Il fango dell’invaso a secco nella diga del Camastra
INDICE DEI CONTENUTI
Da quasi vent’anni sono state prodotte numerose ricerche che avanzano proposte
per eliminare il dannoso fango dalla diga del Camastra
POTENZA – Sono quasi vent’anni che la scienza – evidentemente finora inascoltata – avverte le amministrazioni lucane: c’è bisogno di rimuovere i sedimenti dalla diga del Camastra. Studi e ricerche ammonivano sul danno alle capacità di stoccaggio dell’invaso e suggeriva le soluzioni per risolvere il problema, oltretutto ribaltandolo e indicandolo come risorse. Ma niente è accaduto nel frattempo.
LA MASSA DI FANGO NELLA DIGA DEL CAMASTRA
Se nella diga del Camastra non ci fosse quella massa di fango che si è accumulata nei decenni, forse non staremmo qui a parlare di crisi idrica e potabilità delle acque del Basento. A passare oltre metà delle 24 ore con i rubinetti a secco, a ricordare con nostalgia il miracolo quotidiano dell’acqua corrente a cui prima non facevamo caso.
I sedimenti del Camastra sono un problema notevole e ne hanno praticamente dimezzato il volume da destinare all’accumulo di risorsa idrica.
Ultimo fra gli studi – la pubblicazione risale a meno di un anno fa – è Estimation of Silting Evolution in the Camastra Reservoir and Proposals for Sediment Recovery, ossia Stima dell’evoluzione dell’interramento nel bacino del Camastra e proposte di recupero dei sedimenti, autori tre esponenti del Politecnico di Bari (Audrey Maria Noemi Martellotta e Alberto Ferruccio Piccinni del dipartimento di Ingegneria civile, ambientale, del territorio, edile e di chimica; Francesco Gentile del dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti) e Daniel Levacher della University of Caen Normandy.
I ricercatori, sul Journal of Marine Science and Engineering, hanno fatto il punto su questa situazione allarmante. Hanno utilizzato tecnologie avanzate per monitorare il fenomeno e proporre soluzioni innovative che possano unire sostenibilità ambientale ed efficienza economica.
Secondo i dati raccolti dai ricercatori italiani e francesi, negli ultimi decenni il volume morto del bacino (ovvero lo spazio occupato dai sedimenti) è aumentato in modo significativo, arrivando a superare il 50 per cento della capacità originaria. Questo significa appunto che la quantità di acqua stoccabile si è dimezzata, con gravi ripercussioni sull’approvvigionamento idrico.
ULTIMO STUDIO SUL CAMASTRA DA STUDIOSI DEL POLITECNICO DI BARI
Lo studio, basato su indagini topografiche e batimetriche condotte nel settembre 2022, ha utilizzato tecnologie all’avanguardia, tra cui il drone Dji Matrice 300 Rtk con tecnologia LiDar Zenmuse L1 e rilievi multibeam. Grazie a questi strumenti, i ricercatori hanno ottenuto una mappatura dettagliata del fondale, stimando con precisione il volume dei sedimenti accumulati.
Ma non è tutto: il team ha anche applicato un modello predittivo per calcolare l’evoluzione del fenomeno nel tempo. I risultati sono preoccupanti. «La velocità di accumulo dei sedimenti sta aumentando, in parte a causa di eventi meteorologici intensi e brevi, che sono sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici», spiegano gli autori.
PROBLEMA GLOBALE
La sedimentazione nei bacini artificiali non è certo un problema di dimensioni locali. Già nel 2003, al World Water Forum di Kyoto, Ian Johnson della Banca Mondiale aveva lanciato l’allarme: le infrastrutture idriche costruite nel XX secolo rischiano di perdere rapidamente la loro funzionalità a causa dell’accumulo di sedimenti. Ed è esattamente ciò che sta accadendo al Camastra.
Un fenomeno che accelera con il clima che cambia: l’aumento dei sedimenti nel Camastra non è un evento casuale. Gli esperti hanno individuato una correlazione diretta tra l’accelerazione del fenomeno e i cambiamenti climatici in corso. Le piogge intense e concentrate, che si alternano a lunghi periodi di siccità, provocano un’erosione accelerata del suolo nelle aree circostanti. Il risultato? Appunto sedimenti in eccesso che si depositano nel bacino.
In tutta Italia, bacini simili stanno affrontando difficoltà analoghe.
MOLE DI DATI RACCOLTA SUL CAMASTRA
Ma ciò che distingue il Camastra è la quantità di dati raccolti. Negli ultimi anni sono stati condotti ben otto rilievi batimetrici (13 in soli sette anni), un record che rende il bacino un caso di studio unico nel panorama italiano.
Già nel febbraio del 2006 sul giornale Ecological Engineering esce A sediment-filter ecosystem for reservoir rehabilitation (Un ecosistema di filtraggio dei sedimenti per la riabilitazione dei bacini idrici) scritto da Maria Teresa Carone (dell’iMaa Cnr di Tito Scalo), Michele Greco e Bruno Molino (entrambi del dipartimento di Ingegneria e Fisica dell’ambiente, Università degli Studi della Basilicata).
Lo studio propone «un progetto per la riabilitazione del bacino artificiale. L’idea progettuale si articola in due fasi principali: il recupero dei sedimenti di fondo dell’invaso e la loro chiarificazione in un sistema di decantazione per restituire l’acqua al fiume a valle. Il sistema prevede la possibilità di riutilizzare i sedimenti recuperati ed è realizzato applicando tecniche di bioingegneria».
IPOTESI SUL TAVOLO
Quasi vent’anni fa non solo il problema era già stato posto con lucidità ma c’era anche, bello pronto, un piano per uscire fuori dall’impasse: «Un piccolo bacino idrico artificiale, costruito utilizzando tecniche di bioingegneria e di ingegneria idraulica. Questa struttura sarà in grado di catturare i sedimenti del bacino e restituirli al fiume a valle, funzionando quindi come un ecosistema filtro», spiegavano gli autori.
Da allora di ricerche e studi se ne sono avuti tanti. Ad esempio, sulle metodologie utili a determinare la massa dei sedimenti, come Stima della resa in sedimenti nei bacini montani del bacino di Camastra, Italia meridionale: un confronto tra diversi metodi empirici di Maurizio Lazzari, Maria Danese, Dario Gioia, Marco Picarreta e Antonio Lanorte del Cnr: l’idea è quella di validare le stime sui sedimenti per testare l’affidabilità dei metodi empirici nonché indagare le dinamiche evolutive dei bacini.
LA RIABILITAZIONE DELL’INVASO DEL CAMASTRA
O ancora, Riabilitazione di un invaso: un nuovo approccio metodologico per il calcolo della capacità di stoccaggio utile sostenibile di Annamaria De Vincenzo di Unibas (Ingegneria) e Bruno Molino dell’Università del Molise (dipartimento Agricoltura, ambiente e alimenti) che propongono uno strumento che consenta una rapida quantificazione del volume di sedimento che è necessario rimuovere.
E poi Sedimentazione negli invasi: valutazione dei periodi di ritorno relativi ai guasti operativi con la simulazione Monte Carlo di Luigi Cimorelli, Carmine Covelli, Annamaria De Vincenzo, Domenico Pianese e Bruno Molino, nel quale si applica al Camastra questo particolare metodo matematico basato su campionamenti casuali.
Cristos Xiloyannis, Assunta Maria Palese e Giuseppe Celano avanzano Proposte di utilizzo in agricoltura dei sedimenti degli invasi artificiali della Camastra e di San Giuliano, mentre Molino, Aurelia Sole e Giorgio Zuccaro ne fanno un’altra: impiegare il fango della Camastra per produrre cemento, risultando idoneo a sostituire l’argilla naturale come materia prima.
E torniamo allo studio iniziale, quello del gennaio 2024, che suggerisce diverse opportunità per la gestione dei sedimenti, una volta dragati.
La questione di fondo è che secondo gli autori le attuali tecniche di smaltimento, come il conferimento in discarica, non sono più sostenibili né dal punto di vista economico né da quello ambientale.
ALTERNATIVE DI STUDIO PER RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA DIGA DEL CAMASTRA
Tra le alternative più promettenti ci sarebbe il riutilizzo diretto in agricoltura, previa caratterizzazione chimica e granulometrica dei materiali. Un’altra possibilità è rappresentata dalle tecniche di stabilizzazione/solidificazione, che prevedono l’uso di geopolimeri per trattare eventuali contaminazioni e rendere i sedimenti idonei ad applicazioni nell’edilizia sostenibile.
Non manca, infine, l’ipotesi dell’upcycling: combinare i sedimenti dragati con residui agricoli per creare materiali utili, come compost per l’agricoltura o mattoni stabilizzati.
Sono solo ipotesi, per cui sarebbero necessarie ulteriori ricerche e una caratterizzazione approfondita dei sedimenti.
Ma la frequenza con la quale appaiono negli ultimi decenni lascia pensare che sia meglio sbrigarsi e programmare davvero la bonifica del Camastra, prima che sotto ai proverbiali ponti passi troppa acqua.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA