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Giorgia Meloni ed Elon Musk

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Mentre la missione lampo da Trump era ancora in corso, è stato dato l’annuncio, sebbene smentito dopo quasi 24 ore da palazzo Chigi, di un accordo commerciale tra il governo e la società a di Elon Musk.



Un viaggio che doveva restare “riservato” nell’ambito della trattativa per liberare Cecilia Sala non solo è diventato subito pubblico, ma ha scatenato un putiferio di effetti collaterali di cui sarà complicato, per la premier Meloni, riprendere il controllo.
Certo, se nel giro di ore, qualche giorno, diciamo entro il 15 gennaio, la giornalista italiana dovesse essere liberata e almeno messa ai domiciliari in ambasciata a Teheran, saremmo tutti disposti a chiudere uno e anche due occhi sul “pasticciaccio” di Mar o Lago, il quartiere generale di Trump in Florida.

MUSK ED EFFETTI COLLATERALI


Proviamo a mettere in fila questi “effetti collaterali”. Il primo: mentre la mission lampo da Trump era ancora in corso, è arrivato l’annuncio, sebbene smentito dopo quasi 24 ore da palazzo Chigi, di un accordo commerciale per un miliardo e mezzo tra il governo e Space X, la società di Elon Musk. Che sarebbe in grado, tramite i satelliti di Starlink, di garantire connessione sicura e protetta alla reti diplomatiche e della Difesa italiana.
Il secondo: Elisabetta Belloni, direttore del Dis, e quindi la numero 1 della nostra intelligence, ha già dato le dimissioni a fine dicembre, nel pieno del dossier Sala, che saranno operative dal 15 gennaio.
Il terzo: Bruxelles e le cancellerie europee osservano con sospetto questa fuga in avanti della presidente del Consiglio di un Paese fondatore dell’Europa come l’Italia alla corte di Donald Trump perché ogni trattativa “personale” indebolisce il peso dell’Europa e apre dei varchi pericolosi nell’altra trattativa, quella per una pace giusta in Ucraina.


Non è un caso che, a parte Orban, Meloni sia l’unica che abbia messo piede nella residenza di Trump: non andrà a Washington per la cerimonia di insediamento – nessun leader europeo sarà presente – ma è la seconda volta in un mese che Meloni prende un volo di Stato per andare a cena con Trump e il suo Doge (responsabile del Dipartimento per l’efficienza) Elon Musk, prima a Parigi e poi in Florida. Trump ha indicato Meloni, lo ha fatto anche ieri, come «la leader fantastica per la sua energia con cui ha conquistato l’Europa». Sarebbe, la nostra premier il “ponte” e la via breve con cui la Casa Bianca interloquirà con Bruxelles.
Ma attenzione, perché un privilegio e un’occasione – sempre meglio avere canali diretti che non averne affatto – può diventare un handicap se non gestito con misura.
Infine, c’è un quarto effetto collaterale: la missione in Florida sarebbe avvenuta all’insaputa della Farnesina e del ministro titolare, nonché vicepremier, Antonio Tajani. Un’altra ferita da curare all’interno della maggioranza.

IL VERO SCOPO DEL VIAGGIO


Ma veniamo al vero motivo del viaggio lampo – 5 ore il tempo di permanenza in Florida – ovvero aprire un varco per la liberazione di Cecilia Sala. La giornalista è sempre detenuta e in isolamento nel carcere di Evin. Il ricatto in cambio della liberazione dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini arrestato in Italia su ordine dell’Fbi con l’accusa di terrorismo è ormai su tavolo da giorni. Ieri il ministero degli Esteri iraniano ha ribadito che Cecilia è “accusata” di aver infranto le leggi islamiche, ma non è stato specificato quali leggi e perché. Teheran ha però precisato che «non c’è alcun collegamento» tra Sala e Abedini. Un messaggio inatteso che, secondo gli analisti, «è solo un modo per alzare ancora di più il prezzo».
Da quel poco che è trapelato – venerdì pomeriggio la famiglia aveva chiesto il silenzio stampa per tutelare le trattative – si percepisce un «cauto ottimismo». Ovvero, Trump avrebbe lasciato intendere che Abedini non sarebbe una figura “indisponibile”. Tradotto: Washington potrebbe anche valutare di non irritarsi troppo se venisse messo agli arresti domiciliari. Contrariamente a quanto è scritto nella documentazione arrivata dalla corte di giustizia del Massachusetts che ha firmato il suo arresto.
Si tratta ora di aspettare il 15 gennaio, giorno dell’udienza della Corte d’appello di Milano che deciderà sugli arresti domiciliari. Nel caso i giudici dovessero confermare l’arresto in carcere, il ministro Nordio ha dieci giorni di tempi per attivare l’articolo del codice di procedura penale che consente al Guardasigilli una decisione autonoma e diversa da quella dei giudici. È chiaro che Roma non può fare questo senza il silenzio-assenso di Washington. A quel punto, nella doppia trattativa con Washington e con Teheran, Roma deve avere la certezza che la scarcerazione e i domiciliari dell’uno siano contestuali a quelli di Cecilia. Tutto questo è legato a un filo sottilissimo che una solo parola di troppo o sbagliata potrebbe spezzare. Ben venga il silenzio.

L’AFFARE STARLINK


Il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano ha riferito su questo ieri per oltre due ore al Comitato parlamentare dei servizi segreti. Il punto è che il sottosegretario è stato sollecitato anche sui vari “effetti collaterali” della missione in Florida. Uno soprattutto: gli accordi economici in corso tra il governo italiano ed Elon Musk.
Il comunicato diffuso ieri mattina da Palazzo Chigi infatti smentisce un accordo già in essere del valore di un miliardo e 500 milioni di euro. Conferma, però, una trattativa in corso. Su cui il governo è stato interrogato più volte – il primo è stato il senatore Enrico Borghi, capogruppo di Iv a palazzo Madama, che è anche membro del Copasir; analoga interrogazione è stata fatta dai senatori Pd – senza mai dare risposta.
L’inchiesta della procura di Roma su Sogei, indagine che ha coinvolto anche l’uomo di Musk in Italia, Andrea Stroppa, ha fatto emergere come da circa un anno palazzo Chigi, con il coordinamento del consigliere militare della premier, Franco Federici, stia mettendo a punto un accordo che vede coinvolto Musk e le sue controllate Space X e Starlink, e i dicasteri della Difesa, degli Esteri e il Dis di Elisabetta Belloni.
L’accordo di cui si parla nell’inchiesta della procura di Roma, riguarda proprio una rete satellitare di connessione superprotetta messa a disposizione da Musk per i nostri apparati più strategici e per i nostri dati più sensibili.
A proposito dei multimiliardari che hanno gli strumenti per governare il mondo. Nei mesi scorsi, lo stesso governo non ha fatto mistero di voler affidare a Musk e alla sua Starlink la finalizzazione di uno dei progetti chiave del Pnrr: la digitalizzazione delle zone “grigie” dell’Italia, quelle che non riusciamo a raggiungere con la banda larga. Anche qui si tratta di un accordo intorno al miliardo di euro. In ogni caso, Musk ieri ha detto di essere pronto a mettere a disposizione le connessioni richieste. E Matteo Salvini l’ha definita «una bella notizia».
Le opposizioni – il primo a chiederne conto è stato Matteo Renzi – pretendono spiegazioni in Parlamento. La premier non se la potrà cavare con un comunicato. Le dimissioni di Belloni, comunque, a sei mesi dalla pensione, potrebbero essere legate anche a “divergenze” su questi accordi con Musk. Di sicuro, Belloni non ha gradito la guerra che il vicepremier Tajani le ha fatto quando il suo nome ballava per un posto da ministro.


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