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Dopo mesi di stallo, il Parlamento dovrebbe nominare i giudici mancanti, così la Consulta rinvia al 20 gennaio il voto sull’ammissibilità dei referendum relativi all’autonomia differenziata


Oggi potrebbe essere la volta buona per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale di competenza parlamentare.
Alle ore 13 è infatti convocato il Parlamento in seduta comune per la ricomposizione del plenum della Consulta. Si tratta del tredicesimo scrutinio per un giudice e del quarto per tre giudici, ma il quorum resta ancora pari ai tre quinti. Le possibilità di una fumata bianca sono legate all’accordo in via di definizione tra maggioranza e opposizione, dopo mesi di stallo.

I DUBBI DI OPPORTUNITÀ

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era intervenuto all’inizio di settembre per invitare le forze politiche a superare uno stallo che rischia di ledere le capacità decisionali della Corte.
Bisogna sottolineare che le deliberazioni assumono validità con la presenza nella seduta di almeno undici giudici, vale a dire la composizione attuale del collegio dopo le ulteriori tre uscite del 10 dicembre scorso.
La Consulta, in una nota dai toni non esattamente concilianti, dichiarava: «Considerata la convocazione per martedì 14 gennaio del Parlamento in seduta comune per l’elezione di quattro giudici costituzionali, il Presidente facente funzioni della Corte costituzionale, Giovanni Amoroso, ha firmato il decreto con cui si posticipa dal 13 al 20 gennaio, termine ultimo previsto per legge, la camera di consiglio partecipata in cui verrà giudicata l’ammissibilità dei referendum abrogativi richiesti e ritenuti conformi alla legge dall’Ufficio centrale per i referendum della Corte di cassazione».

Due giudici vicini al centrodestra, uno al centrosinistra e un tecnico

Una presa di posizione che arriva dopo svariate richieste al Parlamento di ottemperare al dovere di elezione dei quattro giudici mancanti, o meglio del giudice vacante da più di un anno e degli altri tre che si sono aggiunti da qualche settimana.
Abbiamo assistito a uno “stallo all’italiana” che potrebbe vedere la fine proprio oggi (14 gennaio 2025), quando, a meno di sorprese, sarà rispettato lo schema 2-1-1 previsto, e cioè due giudici dell’area di centrodestra, uno vicino al centrosinistra e un tecnico.
Questo passaggio induce però una serie di osservazioni sulle quali è bene riflettere. Era giusto concedere a un Parlamento fortemente ritardatario una ulteriore finestra per adempiere a un obbligo rispetto al quale si era registrato un grave ritardo, rinviando la decisione sul referendum all’ultimo giorno utile previsto?
E inoltre, è opportuno che i quattro giudici, nominati oggi, partecipino alla deliberazione su una vicenda così delicata avendo poche ore per formarsi una opinione? Sempre che siano stati per tempo completati tutti gli adempimenti per il loro legittimo insediamento entro domenica 19 gennaio, per partecipare alla seduta deliberativa del 20 gennaio.

TEST SULLA CONTINUITÀ

Non si corre il rischio, visto l’esiguo tempo a disposizione, che l’espressione di voto dei quattro giudici si formi più sulla base delle posizioni delle forze politiche che non rispetto all’indipendenza di valutazione che rappresenta il valore aggiunto determinante nel modello organizzativo e decisionale della Corte?
Abbiamo visto e apprezzato il prezioso lavoro svolto dalla Corte costituzionale in questi decenni di conflittualità permanente tra Stato e Regioni dopo l’approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione. E l’equilibrata sentenza n° 192/24 che ha visto l’autonomia differenziata ricondotta entro i limiti dei valori costituzionali.
È interesse determinante della continuità repubblicana che questo metodo prosegua. Il passaggio stretto tra le nomine di oggi e la decisione di lunedì prossimo saranno un banco di prova molto importante.


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