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Il sud rinuncia a curarsi: il 60% delle famiglia che tagliano sulle spese sanitarie sono meridionali, i redditi sono inadeguati
Il 60% delle famiglie che tagliano sulle spese sanitarie sono famiglie meridionali. Ad indicare, sottolinea Nomisma nel resoconto del suo Osservatorio “Sguardi familiari 2024”, ambiti sociali caratterizzati da elevata fragilità. Accanto a condizioni sociali più esposte a povertà ed emarginazione – a dover risparmiare su visite e cure per insufficienza di reddito sono anche le c.d. famiglie sandwich, strette cioè tra la cura dei figli piccoli e dei genitori anziani (70%), e i genitori soli con figli (60%) – resta quindi il risiedere nelle regioni del Sud.
Il dato fa parte di una ricerca più ampia dell’Osservatorio su nuclei familiari e redditi, secondo la quale quasi il 60% delle famiglie italiane ritiene il proprio reddito inadeguato rispetto alle necessità primarie, legate oltre che alla salute, anche all’istruzione, al welfare e alla cultura.
IN CRISI ANCHE IL SETTORE WELFARE
E proprio il welfare è l’altro grande versante in crisi, per il quale prevale il “fai da te”, dal momento che il 58% degli intervistati trova sostegno nella stessa rete familiare e solo la metà nei servizi pubblici; una famiglia su 5 ha responsabilità di cura verso familiari non autosufficienti e una famiglia su 10 non riuscirebbe ad affrontare la nascita di un figlio. Ma se si esaminano più da vicino le condizioni dei nuclei familiari con presenza all’interno di persone fragili, il quadro peggiora di nuovo e sensibilmente per il Sud e le Isole. Se infatti il 6% delle famiglie italiane ha al proprio interno anziani non autosufficienti, nel 17% dei casi nel nucleo familiare dell’intervistato ci sono persone disoccupate (persone cioè in età lavorativa che non lavorano pur cercando un’occupazione).
Una percentuale che nel Mezzogiorno schizza al 29%. E se il 12% si occupa regolarmente di persone non conviventi, il dato sale al 16% nel Sud e nelle Isole, ad indicare ancora una volta l’insufficienza della rete socio-sanitaria e assistenziale nelle regioni meridionali.
SITUAZIONE ECONOMICA FAVOREVOLE MA I REDDITI ANCORA INADEGUATI
“La congiuntura economica è favorevole, ma questo non sembra più sufficiente per garantire il benessere di tutti”, sottolinea Marco Marcatili, direttore sviluppo di Nomisma e responsabile dell’Osservatorio Sguardi Familiari. Perché, dati alla mano, nonostante un’inflazione al di sotto del 2% e l’occupazione, compresa quella femminile, cresciuta fino al 62,5%, oltre la metà delle famiglie italiane (il 59% per la precisione) considera inadeguato il proprio reddito di fronte a esigenze indifferibili proprie e dei propri cari. E a un 15% di famiglie che giudicano il proprio reddito insufficiente, si somma un ampio 44% che valuta le proprie entrate appena sufficienti per arrivare alla fine del mese.
Tra queste, il 62% rileva una sproporzione tra redditi e costo della vita, mentre 1 famiglia su 5 lamenta spese per la casa particolarmente elevate. Nel complesso, tale quota copre oltre l’80% delle famiglie in difficoltà (percentuale in crescita di 3 punti rispetto alla scorsa rilevazione). Nel contempo, diminuiscono dal 10 all’8% le famiglie che denunciano difficoltà lavorative come elemento determinante della condizione di insufficienza del reddito.
Redditi inadeguati cosa incide negativamente
“L’Italia paga il blocco pluridecennale della produttività e la mancata crescita delle retribuzioni – spiega Marcatili – Tra 2013 e 2023 le retribuzioni lorde sono cresciute la metà (16%) rispetto alla media europea (30,8%) e il potere d’acquisto risulta addirittura calato (-4,5%) con la recente ondata inflattiva. Il rinnovo dei contratti collettivi e gli adeguamenti Ipca non colmano se non parzialmente la misura di quanto perso in termini di potere d’acquisto con l’inflazione, con una vera e propria erosione dei risparmi, a danno di molte famiglie. L’aumento del ricorso alla cassa integrazione (+23% nei primi nove mesi 2024) sulla carta lascia invariata l’occupazione, ma incide negativamente sui redditi e sulle aspettative verso il futuro”.
Non a caso, malgrado gli indicatori positivi del mercato del lavoro, il 42% delle famiglie ritiene che la propria condizione economica sia peggiorata negli ultimi 12 mesi. Il venir meno del Reddito di Cittadinanza, sostituito dall’Assegno di inclusione e dalle politiche attive previste con il Supporto formazione-lavoro incontra lo scetticismo della maggioranza (solo il 28% del campione esprime fiducia in tali misure).
AL SUD PEGGIORA LA SITUAZIONE GIA’ GRAVEMENTE COMPROMESSA
In generale, se la perdita di potere d’acquisto sta determinando rinunce rilevanti da parte delle famiglie italiane nel 2024 – l’85% ha tagliato le spese per il tempo libero, il 72% ha ridotto i consumi culturali, il 67% le attività sportive, una famiglia su due ha dovuto ridurre le spese sanitarie, il 28% ha tagliato sulle spese per l’istruzione, una famiglia su 10 dichiara che non potrebbe far fronte economicamente alla nascita di un figlio e una famiglia su 6 non riuscirebbe ad affrontare la perdita di autonomia di un proprio componente – tali rinunce devono essere lette al Sud come il peggiorare di una situazione già gravemente compromessa in quanto a sanità (con conseguente mobilità sanitaria verso le regioni del Nord o di rinuncia assoluta di cure), povertà educativa, disoccupazione giovanile e progressivo ma costante spopolamento sia in termini demografici che di competenze e quindi di reddito territoriale futuro.
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