X
<
>

La vittima Soumaila Sacko

Share
2 minuti per la lettura

VIBO VALENTIA – “Mentre eravamo sul tetto, intenti a prelevare dei pannelli, abbiamo udito un colpo di fucile che ci ha allarmati. Avendo percepito da dove arrivasse, mi sono girato e ho visto un uomo a distanza, in posizione sopraelevata che ci osservava puntandoci il fucile contro. Ho avvertito Sacko di ripararci ma lui è stato colpito alla testa. Quell’uomo si è poi spostato per avere una migliore visuale. Vidi che l’altro mio connazionale Fofanà, venire attinto e subito dopo allontanarsi lo sparatore”.

SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SULLA MORTE DI SOUMAILA SACKO

È il racconto che Madhieri Dramé fa ai carabinieri nell’immediatezza dell’uccisione di Soumayla Sacko (LEGGI LA NOTIZIA). Un racconto drammatico nel corso del quale fa emergere altri aspetti della vicenda come la presenza di altri due extracomunitari sul luogo dell’ex Fornace subito dopo il delitto, che vivevano in un casolare nel terreno di Fortunato Pontoriero, padre dell’indagato Antonio Pontoriero, e soprattutto quella dell’indagato nella stessa struttura sita a pochi metri dal fondo in cui insiste l’ex fabbrica. Presenza che lo stesso maliano non si aspettava di trovare in quanto riteneva che quell’uomo si fosse allontanato. E a lui chiese di poter soccorrere con la sua auto l’amico agonizzante sentendosi rispondere “che non ne voleva sapere nulla”.

I familiari di Pontoriero, una volta convocati presso la Compagnia di Tropea, a seguito della notifica del sequestro della Fiat Panda del congiunto (Difeso dall’avvocato Franco Muzzopappa) (LEGGI LA NOTIZIA DEL FERMO), avrebbero cercato di concordare delle versioni facendo cenni di “togliere il colpo dopo aver sparato (“quando sparano tolgono il colpo, toglilo questo colpo”, il cui riferimento appare chiaramente collegabile alla circostanza che sulla scena del crimine sia stato rinvenuto proprio un bossolo finito nel cespuglio di fianco al punto di esplosione dei colpi”.

In un altro passo della conversazione captata, si mette in evidenza la volontà della sorella dell’indagato di “coprire” il fratello non raccontando nulla: “Io non “canto”, gli dico che mio fratello è un lavoratore; tuttavia tra gli stessi inizia a farsi largo la preoccupazione in ordine alla rilevanza mediatica che il fatto sta prendendo, valutando altresì la possibilità di orientare l’informazione mediante qualche “giornalista buono”: “Dobbiamo trovare il giornalista giusto… per questo ci impegniamo… adesso vediamo le cose come vanno, qua… adesso ci sta troppo movimento”.

Share
quotidianodelsud

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE