INDICE DEI CONTENUTI
Le Regioni italiane beneficiarie dei finanziamenti europei, fondi di coesione, potrebbero scendere da sette a quattro perché la Basilicata, il Molise e la Sardegna potrebbero uscire
Il rischio di una “guerra tra poveri” all’interno dell’Europa é alto. L’allargamento ai nuovi entranti, se dovesse avvenire a parità di risorse per le aree a sviluppo ritardato, non può che portare ad una diminuzione dei fondi destinati ai vecchi Paesi dell’obiettivo uno.
I nuovi candidati ad entrare infatti hanno un Pil pro capite inferiore a quello della Bulgaria, che è lo Stato membro meno sviluppato dell’Ue a 27. Ad esempio il Montenegro, il più avanzato tra i candidati, ha un Pil pro capite pari solo al 50 per cento della media europea.
La Presidenza Von der Leyen ha rimesso al centro delle priorità europee l’adesione dei nuovi membri, facendo passi avanti verso l’inclusione dei Balcani occidentali (tra cui Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Macedonia del Nord) e dei Paesi del versante est (Ucraina, Moldavia e Georgia).
L’UNIONE EUROPEA E LA POLITICA DI COESIONE DEL FUTURO
L’attacco russo all’Ucraina ha reso del resto l’allargamento dell’Unione europea “una scelta strategica».
Quindi non solo un progetto economico per competere con i grandi del mondo, che hanno sempre più un’idea di politiche che privilegiano il proprio Paese, racchiuso nello slogan “America first”, ma una visione sempre più necessaria per non diventare dipendenti dal capitalismo privato, come si evidenzia anche dal ruolo assunto dai grandi miliardari come Elonn Musk, e una necessità per evitare che nuovi dittatori possano perseguire mire espansionistiche.
Tale programma, che prevede l’ingresso di nuovi Stati, socialmente ed economicamente fragili, potrebbe provocare la diminuzione delle risorse dedicate ai grandi Paesi tradizionalmente beneficiari, come Italia e Spagna.
Andrés Rodríguez-Pose, geografo economico alla London School of Economics and Political Science, ha ricevuto dalla Commissione Europea l’incarico di pensare la politica di coesione del futuro oltre il 2027. Si è capito che siamo in presenza di “sfide multiple» , cioè che insieme alla crescita tout court é necessario che essa sia indirizzata a supportare una transizione verde e che sia coerente con il piano Draghi.
Temi che riguarderanno l’attività del Vicepresidente Esecutivo Raffaele Fitto, che considerato che ha la delega alla coesione, dovrà gestire proprio questa trasformazione. E Raffaele Fitto lo sa bene e nelle sue dichiarazioni e nelle audizioni ne fa oggetto di riflessione.
A fianco alla quantità di risorse da destinare, il tema che diventa fondamentale è quello della centralizzazione della politica di coesione nel nuovo budget dell’Ue, che coprirà il settennato 2028-2034.
DALLE REGIONI
Il Comitato delle Regioni ha già ribadito in più occasioni il suo “no” alla nazionalizzazione della gestione di una delle voci di spesa più importanti dell’Unione. Perché In questo modo la responsabilità di decidere l’allocazione dei fondi europei verrebbe trasferita dal livello di governo locale a quello nazionale, e le Nazioni otterrebbero le varie tranches di finanziamenti completando una serie di riforme concordate in anticipo con l’esecutivo comunitario, proprio come accade col PNRR.
Una idea che potrebbe rivelarsi pericolosa perché lascerebbe agli Stati membri la divisione delle risorse alle singole Regioni, come è avvenuto con il PNRR, che in tal modo ha difficoltà a raggiungere, per esempio in Italia, la percentuale di assegnazione teorica del 40%.
In realtà, piuttosto che ad una centralizzazione bisognerebbe passare dal disimpegno automatico, che è ancora presente nella impostazione del PNRR, alla sostituzione dei poteri, dando la possibilità alle Regioni di gestire autonomamente, con delle scadenze ben precise, tranne che sostituirsi ad esse nel caso in cui non riescono a raggiungere gli obiettivi nei tempi indicati.
E prevedere anche un controllo su un argomento del quale si parla poco, ma che è fondamentale, e che è il problema che in alcuni Paesi, soprattutto quando non vi è omogeneità tra i vari territori, e cioè di evitare che i fondi provenienti dall’Unione Europea, che dovrebbero essere aggiuntivi rispetti a quelli ordinari, diventino sostitutivi.
Cosi è avvenuto in Italia, come è dimostrato dalla spesa pro capite nelle diverse parti del Paese che dovrebbe essere maggiore nella realtà meridionale, considerato le risorse comunitarie e che invece continua ad essere inferiore.
LE SORTI DELLA BASILICATA E NON SOLO, CHE POTREBBE RIMANERE FUORI DAI FONDI EUROPEI
Intanto a breve le Regioni italiane beneficiarie dei fondi Ue di coesione potrebbero scendere da sette a quattro perché la Basilicata, il Molise e la Sardegna potrebbero uscire.
Ma non si tratta di una “promozione” dovuta all’accelerazione di crescita e sviluppo. Esse non saranno più in questa situazione solo perché, con l’ingresso dei nove Paesi dell’Europa dell’Est candidati, sarà la media del reddito pro capite Ue ad abbassarsi.
Peraltro uno studio appena pubblicato dal think tank Bruegel, di Bruxelles identifica nell’Italia e nella Spagna i due Paesi che avranno più da perdere.
Secondo gli Autori del report, i fondi di coesione passerebbero dagli attuali 393 miliardi approvati per il settennio 2021-2017 a 422 con la Ue-36, ma, a fronte di un’aggiunta di 61 miliardi, ci sarebbe una riduzione per gli attuali 27 membri di 32 miliardi. il risultato finale sarebbe un budget di 422 miliardi. Italia e Spagna perderebbero 9 miliardi a testa per l’intero periodo, il Portogallo 4 miliardi, Ungheria e Romania all’incirca 2 miliardi a testa.
Quindi, nel complesso, il bilancio Ue dovrebbe necessariamente ampliarsi: Bruegel ipotizza che passerà dagli attuali 1.211 miliardi a 1.356 miliardi di euro.
Ma il tema fondamentale è quello di accelerare il processo di sviluppo del Mezzogiorno, perché il tempo non è una variabile indipendente ed è evidente che gli aiuti importanti che l’Unione per anni ha destinato alle aree ritardate dovranno essere indirizzati verso i nuovi entranti. Per questo diventa fondamentale nelle nostre aree l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area per far sì che l’accelerazione del processo di sviluppo diventi effettiva.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
TI potrebbe interessare
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA