Un seggio per il referendum su Cosenza Città unica
4 minuti per la letturaHA vinto il “no” e, ancora prima, hanno vinto l’astensione e il disinteresse dei cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero sul tema della città unica. Hanno perso le forze politiche di centrodestra e di centrosinistra che hanno scelto di cavalcare una battaglia che sembrava vinta e che si è rivelata complicata e traditrice.
Eppure la questione dei tre comuni strettamente intrecciati e l’idea di farli diventare una cosa unica, non sembrava così peregrina. Arrivi a Cosenza, e, se non sei del luogo, onestamente, non sai quasi mai in quale dei tre comuni stai camminando. Bastava questo per dare un senso all’unificazione? Evidentemente no. E questo ci hanno detto i cittadini che sono andati a votare e anche quelli che sono rimasti a casa a guardare la partita del Cosenza o sono andati in Sila a calpestare la prima neve. Perché, se i voti hanno un significato: il sì e il no ce l’hanno chiaro, ma l’astensione, in questo caso, è più vicina al “no”. E grida alla politica: “Mi hai sottoposto una questione di cui non m’importa quasi nulla. Vedi di occuparti dei problemi che interessano davvero i cittadini”.
Vuol dire che, prima di approvare una legge regionale che prevedeva (e tutt’ora prevede) la nascita della città unica nel 2027, bisognava pensarci bene e lavorarci tanto. Lavorarci con le comunità e le loro rappresentanze istituzionali che sono i sindaci, le amministrazioni e i consigli comunali. Invece, tutto si è ridotto, più o meno, a questo referendum “consultivo” (e, quindi, formalmente irrilevante) ma che, adesso, giace come un macigno molto difficile da valicare sulla strada dei sostenitori del “sì”.
Perché adesso, oltre ai ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato (ne pendono almeno quattro), i sostenitori del “no” proveranno in tutti i modi di fermare l’iter che dovrebbe portare all’unificazione dei tre comuni. E lo faranno forti del risultato del referendum che, anche se consultivo, qualcosa ha detto. Altrimenti, perché farlo?
E si muoveranno a partire dal fatto che la legge Omnibus ha cancellato l’obbligo di passare attraverso le delibere dei consigli comunali che dovrebbero fondersi e che, questo, sembra davvero un tantino troppo da digerire. Le società di qualsiasi tipo si fondono con decisioni dei rispettivi consigli di amministrazione. Possibile che un consiglio comunale non possa aver voce in una decisione così importante?
La domanda principale resta dunque: “E adesso?”. Perché anche molte delle forze del “no” non negano che un problema di unificare scelte, decisioni, percorsi, miglioramenti strutturali e di servizi per i tre comuni (e, probabilmente, anche per altri dell’area cosentina) esiste. Si potrebbe (è la domanda che ci poniamo e che poniamo ai cittadini dei tre comuni) mettere mano a soluzioni comuni dei problemi prima che a questa problematica fusione comunale? Cioè, può esserci una comunità fatta di cosentini, rendesi e castroliberesi che, insieme, decidono sul loro futuro e magari ne parlano anche con quelli di Montalto Uffugo e di Mendicino a proposito di come migliorare questo agglomerato urbano di circa 150 mila abitanti?
E questo senza arrivare subito alla fusione, anzi, lasciando il tema in fondo a tutto. Perché, una volta che le comunità funzionassero a dovere dal punto di vista della movimentazione di persone e merci, della sanità, dei servizi alla persona, delle scelte urbanistiche ecc. parlare di unificazione potrebbe di nuovo avere senso, o non averne più del tutto. Ma la gente starebbe meglio.
È il tema della “città policentrica” agitato da una parte consistente di chi ha votato “no”: una città più vasta può avere servizi, spazi e logistica che si “muovono” in modo coordinato e virtuoso, ciascuno restando in capo alla propria comunità e, per certi aspetti, alla storia e alla cultura da cui quella comunità è nata.
Onestamente, quello della Storia, della cultura e delle radici di Cosenza, Rende e Castrolibero, mi è sempre sembrato l’argomento più debole. Tutti abbiamo radici da difendere, ma questo si può fare anche in un mondo sempre più globalizzato e unificato. Non riesco a pensare che cosentini, rendesi e castroliberesi non possano o non siano capaci di vivere insieme (già lo fanno tutti i giorni) o di amministrare insieme le loro città senza guardare a dove svetta il rispettivo campanile. Ma chi ha pensato di passare sopra a tutto questo con una legge regionale fatta anche piuttosto male, ha sbagliato e, adesso, se vorrà riprovare dovrà farlo con molta maggiore attenzione e rispetto democratico e istituzionale per chi ha bocciato questo primo e “scostumato” tentativo di città unica.
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