Costruzioni ferroviarie
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Condanne e quindi pene definitive per le infiltrazioni dei clan di Isola nei subappalti ferroviari. La decisione della Cassazione
ISOLA CAPO RIZZUTO – Quattro condanne diventano definitive e altre quattro sono state annullate con rinvio, in tre casi su ricorso della Procura generale. Lo ha deciso la Corte di Cassazione nel processo col rito abbreviato scaturito dall’inchiesta che avrebbe fatto luce su presunte infiltrazioni delle famiglie di ‘ndrangheta Arena e Nicoscia di Isola Capo Rizzuto nei subappalti delle costruzioni ferroviarie e su un presunto regime di monopolio che prevedeva la spartizione delle commesse da parte di colossi del settore che gestiscono i lavori di manutenzione della Rete ferroviaria italiana. Diventa definitiva l’assoluzione di Antonella Petrocca, in primo grado condannata a 3 anni e 4 mesi. Altre tre assoluzioni disposte dalla Corte d’Appello di Milano non erano state impugnate dall’accusa.
ANNULLAMENTI CON RINVIO
Su ricorso del pg annullate con rinvio le pene di 1 anno e 8 mesi ciascuno per Alfonso Aloisio (che in primo grado ebbe 4 anni e 2 mesi), Antonio Aloisio (6 anni e 6 mesi), che erano state rideterminate in quanto ritenuti meri partecipi dell’associazione a delinquere. Va rivalutata nel processo d’appello bis anche la pena di 2 anni e 6 mesi per Gianluigi Petrocca (in primo grado ebbe 6 anni). Pena rideterminata per l’esclusione dell’aggravante mafiosa. Annullata con rinvio, su ricorso della difesa, la pena di 1 anno e 4 mesi per Francesco Catizzone (in primo grado 1 anno e 9 mesi).
INFILTRAZIONI DEI CLAN DI ISOLA NEI SUBAPPALTI FERROVIARI, CONDANNE E PENE DEFINITIVE
Diventano definitive, essendo respinti i ricorsi difensivi, le pene di 2 anni e 4 mesi per Angelo Mancuso (in primo grado ebbe 3 anni); di 3 anni e 2 mesi per Domenico Riillo (5 anni e 6 mesi); di 5 anni e 4 mesi per Leonardo Villirillo (6 anni e 4 mesi); di 10 mesi per Nicola Pittella (1 anni e 4 mesi). Passano in giudicato le pene, già confermate in Appello, per Francesco Aloisio, a 4 anni e 8 mesi, e Maurizio Aloisio, a 7 anni. Continua a reggere l’aggravante mafiosa per i fratelli Aloisio.
LE ACCUSE
Le accuse erano, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa perché, con un sistema di incassi in nero, società riconducibili ai clan, attive tra il Varesotto e Isola Capo Rizzuto, avrebbero sostenuto affiliati detenuti e le loro famiglie. «Ventura ha tutta la Calabria, Morelli ha tutta la Campania e Esposito ha tutta la Sicilia, Rossi ha tutto il Nord Italia». Questa l’intercettazione chiave nell’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano e Varese.
Stando alle indagini, numerose imprese intestate a prestanome e riconducibili alle cosche isolitane avrebbero ottenuto in subappalto lavori che Rfi, costituita parte civile nel procedimento, appaltava a imprese leader del settore come Generale Costruzioni Ferroviarie spa (Gcf) del Gruppo Rossi. Il modus operandi, secondo l’accusa, era quello del distacco della manodopera e nolo a freddo dei mezzi, grazie alle società del gruppo di imprese delle famiglie Aloisio e Giardino, ritenute contigue ai clan e fittiziamente intestate a prestanome.
RITO ABBREVIATO
Ma è appena il caso di ricordare che nel parallelo processo contro i big del settore ferroviario Maria Antonietta Ventura, presidente del cda dell’omonimo Gruppo, già candidata da centrosinistra e Cinque Stelle alla presidenza della Regione Calabria, ma ritiratasi poi dalla corsa, è stata assolta insieme a Pietro Ventura. Altri colossi del comparto finiti sotto accusa sono stati rinviati a giudizio.
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LA DIFESA
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Roberto Coscia, Anna Marziano, Pino Napoli, Mario Nigro, Fabrizio Salviati, Salvatore Staiano, Valerio Vianello Accorretti, Luigi Villirilli. Alcuni di loro saranno, dunque, impegnati anche nel processo d’appello bis che dovrà celebrarsi al tribunale di Milano.
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