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Nicola Gratteri in conferenza stampa

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LIMBADI (VIBO VALENTA) –  Operazione della Guardia di Finanza di Catanzaro in collaborazione con lo Scico di Roma, denominata Operazione Ossessione, che alle prime luci dell’alba che ha portato all’esecuzione di 25 fermi di indiziato di delitto su disposizione della Procura distrettuale antimafia diretta dal procuratore Nicola Gratteri impegnando oltre 300 finanzieri, per il fermo tra Calabria, Lombardia e Puglia.

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I fermi sono stati eseguiti nei confronti di persone ritenute vicine alla cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti aggravata dalla modalità mafiosa e dalla detenzione di armi.

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La cosca dei Mancuso è considerata una tra le più potenti e influenti della ‘ndrangheta calabrese.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, e dal Sostituto Procuratore Annamaria Frustaci, che hanno coordinato gli uomini del comandante regionale Calabria della Finanza Fabio Contini e dal comandante dello Scico di Roma Alessandro Barbera, «hanno consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tra le cui fila compaiono esponenti di spicco della famiglia di ‘ndrangheta Mancuso egemone sulla criminalità organizzata vibonese che, dall’area geografica insistente tra i comuni di Limbadi e Nicotera, hanno, man mano, esteso forti interessi delinquenziali nell’hinterland milanese».

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E I VERTICI DELL’ORGANIZZAZIONE

Coinvolti nell’operazione, infatti, ci sono «i fratelli Salvatore Antonino, Giuseppe e Fabio Costantino, pienamente inseriti nella cosca – si legge in una nota della Procura – così come il pluripregiudicato Giuseppe Campisi, personaggio dall’elevatissimo spessore criminale, rappresentante della famiglia ‘ndranghetistica di Limbadi in Lombardia, condannato per associazione mafiosa e ritornato sulla scena del crimine dopo aver finito di espiare una lunga condanna pari a 30 anni di reclusione per un omicidio mafioso».

In particolare, Giuseppe e Fabio Costantino, al pari di Gaetano Muscia, risultano, tra l’altro coinvolti nella nota Operazione “Black Money” che ha duramente colpito la cosca di Limbadi.

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L’inchiesta è stata denominata “Ossessione” per «la maniacalità manifestata dai principali indagati, assillati dal pensiero di essere monitorati dalle forze dell’ordine», ed «ha dimostrato come i vertici del sodalizio fossero in grado di disporre di diretti canali di approvvigionamento di cocaina dalla Colombia, dal Venezuela e dalla Repubblica Domenicana, oltreché dall’Olanda».

In pratica, «seguendo un’ottica prettamente imprenditoriale, l’organizzazione, in attesa dell’arrivo delle partite di cocaina dal Sudamerica, con lo scopo di massimizzare il profitto, intesseva rapporti d’affari con un personaggio marocchino residente a Milano, in diretto contatto con i principali cartelli maghrebini, per l’importazione di massicce quantità di hashish».

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E LA GESTIONE DELLE ARMI NELL’ORGANIZZAZIONE

La spiccata transnazionalità dell’organizzazione, che evidenzia nuovamente l’indissolubilità del trait d’union tra la criminalità organizzata calabrese e i “cartelli” mondiali della droga ed una capillare diffusione sul territorio nazionale, fanno si che la consorteria criminale operi come una vera e propria multinazionale del narcotraffico, curando l’acquisto “all’ingrosso”, a prezzi assolutamente concorrenziali, della droga, direttamente dai produttori, per poi smistarla in territorio calabro e lombardo tramite una fitta rete di accoliti».

TUTTI I COLLEGAMENTI PER IL NARCOTRAFFICO

Dall’inchiesta «emerge l’estrema ramificazione delle ‘ndrine che ha consentito alla ‘ndrangheta di disporre di numerosi e floridi canali di approvvigionamento, che ne hanno notevolmente accentuato la pericolosità e l’invasività. La vocazione transnazionale ha rinsaldato affaristici rapporti tra la malavita calabrese e quelle sudamericane, olandesi, spagnole e nordafricane, consentendo un abnorme ampliamento delle zone d’influenza, in molti casi, con l’esportazione del modello organizzativo tipico dei territori d’origine, nelle zone nazionali maggiormente sviluppate, determinando il predominio sulle similari associazioni delinquenziali nazionali e/o estere. Da delinquenza crudele e rurale, un tempo dedita essenzialmente alle estorsioni e ai rapimenti, la ‘ndrangheta ha saputo riciclarsi in una vera e propria holding del crimine, in grado di accumulare e gestire immensi patrimoni illeciti e di inquinare ogni settore del sociale».

Secondo la Dda di Catanzaro, si tratta di una vera e propria «multinazionale del narcofraffico». Dall’inchiesta sono emersi, in particolare, i forti interessi delinquenziali gestiti dall’organizzazione nell’hinterland milanese. In questo senso un ruolo significativo sarebbe stato svolto da Giuseppe Campisi, di 59 anni, originario di Vibo Valentia, personaggio, secondo quanto riferito dagli investigatori, «dall’elevatissimo spessore criminale», che dopo avere espiato una condanna a 30 anni di reclusione per un omicidio di stampo mafioso é tornato sulla scena del crimine.

Tra le persone «pienamente inserite» nella cosca, sempre secondo gli investigatori, c’erano anche i fratelli Salvatore, Giuseppe e Fabio Costantino, già detenuti, attivi nella gestione del narcotraffico.

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