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Le forme della paura: a cinquanta anni dall’uscita de “Lo squalo”, Bini raccoglie in un libro per Rubbettino le tecniche del brivido di Hitchcock e Spielberg


Il cinema di suspense in tutte le sue varianti (horror, thriller) gode da sempre di grande popolarità. Ma perché amiamo così tanto essere spaventati, al punto che quando critichiamo negativamente questi film di solito la prima frase che ci viene in mente è: “non fa per niente paura”?
Questa domanda include ovviamente l’attrazione morbosa per scene violente e splatter, ma va molto al di là perché a ben vedere tantissimi film spaventosi o comunque profondamente inquietanti lo sono senza mostrare praticamente nulla. Lo studioso a questo punto potrebbe formularne una più squisitamente cinematografica, ovvero: “ma cosa caratterizza il film di suspense, e lo distingue da tutti gli altri?”

HITCHCOCK E IL THRILLER PSICOLOGICO

Alfred Hitchcock, non a caso chiamato il maestro del thriller psicologico, aveva risposto alla prima domanda in maniera inequivocabile che l’attrazione per il brivido ed il male rivela il lato oscuro che si nasconde in tutti noi. Ispirati dalle teorie freudiane (con in aggiunta un tocco di Dostoevskij), i suoi film mostrano che ogni essere umano è potenzialmente un essere perverso, un criminale, un assassino. Apparentemente nei suoi film ci sono personaggi positivi che lottano contro malvagi, certo, ma a ben vedere i secondi sono in genere l’alter-ego oscuro ed inconfessabile dei primi.
Esemplare in questo senso è La finestra sul cortile del 1954, in cui l’uxoricida che vive di fronte all’appartamento del protagonista (interpretato da James Stewart) può essere letto come la proiezione del desiderio inconscio di quest’ultimo di sbarazzarsi della bella ma invadente fidanzata ansiosa di accasarsi per riguadagnare la libertà minacciata (è un famoso fotografo bloccato a casa da una gamba rotta). Questo tema freudiano dove nessuno è veramente innocente lo si ritrova in praticamente tutti i grandi horror compresi film come Alien (l’alieno metafora della mostruosa compagnia proprietaria dell’astronave), Nightmare (il malvagio Freddy Krueger linciato dai genitori dei giovani protagonisti), e ovviamente nei sottili elementi hitchcockiani sullo sguardo ed il desiderio che rendono così affascinante un film come Il silenzio degli innocenti.

L’HORROR, IL CINEMA DI SERIE B

Tuttavia, pur essendo un genere con una lunga e nobile tradizione, dopo il periodo del cinema muto espressionista tedesco con l’avvento del sonoro l’horror diviene un cinema sostanzialmente di serie B. Che va dai classici in bianco e nero come Frankenstein (1931) e Dracula (1933) prodotti dalla casa di produzione Universal, fino ai fantahorror anni ‘50 scaturiti dalle fobie della guerra fredda. Si riaffaccia poi al cinema di serie A prepotentemente nel 1960 con il successo clamoroso di Psycho, uno dei capolavori di Hitchcock. Tuttavia Psycho era ancora un film a basso costo che Hitchcock si dovette autoprodurre con molte difficoltà, e proprio il suo trionfo al box-office permise al regista britannico di girare il ben più costoso ed ambizioso Gli Uccelli nel 1963.
Le cose cambieranno definitivamente negli anni settanta, con L’esorcista (1973) e Lo squalo (1975), prodotto anche questo dello storico marchio Universal.

SPIELBERG E I RECORD

Il prossimo anno si celebreranno proprio i 50 anni dall’uscita del film del giovane e (allora) sconosciuto regista Steven Spielberg. Uscito nel weekend del 20-21 giugno 1975, Lo squalo fu il dominatore assoluto dell’estate e divenne in pochi mesi il film di maggior incasso della storia del cinema dopo aver superato L’esorcista di William Friedkin. Nel 1977 il record del film di Spielberg fu superato da Guerre stellari del suo amico George Lucas. Ma mentre quello di Lucas è, com’è noto, un fantasy classico virato abilmente in chiave fantascientifica, e quindi un film per tutti, sia L’esorcista che Lo squalo sono film ricchi di suspense e splatter al punto da essere stati giustamente vietati al pubblico più giovane (almeno in America rispettivamente 17 e 13 anni con la formula Parental Guidance).
Insomma, negli anni ’70 il cinema horror e di suspense aveva finalmente conquistato la vetta del cinema mondiale. In seguito, verranno tanti altri film di successo come i già citati Alien (1979), la serie dei Nightmare (il primo è del 1984) fino alla pioggia di Oscar, compreso quello per il miglior film, per Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme con Jodie Foster ed Anthony Hopkins (anche loro premiati). Film che sancisce la legittimazione definitiva di un genere ancora considerato secondario e squalificante.

LA RIFLESSIONE METACINEMATOGRAFICA

Da questo momento in poi nessun attore per quanto famoso si vergognerà più di lavorare in un horror, come dimostrerà Brad Pitt star incontrastata del primo zombie movie ad altissimo budget: World War Z (2013). A tutt’oggi l’horror ed il thriller sono più popolari che mai.
Tornando ad Hitchcock, il maestro del brivido aveva anche risposto alla seconda domanda che avevamo formulato all’inizio, ovvero: “cosa distingue un film di suspense dagli altri generi?”.
Difatti a partire proprio da La finestra sul cortile i suoi film sono caratterizzati sempre di più da una esplicita riflessione metacinematografica sul desiderio morboso di osservare senza essere visto cosa accade agli altri (desiderio che ci spinge ad entrare in un cinema, e che è alla base del successo di tutti i reality televisivi odierni) e su come funziona la suspense, non solo in una singola scena ma in quanto costituisce l’essenza stessa di ogni film di questo tipo.

I FANTAHORROR SONO SOLO UN RICORDO

A mio avviso quest’ultimo tema diventa centrale del film Gli Uccelli, che può essere considerato il vero e proprio testamento cinematografico del regista britannico. Va osservato infatti che questo film è l’unico nella lunga carriera del regista a mettere in scena una minaccia non umana. Ed in questo seguiva la scia dei fantahorror hollywoodiani che, come accennato sopra, avevano dominato questo tipo di cinema negli anni ’50. Si trattava di film a basso budget ma molto redditizi che sfruttavano le ansie diffuse della guerra fredda: i comunisti come gli alieni (e viceversa) insomma.
Fra gli esempi più noti citiamo La cosa da un altro mondo del 1951 (rifatto assai meglio da John Carpenter nel 1982), Assalto alla terra (quello con le formiche giganti) e La guerra dei mondi (adattamento del celebre romanzo di H.G. Wells, rifatto poi da Spielberg nel 2005) entrambi del 1953, Il mostro della laguna nera (1954) fino al film forse migliore di tutti, e cioè l’inquietante L’invasione degli ultracorpi del 1956.
Tranne qualche caso non si tratta di opere di grande qualità (da noi si ricorda il mediocre Blob-Fluido mortale del 1958 solo perché sigla dell’omonima trasmissione) ma erano adorati soprattutto dagli adolescenti che affollavano i drive-in con le loro grandi macchine figlie del boom economico postbellico. Hitchcock sembra come aver deciso di raccogliere la sfida e far vedere che sarebbe stato in grado di realizzare un film dello stesso genere ma senza i difetti e le ingenuità che caratterizzavano queste pellicole. Di più: avrebbe realizzato una sorta di “meta-film” di suspense.

“LA FORMA DELLA PAURA”

Nel mio recente saggio su Lo squalo, intitolato La forma della paura (Rubbettino 2024), ho cercato di mostrare come il film di Spielberg sia un vero e proprio remake del film di Hitchcock proprio in questo senso. Altre somiglianze più ovvie e superficiali fra Gli uccelli e Lo squalo erano state già notate: in entrambi i film gli abitanti di una tranquilla e sonnolenta cittadina sulla costa oceanica (quella californiana a nord di San Francisco nel primo film, quella Atlantica a nord di New York nel secondo) diventa oggetto di attacchi di uno o più animali che ne sconvolgono la vita.
La mia tesi è che sia Gli uccelli che Lo squalo sono innanzitutto una riflessione su come funzionano le scene di suspense e qual è la “forma” che le costituisce, ovvero: quali sono i meccanismi cinematografici che fanno scattare la tensione?
Di quali elementi ha bisogno una scena per spaventarci, cosa caratterizza essenzialmente un film “di paura”?

LE SOMIGLIANZE TRA “GLI UCCELLI” E “LO SQUALO”

La somiglianza fra i due film sta anche nel fatto che le risposte che danno a queste domande sono praticamente le stesse: su come un film di questo tipo tende ad essere costruito, sugli elementi necessari a provocare la paura nello spettatore e di conseguenza, punto questo fondamentale, anche su quelli che invece non sono affatto necessari (e quindi ridondanti) allo scopo.
Detto in altri termini, sia per Hitchcock che per Spielberg la differenza fra un bel thriller ed uno mediocre sta nella capacità di sottrarre quanti più elementi possibili per costruire tensione. Ciò che rende tanti vecchi horror e fantahorror così mediocri e prevedibili (ma l’osservazione vale per quelli recenti) è questo goffo accumulo di elementi che servono far scattare la reazione dello spettatore in maniera meccanica, e quindi ripetitiva.
Quello che molti critici non hanno colto è che Lo squalo è un film profondamente hitchcockiano anche riguardo alla prima risposta data dal maestro britannico, ovvero sul perché questi film ci piacciono così tanto: un film veramente inquietante è quello in cui il male si rivela essere sempre in qualche modo scaturire dal profondo della psiche umana.
A differenza del vecchio fantahorror, nonostante le apparenze sia ne Gli uccelli che ne Lo squalo la minaccia non è mai veramente “altra” ma scaturisce dalla cattiva coscienza dei personaggi.
La paura, quella vera, è scoprire che il male si nasconde dentro noi stessi.


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