Uno degli arrestati della cosca Alvaro
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – La cosca Alvaro aveva come sua base operativa un casolare di contrada Scifà di Sinopoli, lungo la statale 183 che collega Gambarie a Delianuova. Il particolare è emerso nel corso delle indagini che hanno portatop all’emissione di diciotto provvedimenti di fermo, compreso un sindaco e due imprenditori (LEGGI LA NOTIZIA).
“La casetta”, così indicata dagli indagati, costituisce un luogo nevralgico per la cosca Alvaro, ospitando continue riunioni, mascherate da “mangiate”, e da un andirivieni costante di esponenti di tutti i mandamenti di ‘ndrangheta presenti nella provincia di Reggio Calabria.
Il monitoraggio della “casetta” ha soprattutto permesso di delineare l’organigramma della famiglia Alvaro, confermando le acquisizioni del procedimento “Provvidenza” riguardo alla figura di Carmine Alvaro, 50 anni, soprannominato “u pulice”, indiscusso capocosca detenuto colpito dal provvedimento cautelare che nel gennaio 2017 ha interessato le principali cosche della Piana di Gioia Tauro.
Figure di spicco sono i cugini di Carmine, i fratelli Antonio, Raffaele e Carmine (u bruzzise) Alvaro, che coordinano le attività criminali degli affiliati subordinati ed organizzano gli incontri con i referenti mafiosi di altre articolazioni territoriali della ndrangheta che chiedono di parlare con Carmine Alvaro “u pulice”. Alle figure di maggior rilievo se ne affiancano altre: numerosi affiliati, alcuni dei quali già condannati per reati associativi in altri procedimenti, come Giuseppe Alvaro (“u rugnusu”), Giuseppe Alvaro (“u trappitaru”), Carmine Alvaro (“u limbici”), Carmelo Alvaro (“Carmine Bin Laden”), Domenico Alvaro, Paolo Alvaro (30 anni), Antonino Bonforte (“u topu”), Rocco Calabrò , Sergio Francesco Paolo e Giuseppe La Capria.
Al casolare di contrada Scifà è stata registrata la presenza di esponenti di blasonate cosche della provincia di Reggio Calabria, quali i Pelle-Gambazza di San Luca, dei Mollica di Africo, dei Rugolino di Catona, Ietto di Natile di Careri, Condello di Varapodio, Callea di Ortì, Morabito (De Stefano) di Archi, Scopelliti di Melia di Scilla, oltre ai legami con altre cosche quali i Guadagnino e i Papalia di Delianuova, i Mazzagatti di Oppido Mamertina e Larosa di Giffone.
Tra questi, tre sono stati raggiunti dal provvedimento di fermo: Domenico Rugolino, capo dell’omonima cosca operante nei quartieri reggini di Catona, Arghillà, Villa San Giuseppe, Rosalì e Spontone, insieme a Giuseppe Foti, suo subordinato, e Sebastiano Callea, esponente di spicco della cosca Condello Imerti che opera nel quartiere Ortì di Reggio Calabria, ai quali viene contestata pure la stretta vicinanza alla cosca di Sinopoli, attestata dalla frequente presenza presso il “quartier generale” di contrada Scifà per condividere le strategie criminali, concordando la spartizione degli interessi illeciti e le modalità di aggressione al tessuto economico del territorio.
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