso Oliverio – devono assumere una iniziativa concreta per mettere in atto un progetto che consenta di trovare una soluzione degna di un paese civile, ai migranti regolari di San Ferdinando. Oggi una delegazione con l’assessore Angela Robbe si recherà a San Ferdinando».

Anche la Cgil è intervenuta attraverso il segretario nazionale Giuseppe Massafra, commentando le parole di Matteo Salvini: «Il ghetto» di San Ferdinando «va eliminato» – ha sottolineato Massafra – ma «il problema non si risolve con la solita ricetta persecutoria annunciata ancora una volta dal ministro dell’Interno: sgomberare il campo di San Ferdinando, senza preoccuparsi di dove saranno collocati i suoi occupanti».

«Da tempo come Cgil – prosegue il dirigente sindacale – stiamo chiedendo alle istituzioni di adottare politiche di integrazione vera e stabile, affrontando nel frattempo l’emergenza attraverso la dotazione di nuclei abitativi provvisori ma sicuri». «Quel ghetto – conclude Massafra – va eliminato, perché alimenta un’economia tutta funzionale alla criminalità organizzata, dallo sfruttamento della prostituzione, al reclutamento di manodopera sfruttata nel lavoro nei campi, ma servono soluzioni e interventi in grado di garantire il rispetto dei diritti umani fino ad oggi palesemente negati».

«l problema non si risolve con la solita ricetta persecutoria annunciata ancora una volta dal ministro dell’Interno: sgomberare il campo di San Ferdinando, senza preoccuparsi di dove saranno collocati i suoi occupanti». 

Appelli e critiche anche da Onofrio Rota, segretario generale nazionale della Fai Cisl e Michele Sapia, segretario della Fai Cisl Calabria: «Le considerazioni espresse stamane dal Prefetto di Reggio Calabria, durante il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato d’urgenza a San Ferdinando, corrispondono per intero alla sensibilità e all’impegno della Fai Cisl in un territorio, quello della Piana di Gioia Tauro, che rappresenta l’emblema di un Paese e di una regione che non possono continuare a voltarsi dall’altra parte. L’ennesima vittima impone a tutti di farla finita con le parole, i progetti simili a chimere, gli impegni che quasi mai si concretizzano: non è più rinviabile un piano straordinario di ripristino delle condizioni di legalità e di tutela della dignità umana».

«Lunedì – prosegue Sapia – in un incontro programmato da tempo, saremo a San Ferdinando per ribadire le nostre proposte, e ci attendiamo che davanti alla terza incolpevole vittima le istituzioni e la politica siano finalmente capaci di fare sistema e di essere protagonisti di azioni che possano essere anche un messaggio per l’intero Paese. Esprimiamo vicinanza alle famiglie delle vittime, e il nostro sostegno a chi vive ancora in questi luoghi abbandonati».

Il Coordinamento lavoro agricolo del sindacato Usb ha sottolineato: «No alla strumentalizzazione salviniana dei morti nella baraccopoli, esigiamo l’attuazione degli accordi per l’accoglienza diffusa».

«Nella piana di Gioia Tauro – è detto nella nota – si continua a morire bruciati, nell’indifferenza generale. È della scorsa notte la terza vittima dell’inferno di plastica e lamiera della baraccopoli di San Ferdinando. Moussa Ba, senegalese, 28 anni, è morto tra le fiamme come prima di lui Becky Moses e Jaiteh Suruwa. Ma alla lista bisogna aggiungere Soumaila Sacko, il delegato Usb fucilato nello scorso giugno da Antonio Pontoriero, e Sekinè Traorè, ammazzato da un carabiniere tre anni fa. Il prefetto di Reggio Calabria annuncia ora la decisione di sgomberare rapidamente la baraccopoli per trasferire i braccianti che lo vorranno negli Sprar e nei Cas della provincia.

Sulla vicenda, in una intervista rilasciata all’Adnkronos, è intervenuto anche l’arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini: «La notizia della morte di un giovane di 29 anni è davvero triste, la terza morte nella tendopoli di San Ferdinando nell’arco di un anno. Purtroppo stiamo qui a contare i morti aspettando tragicamente altri inevitabili morti se le cose non cambiano». 

La vera questione, avverte il presule, sta nella vera integrazione: «Spero proprio che vengono superati i ritardi burocratici per quelle soluzioni di fondo che possono assegnare strutture stabili agli immigrati (e questo trasferimento è iniziato). Ma ciò non servirebbe a nulla se ai migranti che vengono sistemati ne subentrano altri: succede anche questo. Bisogna maturare un’accoglienza degli immigrati che abbia alla base il rispetto della sicurezza e la dignità della persona umana. Da questo punto di vista è significativa l’azione della Caritas diocesana di Oppido Palmi, che assicura un avamposto significativo nella tendopoli, favorendo non solo l’assistenza dei migranti ma anche la loro integrazione».

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