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Il giorno dell'alluvione a Vibo Marina

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Si conclude con la conferma del verdetto di primo grado il processo per l’alluvione del 3 luglio 2006 a Vibo: tutti gli imputati sono stati assolti nel giudizio ai soli fini delle statuizioni civili


VIBO VALENTIA – Cambia il grado di giudizio, non l’esito al processo per stabilire le responsabilità in occasione dell’alluvione che il 3 luglio del 2006 devastò Vibo Valentia e in particolare la zona marina, provocando tre morti, tra cui un bimbo di appena 16 mesi: la Corte d’Appello di Catanzaro presieduta da Loredana Di Marco ha infatti confermato la sentenza emessa nel 2020 dal Tribunale collegiale di Vibo mandando assolti tutti gli imputati a processo.  Una causa giudiziaria durata anni, conclusasi sotto il profilo della responsabilità penale in prescrizione per una serie di accuse, e con l’assoluzione per altre, divenute definitive dopo il mancato appello della Procura generale, ma che, invece, era proseguita sotto il profilo delle statuizioni civili dopo il ricorso presentato dai familiari delle tre persone decedute quella mattina del 3 luglio del 2006.

GLI IMPUTATI AL PROCESSO PER L’ALLUVIONE

Assolti, dunque, hanno riguardato Ugo Bellantoni e Silvana De Carolis, ex dirigenti del Comune capoluogo (Ufficio tecnico il primo e Lavori pubblici e urbanistica la seconda), l’ex dirigente del Comune prima e della Provincia di Vibo poi, Giacomo Consoli, l’ex comandante della polizia municipale Domenico Antonio Corigliano, Pietropaolo La Rosa (responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo), i componenti un intero nucleo familiare, quello dei Marzano: Raffaella, Alessandra, Maria Antonietta, Fabrizio e Livia Galli (ved. Marzano). Ad appellare le loro assoluzioni, le parti civili Massimiliano Gaglioti, Maria Rosa La Polla, Anna Rosa Visicchio, Daniele Gaglioti, Angiolina Cutrullà, Doria Gaglioti, Alida Gaglioti e Rocco Gaglioti.

Erano già invece definitivamente usciti dal processo Gaetano Bruni (al tempo presidente della Provincia) e Paolo Barbieri (assessore ai lavori pubblici dello stesso ente), Filippo Valotta (dirigente dell’ex Nucleo industriale), Ottavio Amato e Giovanni Ricca (funzionari dell’Autorità di Bacino Regionale). Le parti civili sono state rappresentate dall’avvocato Giuseppe Pasquino mentre i difensori degli imputati, infine, sono gli avvocati Giuseppe Di Renzo, Antonello Fuscà, Francesco Adamo, Ernesto D’Ippolito, Giosuè Domenico Megna, Tony Crudo, Luigi Li Gotti e Giuseppe Altieri.

IL PRIMO GRADO DEL PROCESSO

Il primo grado si sarebbe potuto concludere ben prima dell’1 luglio 2020 ma le note criticità in atto in quel periodo al tribunale vibonese lo avevano impedito, dilatando i tempi, e così l’unico reato rimasto non prescritto era il disastro colposo, mentre quelli di omicidio colposo e omissione di atti d’ufficio lo erano stati già nel 2016. La “partita” processuale si era giocata sul campo delle competenze in capo ad ognuno degli imputati (ad esclusione del nucleo familiare dei Marzano) e sulle perizie tecniche nonché sulla sentenza “Golden House” che rappresentava, soprattutto per le difese, un po’ una pietra miliare in tema di disastro colposo e concessioni urbanistiche.

Per l’accusa, dunque, le responsabilità erano acclarate ma le difese e i responsabili civili avevano contestato la ricostruzione accusatoria parlando di «evento assolutamente imprevedibile e i cui effetti non sarebbero potuti essere arginati neanche in presenza di opere infrastrutturali secondarie» e soprattutto che le competenze erano di altri enti. La politica ne era uscita indenne anche perché le responsabilità dovevano essere contestate alla parte dirigenziale. Ed anche in questo caso le contestazioni non avevano retto al vaglio dei giudici di Vibo con una serie di assoluzioni e prescrizioni. Si era andati in Appello ai soli fini delle statuizioni civili ma l’esito, come visto, è stato il medesimo del precedente.

IL PRECEDENTE PROCESSO PER L’ALLUVIONE DEL 3 LUGLIO 2006 A VIBO

Il procedimento precedente non era neanche arrivato in dibattimento in quanto tutti gli indagati dell’epoca – ovviamente diversi da quelli attuali – erano stati prosciogli già in fase di udienza preliminare. La Procura di Vibo, un paio d’anni dopo, aveva ripreso l’indagine avviando un nuovo filone investigativo dal quale era scaturito il procedimento penale appena concluso con la totalità degli imputati assolti. E così, per quell’evento tragico, non vi è al momento alcun responsabile.

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