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L'immagine di un terrorista

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ISTIGAVA  alla guerra santa sui social, celandosi sotto lo pseudonimo di “Ahmed” e fingendosi di nazionalità egiziana. Per questo motivo un 32enne italiano convertito all’Islam, Giuseppe D’Ignoti di Catania, è stato arrestato dall’antiterrorismo internazionale della Digos.

Per due anni ha inviato su Whatsapp video e immagini elogiando le gesta delle milizie dell’Isis, scene di uccisioni, cruente decapitazioni e i Nasheed, canti che inneggiano alla Jihad. L’accusa è di apologia del delitto di terrorismo mediante strumenti telematici.

Tra i messaggi intercettati anche quello di «fare pulizia a Milano» e «in Calabria». Invitava i suoi contatti a «prendere un fucile o un coltello ed andare ad ammazzare qualcuno». D’Ignoti non è nuovo alla giustizia.

«Manifestava odio verso qualsiasi cosa rappresentasse l’Occidente e – spiegano gli investigatori – affermava che quelli che la pensavano come lui erano presenti in modo capillare sul suolo italiano e pronti ad agire».

Si è convertito all’Islam in carcere quando, nel 2011, era detenuto nell’istituto penitenziario di Caltanissetta per scontare cinque anni per violenza sessuale. A convertirlo è stato il marocchino Aziz Sarrah, allora 31enne, rimpatriato per essere stato trovato in possesso di un vessillo dell’Isis. Nel 2017 il siciliano è finito nuovamente in cella, questa volta per aver commesso reati gravi nei confronti della ex convivente ucraina.

All’indomani della conversione quella della sottomissione della donna è diventata per D’Ignoti una vera e propria fissazione. Ha «una visione estremistica e radicalizzata della fede religiosa islamica, anche con lo scopo di far osservare rigorosamente alle donne i dettami della religione musulmana», spiega la Digos. Sono decine le scene raccapriccianti di ragazze fustigate in nome della Shari’a condivide dal 2016 al 2017.

Tra i video diffusi c’è anche quello di Giulia Sergio detta “Fatima”, la prima italiana ad aver aderito alla Jihad trasferendosi in Siria nel 2015 e condannata per terrorismo. D’Ignoti la ammirava e invitava i proseliti a seguire il suo esempio. A nulla sono valsi i tentativi di eliminare le prove: la polizia postale ha recuperato le conversazioni, cancellate dal 32enne, sia sulla memoria del telefono che dalla cronologia del browser.

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