Sabino Cassese
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La sentenza della Consulta sull’Autonomia differenziata non ferma il comitato Cassese: il 18 dicembre nuova riunione per approvare il documento finale sui Livelli essenziali delle prestazioni
Dopo la resa senza condizioni del Giappone, molti soldati continuarono a combattere per anni contro l’esercito alleato perché si rifiutavano di accettare la capitolazione dell’Impero del Sol Levante. E’ quello che sta accadendo in Italia a chi aveva giocato tutte le carte sul successo politico della autonomia differenziata nella versione approvata a metà giugno di quest’anno dal Parlamento, partecipando attivamente alla sua elaborazione.
La sentenza della Corte Costituzionale ha demolito l’impianto della legge Calderoli ma, da parte degli artefici di questo capolavoro normativo, si preferisce di fare finta di nulla. Come dice Mary Poppins, ispiratrice della autonomia differenziata, “basta un po’ di zucchero e la pillola va giù, tutto brillerà di più”. Anzi c’è chi continua a proseguire imperterrito nella stessa direzione di prima, nonostante la nettezza del giudizio espresso dalla Suprema Corte.
Mi riferisco in particolare a Sabino Cassese, 89 anni, promessa giovanile dell’autonomia leghista. Forse sarà la sua inesperienza a motivare un atteggiamento zelante al di là della sentenza della Corte Costituzionale, di cui peraltro è stato giudice, dopo essere stato due volte ministro della funzione pubblica ed aver corso successivamente un paio di volte per la carica di Presidente della Repubblica. Un pivello di primo pelo, insomma.
Le valutazioni della Corte costituzionale erano ormai note da tre settimane nelle sue linee di fondo, ed ora è anche uscito il dispositivo della sentenza.
CASSESE E L’AZZARDO SUI LEP E L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Il buon senso avrebbe dovuto suggerire un rallentamento delle attività del Comitato Cassese, incaricato dal Ministro Roberto Calderoli di proporre i LEP. Al contrario i suoi lavori sono proseguiti come se nulla fosse, e l’agenda è molto fitta prima della fine dell’anno.
Il Comitato si è insediato nel maggio del 2023, per supportare il governo nell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni nell’ambito delle materie differenziabili (ben 23, secondo l’articolo 116 della Costituzione). Il presidente Sabino Cassese ha sin da subito imposto un ritmo serrato, limitando l’oggetto dei lavori a una mera ricognizione della legislazione vigente. La sentenza della Consulta sull’Autonomia differenziata non sta ancora fermando il lavoro del Comitato per i Lep, che andrà avanti fino alla fine dell’anno. Difficile capire su quali presupposti, considerato che anche sui Lep la sentenza ha imposto un indirizzo completamente differente, attento ai principi di eguaglianza dei cittadini.
“E’ stato istituto con un decreto del presidente del Consiglio – precisa Sabino Cassese, presidente del comitato – e cesserà alla data in cui prevede il decreto, ossia il 31 dicembre 2024”. Il gruppo di lavoro di saggi era stato creata proprio per definire gli standard minimi di servizio pubblico indispensabili per garantire i “diritti civili e sociali”, proprio uno dei punti della riforma Calderoli finito nel mirino della Corte costituzionale che ha accolto parzialmente i ricorsi di quattro Regioni guidate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana) che hanno impugnato la legge sull’Autonomia. Una questione delicata che a luglio aveva portato alla frattura.
LA POSIZIONE DEI COMPONENTI CHE SI SONO DIMESSI
“Le ragioni che furono dettagliate nella nostra lettera di dimissioni sono coincidenti con i motivi che sembrano aver portato la Consulta a definire illegittime sostanzialmente tutte le disposizioni chiave della legge Calderoli”, sottolinea l’ex ministro Franco Bassanini che si dimise assieme a Giuliano Amato, Franco Gallo e Alessandro Pajno. “La nostra lettera arrivò dopo diversi confronti con Calderoli – ricorda -. Se il ministro ci avesse dato retta avrebbe evitato questa situazione imbarazzante perché la legge ora va rifatta da cima a fondo”.
E analizzando la decisione della Consulta spiega: “Ha detto chiaramente che i Livelli essenziali delle prestazioni non possono essere stabiliti dal governo ma dal Parlamento con una legge o anche con una delega al governo che però preveda specifici principi e criteri direttivi”. Per Bassanini, quindi, i giudici “hanno messo in crisi il circuito comitato-governo perché a definire il Lep deve essere il Parlamento”. In più “non si possono trasferire alle Regioni intere materie ma specifici compiti o funzioni quando le Regioni sono in grado di dimostrare di poterle svolgere meglio in relazione alle peculiari caratteristiche del loro territorio”. Di fatto, sostiene Bassanini, la Corte “ha chiaramente messo in discussione l’idea di un regionalismo competitivo” indicando che deve essere “cooperativo e solidale”.
IL LAVORO DEL COMITATO CASSESE ALLA LUCE DELLA SENTENZA SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Quanto al lavoro del comitato Cassese, alla luce della sentenza, afferma: “Che ci siano una serie di illustri ed esimi colleghi che lavorano per cercare di definire i Lep è sicuramente utile, ma questo lavoro va messo ora tra le carte che il Parlamento userà per definirli”. Di sicuro la decisione della Corte Costituzionale peserà anche sui quesiti referendari. Non tanto su quello abrogativo della legge ma sugli altri che la Cassazione stessa potrebbe riformulare oppure considerare superati. In particolare quello chiesto da 5 Regioni potrebbe dunque saltare. Senza lo stop della Consulta, il percorso dell’autonomia prevedeva che la Cassazione valutasse e conteggiasse le firme raccolte, dando poi comunicazione alla Corte Costituzionale che a sua volta, tra il 20 gennaio e il 10 febbraio, ne deve rendere pubblica l’ammissibilità o meno.
Intanto, un altro dei protagonisti di Mary Poppins, il governatore del Veneto Luca Zaia, prevede che il referendum andrà a “finire male”. E’ riuscito persino a dire che non erano mai state richieste materie nel loro insieme. La stessa Fatina di Pinocchio si è rifiutata di intervenire per cercare di riportare le dichiarazioni entro una parvenza di verità. Il Gatto e la Volpe si sono dichiarati incompetenti per materia.
IL LAVORO PRODOTTO DAL COMITATO
Tornando a Mary Poppins, in soli sei mesi il Comitato ha prodotto un corposo rapporto, innanzitutto separando «materie Lep» e «materie non Lep», queste ultime poste dalla legge Calderoli in corsia di sorpasso per la stipula delle intese. Per il resto il rapporto contiene una individuazione di ben 283 Lep, sotto forma di principi giuridici astratti e quindi inapplicabili.
In tal modo il Comitato ha trasferito alla Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs), deputata a proporre i criteri di finanziamento dei Lep, anche la discrezionalità di declinare il contenuto specifico di questi ultimi. L’attuale composizione rende la Ctfs un organo di parte: ne è prova inconfutabile la presenza dell’avvocato Giovanardi come relatore nel ricorso ad opponendum della Regione Veneto nel giudizio di costituzionalità sulla legge Calderoli (assieme al professor Bertolissi, componente del Comitato Cassese).
È ora in corso una nuova stagione di lavori del Comitato che mira a estendere la ricognizione dei Lep alle materie non oggetto di differenziazione e a specificare, con il supporto della Ctfs, il metodo per calcolare i fabbisogni finanziari. Il Comitato ha discusso il 29 novembre scorso questi aspetti, e si accinge il lavoro a licenziare in tempi record. In questo secondo rapporto si elencano le materie oggetto dell’ulteriore censimento dei Lep: si tratta di quelle che restano di titolarità esclusiva dello Stato (che senso ha individuare i Lep in questi casi? Forse perché lo Stato può decidere di differenziare al suo intermo?) e di quelle che invece già attualmente sono di competenza di ogni Regione.
LA METODOLOGIA DELLA COMMISSIONE TECNICA PER I FABBISOGNI STANDARD
La metodologia della Commissione tecnica per i fabbisogni standard tende a fotografare l’esistente, in termini di spesa storica, e prevede alcuni parametri per il calcolo dei fabbisogni standard (peculiarità locali, qualità delle prestazioni, costi dei fattori produttivi) che anticipano un riparto delle risorse perverso che avvantaggia i territori che partono nelle condizioni migliori.
La Corte costituzionale ha detto chiaramente che la stella polare che deve guidare il riparto delle competenze fra Stato e Regioni non può che essere il perseguimento del bene comune e della tutela dei diritti costituzionali, oltre che l’eguaglianza dei cittadini. Ne discende che occorre procedere con ordine, considerando la differenziazione come una variazione marginale rispetto allo status quo e motivandola sulla base di un vantaggio collettivo. Che per trasferire funzioni inerenti i diritti civili e sociali occorre preliminarmente definire i Lep, senza tenere conto di una arbitraria dicotomia fra materie Lep e non Lep. Che occorre ripristinare il ruolo del Parlamento sia nella determinazione dei Lep che nella stipula delle intese con le Regioni. E che infine la spesa storica non può essere il riferimento per finanziare le funzioni trasferite.
È improbabile che il Presidente Cassese, ex giudice costituzionale, tra le altre cose, non abbia percepito la pervasività delle osservazioni della Corte. Forse il giovanilismo della sua esperienza lo ha indotto a sostenere le regioni del suo committente, Roberto Calderoli. Eppure ha mantenuto inalterate direzione di marcia e velocità di crociera della sua agenda, fissando al 18 dicembre la data definitiva per il completamento dei lavori del Comitato. Non sarebbe stata più opportuna una sosta tecnica? O un più maturo blocco delle attività?. Salviamo il soldato Cassese. La guerra è finita, ma ancora non se ne è accorto.
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