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La conferenza stampa con Antonio Turi e Nicola Gratteri

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COSENZA – Un’operazione antimafia della Dia di Catanzaro è in corso per l’arresto l’arresto di 5 persone ritenute responsabili del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci e del contestuale ferimento di Mario Trinni, avvenuto a Cosenza il 9 novembre del 2000.

Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal Gip distrettuale di Catanzaro, al termine delle indagini coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e del pm della Dda Camillo Falvo, nei confronti di soggetti di spicco della criminalità organizzata cosentina di etnia nomade.

IL VIDEO DELL’OPERAZIONE E LE FOTO DEGLI ARRESTATI

Chiodo, Tucci e Trinni stavano chiacchierando in una piazzetta nei pressi del carcere di via Popilia, quando da un’auto scesero due sicari incappucciati che iniziarono a sparare all’impazzata. Trinni riuscì a fuggire mentre Chiodo e Tucci furono colpiti. I sicari, poi, spararono alla testa delle due vittime il colpo di grazia con una pistola calibro 9.

Sono Antonio Abruzzese, di 48 anni, Fiore Abbruzzese di 52, Luigi Berlingieri di 48, Saverio Madio di 56 e Celestino Bevilacqua, di 57 anni, le persone colpite dalle ordinanze di custodia cautelare in carcere messe dal Gip del Tribunale di Catanzaro ed eseguite dalla Dia catanzarese per il duplice omicidio.

Gli arrestati sono, a vario titolo, i mandanti, gli autori materiali e i fiancheggiatori del delitto. I nomi dei presunti autori del duplice omicidio, ritenuti dagli inquirenti “stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina di etnia rom”, sono stati resi noti in una conferenza stampa in corso alla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, alla presenza del capo della Dda, Nicola Gratteri, e del direttore della Dia di Catanzaro, Antonio Turi.

Un contributo alle indagini è venuto da un collaboratore di giustizia, Francesco Bevilacqua, alias “Franchino di Mafalda”, all’epoca dei fatti capo degli zingari di Cosenza, già condannato per lo stesso fatto e poi diventato collaboratore di giustizia.

Chiodo era ritenuto il “contabile” dell’allora gruppo confederato Cicero-Lanzino. Bevilacqua, dopo l’avvio della collaborazione, aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi dei partecipi all’azione, le modalità di esecuzione e il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di Chiodo, dei patti stretti dai nomadi con l’allora gruppo confederato Lanzino-Cicero sulla spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari quali estorsioni, usura e traffico di cocaina.

Successive dichiarazioni di altri collaboratori, raccolte di recente e riscontrate dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova nei confronti degli arrestati, tali da consentire ai magistrati della Dda – il procuratore Nicola Gratteri ed il pm Camillo Falvo – di chiedere ed ottenere dal Gip il loro arresto.

La ricostruzione dell’agguato

Nell’agguato, portato a termine nel tardo pomeriggio del 9 novembre 2000 in via Popilia a Cosenza, i sicari utilizzarono, oltre ad una pistola Beretta, anche un fucile mitragliatore Kalashnikov. Dalla ricostruzione investigativa, è emerso che sull’autovettura Lancia Thema utilizzata per l’agguato, e rinvenuta poi sepolta nel cantiere della De.Mar Costruzioni di Sergio Perri (rimasto poi ucciso in un agguato di stampo mafioso insieme alla moglie il successivo 17 novembre), oltre a Francesco Bevilacqua, c’erano Luigi Berlingieri, detto “occhi di giaccio” o “il cinese”, armato del Kalashnikov, Fiore Abbruzzese, detto Ninuzzo, con il compito di fare da autista, e Gianfranco Iannuzzi, detto “à ntacca”, successivamente vittima di lupara bianca.

Antonio Abbruzzese è invece ritenuto il mandante, insieme a Francesco Bevilacqua, mentre Saverio Madio e Celestino Bevilcqua, si sarebbero occupati, il primo del trasporto dei killer al luogo di partenza dell’azione, ed il secondo del loro recupero dal luogo ove venne interrata l’auto utilizzata per l’agguato.

 Gratteri dice no all’impunità

«Questo duplice omicidio non poteva rimanere impunito. E’ stato un caso eccellente, avvenuto in pieno giorno con l’uso anche di armi da guerra e in una zona centrale di Cosenza. E, come è stato per questo caso, bisognerà rivedere altri fatti di sangue seppur datati nel tempo». Lo ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa sugli arresti.

«Oggi – ha aggiunto – ci possiamo permettere di scavare nel passato perché finalmente abbiamo aumentato il numero di magistrati alla Dda e possiamo permetterci il lusso di avere un sostituto sul circondario di Paola, uno sul circondario di Cosenza e uno su Castrovillari. C’è stato un periodo in cui c’era un solo sostituto per tre circondari. Adesso c’è il dottore Camillo Falvo che è uno dei migliori sostituti di questa Procura e si sta dedicando alle indagini su Cosenza».

«La Cosenza di quegli anni – ha detto Antonio Turi, direttore della Dia di Catanzaro – vedeva contrapposti i clan Ruà-Lanzino e Perna-Cicero. Clan autonomi ma confederati che avevano stabilito di spartirsi importanti appalti come quello per i lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, lo spaccio di sostanze stupefacenti e le estorsioni. A questo gruppo si era aggiunto in alleanza il gruppo degli “zingari”. Fino ad un certo punto questa alleanza è rimasta in equilibrio perché prevedeva per gli “zingari” l’appannaggio di reati quali le rapine e lo spaccio di eroina e hashish, mentre per le estorsioni e gli appalti sulla Salerno-Reggio c’era il gruppo confederato con l’accordo di corrispondere agli “zingari” anche una parte dei proventi dei reati un pò più gravi. Questo accordo è andato bene fino a quando Benito Chiodo, contabile del gruppo confederato, non ha rispettato più gli accordi della spartizione del territorio con gli “zingari”. Agli affari si aggiungevano vicende personali perché uno dei suoi sicari aveva avviato una relazione extraconiugale con la moglie del fratello di Chiodo».

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