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Bruxelles, 19 dic. (askanews) – Alla vigilia della sentenza nel processo per il caso Open Arms che vede imputato il vice premier Matteo Salvini, è ancora la questione dei migranti al centro dell’attenzione tra Roma e Bruxelles.

Nella capitale belga, a margine del Consiglio europeo, Giorgia Meloni (febbricitante) ha partecipato alla seconda riunione informale promossa insieme ai colleghi danese e olandese Mette Friedriksen e Dick Schoof. Hanno preso parte all’incontro anche i leader di Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia e Ungheria, oltre a Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione ha dettagliato i contenuti della lettera sulla migrazione dello scorso lunedì, concentrandosi in particolare sulla proposta di “nuovo quadro giuridico in tema di rimpatri” che la Commissione intende presentare nei primi mesi del 2025. La premier ha auspicato la sua “rapida presentazione e finalizzazione”, ribadendo anche la necessità di continuare a lavorare sulle cosiddette “soluzioni innovative”, come il ‘modello Albania’. Per far questo, però, ha sottolineato, serve anche un “rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro”, senza il quale iniziative come i centri di Shengjin e Gjader sono destinate a non decollare.

A testimonianza dell’urgenza di questo tema, per il governo, sono le notizie che, nel frattempo, sono arrivate dall’Italia, dove la Corte di Cassazione ha dato ragione al Tribunale di Roma, stabilendo che un giudice può “eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei Paesi sicuri”. Nessuna reazione alla sentenza è arrivata da Palazzo Chigi, mentre è il neo capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami a cercare di minimizzare, affermando che “la sentenza della Corte di Cassazione conferma, semmai ve ne fosse stato bisogno, quello che noi diciamo fin dall’inizio: i provvedimenti dei giudici non possono produrre effetti erga omnes, ma limitatamente ai singoli casi che si trovano ad affrontare”.

Comunque sia, la decisione della Cassazione pone un ulteriore problema all’esecutivo, sul tema che è il cuore del programma politico del centrodestra come testimonia la decisione della premier di non annullare la presenza al summit Nord-Sud di sabato e domenica in Lapponia. Oggi Meloni accusava “un intenso stato influenzale”, con febbre alta. Tanto che dopo la sessione dedicata all’Ucraina con la presenza del presidente Volodymyr Zelensky (a cui i leader hanno ribadito “pieno sostegno”) ha lasciato l’Europa Building per rientrare in albergo. Per rappresentarla nei lavori ha indicato il greco Kyriakos Mitsotakis. Riposerà fino a domani, ma partirà poi per Saariselka, per l’incontro su sicurezza e migrazioni con lo stesso Mitsotakis, i primi ministri finlandese Petteri Orpo e svedese Ulf Kristersson e l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Kaja Kallas. Del resto, si fa notare, è stata lei stessa a lavorare per organizzare l’incontro, nella convinzione che Finlandia-Svezia e Italia-Grecia si trovino a fronteggiare sfide diverse ma accomunate da un dato: essere i confini dell’Ue (e della Nato) al Nord e al Sud. Confini che – ha detto più volte – devono essere “difesi” con il contributo di tutti i membri.

Da rilevare, nella giornata, anche quella che sembra possa essere letta come una ‘apertura’ della Commissione sul tema dell’automotive. Italia, Repubblica Ceca ed altri Paesi hanno chiesto da tempo un intervento urgente, bloccando le multe per le emissioni alle case costruttrici e rivedendo l’impianto del green deal, in particolare per quanto riguarda lo stop al motore endotermico dal 2035, sposando il principio della “neutralità tecnologica”. In questo senso viene letto l’annucio dell’avvio, da gennaio, di un “dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica” e in particolare le espressioni usate di “strategia olistica” e “approccio tecnologico aperto”.

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