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La discussione sull’autonomia differenziata è tutt’altro che chiusa occorre mantenere alta l’attenzione, in gioco ci sono i 60 miliardi del Sud
“Spero che si possa aprire una strada col Governo per un altro tipo di autonomia quella non differenziata. Perché l’autonomia non deve essere differenziata. Se una competenza è giusto affidarla ai Comuni vale per Ravenna e vale per Salerno non c’è una differenza genetica fra i ravennati e i salernitani”.
Cosi parlò Michele De Pascale, nuovo presidente della regione Emilia-Romagna. Al di là dell’acquisizione, piuttosto recente per molti, che non vi sia una differenza lombrosiana tra i settentrionali e i meridionali, non acquisita purtroppo ancora da tutti, qualcuno vede in queste dichiarazioni una presa di distanza dalla posizione recente del PD, contro ogni forma di autonomia, successiva ad una colpevole iniziativa per la modifica del titolo V della Costituzione che ha dischiuso, anzi spalancato, per meri obiettivi elettorali di breve periodo, le porte alla legge Calderoli.
Se non ci fosse stato l’intervento della Campania, Puglia, Sardegna, e Toscana ma anche la presa di posizione per la raccolta delle firme per la richiesta di un referendum per la abrogazione della legge oggi continuerebbero a spadroneggiare Calderoli & C. D’altra parte il Nord del Paese, unito all’occorrenza nel Partito Unico del Nord, si era abituato ad una totale mancanza di reazione ai sonori ceffoni dati nel corso del tempo al Sud.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA E SUD, L’ATTEGGIAMENTO DELL’EMILIA ROMAGNA
La Conferenza delle Regioni aveva potuto, con la quasi assenza totale nelle riunioni dei governatori regionali, portare avanti accordi che potevano prevedere anche che se un Comune meridionale non aveva asili nido si poteva dire che non ne aveva bisogno. Per cui lo stupore per la presa di posizione e la mobilitazione della società meridionale nei confronti di un progetto di autonomia che avrebbe costituzionalizzata la spesa storica è stato grande. L’Emilia-Romagna, come sappiamo bene, con Stefano Bonaccini presidente, aveva ritenuto di aggregarsi, anche se con maggiore timidezza, alle richieste delle regioni azzurre.
Per cui ancora più sorprendente è stata la marcia indietro che ha dovuto fare per non essere complice di un progetto, l’autonomia differenziata, che non casualmente è stato chiamato “spaccapaese”. forse con la speranza recondita, neppure troppo nascosta, che alla fine sarebbe passata la legge e che in un futuro, magari non troppo lontano, si sarebbero potute chiedere forme di autonomia che consolidassero quella spesa storica inevitabile per continuare a gestire le Regioni settentrionali.
I 60 MILIARDI SOTTRATTI OGNI ANNO AL SUD
Perché il vero tema che va affrontato è che vi è una differenza di spesa pro-capite tra le varie parti del Paese, per cui se si dovesse realizzare pienamente la Costituzione repubblicana, che prevede che tutti gli individui siano uguali di fronte alla legge, abbiano gli stessi doveri e gli stessi diritti, il Nord dovrebbe restituire ogni anno 60 miliardi al Sud, come era stato calcolato dal Dipartimento per le Politiche di Coesione, voluto da Carlo Azeglio Ciampi, prima che il Governo di destra lo smembrasse, forse per evitare di avere una fonte prestigiosa di calcoli, che certamente aveva messo in difficoltà gli azzeccagarbugli nordici, che tentano in tutti modi di trovare algoritmi numerici per dimostrare il contrario di quello che si tocca con mano.
E cioè che le risorse che sono destinate al Mezzogiorno sono sempre molto contenute, come si vede dallo stato delle infrastrutture per la mobilità, porti, strade, e ferrovie o da quello della scuola, come il tempo pieno inesistente, o la dispersione scolastica al massimo o da quello della sanità, spesso in perenne commissariamento, ma con servizi talmente inadeguati da spingere i pazienti meridionali a prendere un volo low cost per essere curati con una buona speranza di guarire.
Senza contare il fatto che in media chi ha la fortuna di nascere a Sondrio rispetto a Reggio Calabria ha come dote alla nascita tre anni in più di probabilità di vita. Ma nessuno pensi di poter azzerare tale differenza della spesa pro capite, chiamata spesa storica, perché la conseguenza sarebbe la rivolta sociale. Come si pensa di equiparare il diritto agli asili nido che si ha a Reggio Emilia con quello che si ha Reggio Calabria senza provocare una sollevazione popolare?
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, UNA STRADA SBAGLIATA NON SOLO NEI CONFRONTI DEL SUD
Certamente la strada che avevano intrapreso, rendendo costituzionale l’esistenza di cittadini di serie A e di serie B, era e rimane sbagliata. Ma il problema esiste e l’unico modo per risolverlo è quello di avere tassi di crescita adeguati, che consentano di poter usufruire di quei 100 miliardi di cui si parla per poter avere perlomeno i livelli essenziali, se non quelli uniformi, di prestazioni nelle varie parti del Paese. Crescita possibile soltanto se metti a regime tutto il Sud, se attrai investimenti dall’esterno dell’area, soprattutto considerato che non è con l’azienda pubblica che puoi pensare di creare quei 3 milioni e passa di posti di lavoro necessari per avere lo stesso rapporto tra popolazione e occupati delle realtà a sviluppo compiuto.
Quindi nessuno si illuda di potere equiparare i servizi essenziali senza un ulteriore crescita, né di percorrere vie di fuga come quelle che un Nord bulimico ed arrogante cerca di proporre, abituato ormai da tempo ad avere un Sud remissivo, non reattivo e spesso parolaio. Ma anche i meridionali devono comprendere che, pur avendo tutti compreso che la Costituzione prevede che ognuno versi le imposte in funzione del proprio reddito in modo progressivo, non si può non tener conto che in alcune aree territoriali, ovviamente le più ricche, è facile arringare la gente sulla base di un campanilismo gretto che prevede che prevalga il motto: “ognuno padrone in casa propria“ oppure “ognuno si tiene le risorse che produce”.
URGENTE RICOMPORRE LE DIFFERENZE TERRITORIALI
Per cui in una visione illuminata, prima che gli interessi regionali prevalgano e possano portare a successive rotture, bisogna fare in modo che le differenze territorialI, così ampie, si ricompongano. Unica strada possibile perché l’unità economica e sociale del Paese si compia veramente. Per questo un governo saggio ed illuminato deve pensare che il problema/opportunità Sud non ha solo l’esigenza di essere risolto per affermare una giusta equità, ma perché è l’unica strada percorribile perché il Paese rimanga unito.
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