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“Governare Insieme”: il futuro dell’Italia passa attraverso il rafforzamento degli Enti Locali, che devono essere al centro delle politiche di sviluppo.
Nel 2017 ho presentato alla Camera dei Deputati un mio libro: «Il futuro dell’Italia si gioca a Sud», e in quella sede, con molta convinzione, ho insistito sulle potenzialità che secondo me candidavano il Sud a divenire la grande opportunità di sviluppo del nostro Paese. A distanza di sette anni la Svimez (e non solo la Svimez) dice che il Sud sta crescendo più dell’intera Italia e più del Nord, il che ovviamente rappresenta un beneficio per tutto il Paese. Con la stessa dose di convinzione sono tornato quest’anno a presentare un altro libro alla Camera, dal titolo «Governare Insieme – vol. 2», di cui sono curatore, per affermare questa volta che se veramente l’Italia vuole tornare a crescere, ad avere slancio, vigore sociale, economico e culturale, deve ripartire dagli Enti Locali!
Deve tornare a investire sugli Enti locali, sui territori, in particolare sui Comuni… per un motivo costituzionale e (mi permetto dire) ontologico… che di seguito proverò a spiegare. La differenza infatti tra una dittatura e la democrazia sta nel fatto che la dittatura impone il cambiamento e l’innovazione dall’alto. La democrazia, al contrario, si propone dal basso. Se in una dittatura le cose vanno male, la responsabilità è del capo, del dittatore, o tuttalpiù del suo entourage dittatoriale. Ma se vanno male in democrazia, la responsabilità è di tutti, e quindi di ognuno… di noi. Questa è la differenza sostanziale!
A me piace dire che allo sviluppo democratico si accede attraverso una porta pesantissima che si apre “solo” dall’interno, ossia dai territori. Lo sviluppo democratico può certamente essere favorito dall’esterno, dallo Stato centrale, ma ci si accede soltanto dall’interno. In altre parole, non può essere imposto. Ne consegue che la democrazia (ovvero la repubblica democratica) è necessariamente costruita dal basso! E’ nella sua essenza. La democrazia “è” costruzione dal basso… o non è! Se non è costruzione dal basso non è democrazia, o è una democrazia che funziona male. La democrazia, (ovvero la repubblica democratica), è pertanto, necessariamente, il risultato di un’articolazione viva, organizzata, radicata, plurale, territoriale.
Non è un caso che i nostri padri costituenti abbiano inserito il principio del decentramento amministrativo all’articolo 5 della Costituzione italiana, cioè tra i principi fondamentali della nostra Repubblica. Così come non è un caso che gli Enti locali siano stati fatti assurgere a entità costitutive e basilari della Repubblica nel riformato articolo 114 della Costituzione (che sarebbe il primo articolo del titolo V della Costituzione, cioè quello che parla delle Autonomie Locali) il cui primo comma recita testualmente: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». Mentre il precedente articolo 114 diceva: «La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni», determinando così un ribaltamento sostanziale che ha portato i Comuni a essere, per fortuna (finalmente) riconosciuti come entità basilari della Repubblica.
DECENTRAMENTO SV CENTRALISMO: IL RUOLO FONDAMENTALE DEGLI ENTI LOCALI PER UNA DEMOCRAZIA PIÙ FORTE
Del resto, distribuire il potere dello Stato sul territorio è un’esigenza imprescindibile. Chi come me ha fatto l’Amministratore locale lo sa perfettamente. Più il potere si concentra, più la democrazia è a rischio! Questo è il punto. Decentramento contro concentramento. Se in una democrazia il potere si concentra, la democrazia si impoverisce, si irrigidisce, peggiora. È pur vero, tuttavia, che se l’autonomia è spropositata, eccessiva, diventa allo stesso modo pericolosa per la democrazia. In altre parole, la democrazia è minacciata sia da un eccessivo concentramento del potere, che da un eccessivo decentramento del potere. È insomma un difficile, difficilissimo equilibrio tra il decentramento e il concentramento del potere. Tra il centro dello Stato e i suoi territori periferici.
In questo senso, la legge sull’autonomia differenziata, costituendo un eccessivo decentramento, ovvero una minaccia all’unità e all’indivisibilità dello Stato sancite dall’art. 5 della Costituzione, è stata giustamente (anche se parzialmente) rigettata dalla Corte Costituzionale. Del resto, Blaise Pascal lo ammoniva già secoli orsono: «Il pluralismo che non si ricompone in unità diventa confusione. L’unità che non dipende dal pluralismo, diventa tirannia».
E’ quello che è successo, invero, negli ultimi decenni nel nostro Paese: si è rarefatto, sfibrato, allentato, in alcuni casi interrotto il rapporto di dipendenza dell’unità centrale dello Stato dal pluralismo istituzionale dei nostri enti locali, e questi ultimi (dal canto loro) hanno smesso di ricomporsi nell’unità dello Stato, generando così confusione istituzionale.
Questo rapporto (che è essenziale, vitale e che deve essere vivo, continuo, ricco) si è andato logorando per una seria di motivazioni, tra cui: la crisi dei partiti tradizionali, la fase molto intensa della globalizzazione, la spending review, e altre, generando un danno significativo al nostro Paese in quanto (come è risaputo) noi italiani non abbiamo un pluralismo qualunque, bensì un pluralismo di enti locali, comuni, campanili, territori che sono tra i più conosciuti e apprezzati al mondo, per arte, storia, cultura e natura.
Negli ultimi decenni si è dunque privato il pluralismo degli enti locali italiani di importanti risorse finanziarie, ma anche di confronto e di ascolto. Ed ecco che la nostra democrazia è andata in crisi.
In conclusione, ripartire dagli enti locali, con leggi adeguate e maggiori risorse, significa tornare a “governare insieme” il nostro Paese. A promuovere seriamente la coesione territoriale, istituzionale e sociale, nella consapevolezza “protopica”, [dal greco “pro” (a favore di) e “topos” (luogo)], che migliorare il proprio territorio e la propria città, significa senza dubbio contribuire a migliorare il mondo.
* Francesco Lo Giudice, cultore della materia in Sociologia Politica – Unical e in Diseguaglianze Sociali e Politiche di Welfare – Unisob. Sindaco della Città di Bisignano (Cs) dal 2017 al 2021.
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