L'operazione scattata per gli arresti
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Un’operazione dei carabinieri di Reggio Calabria e Vibo Valentia, coordinata dalla Dda reggina, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di misura cautelare emessa dal gip nei confronti di tre persone, accusate in concorso tra loro e con altri indagati, già destinatari di analogo provvedimento il 10 novembre scorso, di omicidio, detenzione e porto di armi clandestine e da guerra, ricettazione.
I reati sarebbero stati commessi con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose. Le indagini hanno consentito d’individuare compiutamente mandanti ed esecutori dell’omicidio di Giuseppe Canale, affiliato alla cosca “Condello-Chirico”, ucciso il 12 agosto del 2011 (LEGGI LA NOTIZIA) in pieno giorno da due killer vibonesi assoldati dalla cosca reggina.
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Gli approfondimenti svolti dai militari dell’Arma hanno fatto piena luce anche sul movente dell’omicidio, inquadrabile nei contrasti insorti all’interno della cosca, al tempo egemone nel quartiere Gallico di Reggio Calabria, per la successione nel ruolo di vertice.
Sono tre le persone arrestate: Antonino Crupi, 35 anni, di Reggio Calabria; Giuseppe Germanò, 48 anni, di Reggio Calabria; e Diego Zappia, 33 anni, di Oppido Mamertina. I tre sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro e con altri indagati – già colpiti da analogo provvedimento nell’ambito del medesimo procedimento penale – dei delitti di omicidio, detenzione e porto di armi clandestine e da guerra, ricettazione, commessi con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose.
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Il provvedimento costituisce l’esito di un ulteriore approfondimento investigativo condotto dai militari dei Nuclei Investigativi di Reggio Calabria e Vibo Valentia che, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e del sostituto procuratore Sara Amerio, ha consentito di individuare gli ulteriori responsabili dell’omicidio. In una prima fase le indagini avevano già condotto, lo scorso 10 novembre, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei materiali esecutori, Cristian Loielo, Nicola Figliuzzi e Salvatore Callea, e dei mandanti Filippo Giordano, Domenico Marcianò e Sergio Iannò.
Determinanti sono state le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, all’indomani degli arresti dello scorso novembre, con particolare riferimento a quelle rilasciate da uno degli esecutori materiali, Nicola Figliuzzi.
Nel corso delle indagini è emerso che Giuseppe Canale era divenuto personaggio scomodo al gruppo di ‘ndrangheta facente capo ad Antonino Crupi e Domenico Marcianò, poichè ritenuto esecutore materiale dell’omicidio, avvenuto il 20 settembre 2010, di Domenico Chirico, suocero di Crupi ed elemento di vertice dell’omonima cosca di ‘ndrangheta della frazione Gallico.
Nella prima fase delle indagini, i collaboratori hanno fornito precisi elementi sulle persone che materialmente avevano proposto l’omicidio ai killer, ovvero Salvatore Callea e l’uomo arrestato oggi, Diego Zappia. Nuovi elementi sono emersi, inoltre, sulle modalità con le quali i killer sono stati indirizzati su Giuseppe Canale, non conosciuto dagli esecutori assoldati per il suo assassinio. Si tratta di Marcianò (già detenuto) e Crupi (destinatario della misura di oggi) che hanno incontrato i killer, hanno condotto insieme a loro i sopralluoghi sul luogo dell’agguato, hanno fornito una descrizione fisica della vittima, hanno dato il via all’esecuzione e hanno garantito il supporto logistico prima, durante e dopo l’omicidio.
Tra i mandanti dell’omicidio, insieme a Domenico Marcianò, Sergio Iannò (anche lui già colpito dalla precedente misura cautelare) e Antonino Crupi figura anche Giuseppe Germanò, titolare di un negozio di ortofrutta a Gallico, che avrebbe messo a disposizione degli altri indagati i locali del proprio esercizio pubblico per le riunioni propedeutiche alla consumazione del reato, “prendendo parte in prima persona all’ideazione e alla programmazione del grave fatto di sangue”, sottolineano gli investigatori.
Il suo omicidio Fu raccontato agli inquirenti dal pentito Daniele Bono nel 2012 (LEGGI)
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