I carabinieri che hanno seguito l'operazione
2 minuti per la letturaCOSENZA – Lavoratori extracomunitari richiedenti asilo politico ed ospiti nel territorio di Roggiano Gravina, nel Cosentino, sottoposti a turni di nove ore e pagati giornalmente 20 euro, senza alcun rispetto delle norme di sicurezza ed in assenza di regolare contratto. E’ quanto scoperto dai militari della Stazione carabinieri di Roggiano Gravina, che hanno arrestato un imprenditore agricolo di 44 anni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip presso il Tribunale di Cosenza per i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Cosenza, sono state avviate dai carabinieri dopo le segnalazioni sulla presunta presenza di un “caporale” che impiegava nel proprio fondo agricolo lavoratori stranieri, approfittando dello stato di bisogno in cui versavano, per sottoporli a condizioni di illecito sfruttamento senza neppure un contratto di assunzione.
I militari hanno messo sotto osservazione alcuni terreni nel comune di San Marco Argentano che, tra settembre 2017 e l’agosto 2018, hanno consentito di dare un nome ed un volto al “caporale”. L’uomo prelevava quotidianamente diversi extracomunitari da un centro di accoglienza straordinaria di Roggiano Gravina per condurli presso un fondo ubicato nel territorio di San Marco Argentano, dove venivano sistematicamente impiegati quali braccianti agricoli nella raccolta di ortaggi.
Attraverso videoriprese, i carabinieri sono riusciti a documentare le pesanti giornate lavorative degli extracomunitari, come confermato dalle dichiarazioni precise, dettagliate e convergenti successivamente rese dagli stessi (provenienti dal Gambia, dal Bangladesh e dal Senegal).
Prelevati all’alba, intorno alle 5, da un furgone condotto dall’imprenditore, affluivano sui terreni coltivati ad ortaggi dove prestavano la loro attività lavorativa ininterrottamente fino a nove ore, in un contesto lavorativo assolutamente degradante. Le condizioni di lavoro imposte dal “padrone” – in palese difformità dalle minimali regole dei contratti collettivi nazionali – contemplavano soltanto una pausa di appena trenta minuti (nel caso gli immigrati avessero voluto consumare cibi portati al seguito), senza mettere a disposizione degli “sfruttati” acqua per rifocillarsi ed in assenza di luoghi idonei per ripararsi dal caldo o per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche.
La retribuzione concordata era di appena venti euro giornaliere, del tutto sproporzionata rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, a riprova dell’opera di sfruttamento posta in essere in danno dei lavoratori stranieri. I carabinieri hanno anche potuto ricostruire un tentativo di deviare il corso delle indagini da parte dell’arrestato, il quale, in diversi approcci con gli extracomunitari, aveva provato a condizionarne i racconti al fine di alleggerire le proprie responsabilità.
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