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Foto di Denise Ubbriaco

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Raoul Bova emoziona il Teatro Comunale di Catanzaro con “Il nuotatore di Auschwitz”, in una delle sue interpretazioni più toccanti.


CATANZARO – Una sala gremita. Un silenzio denso di attesa. Poi, il buio si anima e la magia del teatro prende vita. Sul palco, Raoul Bova emoziona il Teatro Comunale di Catanzaro con una delle sue interpretazioni più toccanti. Avvolto da un’aura quasi eterea, ha portato in scena lo spettacolo “Il nuotatore di Auschwitz”. Una narrazione di speranza e resilienza firmata da Luca De Bei, con la produzione di Michele Gentile. Lo spettacolo, accolto con un entusiasmo travolgente, si colloca nel cartellone di AMA Calabria, sostenuto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria – Settore Teatro.

RAOUL BOVA IN SCENA CON “IL NUOTATORE DI AUSCHWITZ”

Raoul Bova ha catturato il pubblico restituendo con intensità e delicatezza le storie di Alfred Nakache, nuotatore ebreo algerino sopravvissuto all’orrore dei lager, e Viktor E. Frankl, psicologo e autore del celebre libro “Uno psicologo nei lager”. Due vite apparentemente distanti, intrecciate alla sofferenza e alla speranza, unite da un comune denominatore: la capacità di resistere all’impensabile. Due voci che continuano a parlare al cuore di chi sa ascoltare.

IL RITORNO AL TEATRO DI RAOUL BOVA

“Il nuotatore di Auschwitz segna per Raoul Bova un ritorno al teatro di grande impegno e profondità, mettendolo alla prova con un testo di straordinaria intensità e una tematica delicata e complessa. L’attore non si è limitato a interpretare un ruolo, ma ha stabilito un contatto autentico con il pubblico, trasformando ogni parola in un ponte emotivo che ha reso questa pièce teatrale unica e toccante. Sì perché sul palco Raoul Bova ci mette il cuore, ci mette l’anima. Gli spettatori si ritrovano coinvolti nei racconti strazianti delle marce della morte, nel dolore delle separazioni forzate e nella profonda fragilità dell’istinto di sopravvivenza.

Raoul Bova non recita, vive i personaggi, vive ogni frammento delle storie che racconta. I suoi occhi vibrano di emozione. La scenografia, minimale ma potente, si riempie con la sua voce. La sua presenza sembra colmare lo spazio e oltrepassarlo, in un’alternanza di forza e vulnerabilità che cattura il pubblico, lo trascina, lo sconvolge. Gli spettatori non sono semplici osservatori: si ritrovano immersi nel gelido mare in cui Alfred è alla ricerca di una moneta d’oro, come se quel raggio di luce che guida il nuotatore li sfiorasse. Una scena di pura poesia, che riesce a trasformare un piccolo atto di sopravvivenza in una metafora della tenacia umana.

Ogni dettaglio della narrazione diventa vivido. Una musica struggente e un sapiente gioco di luci amplificano il pathos delle scene. Bova trasporta il pubblico in un universo dove il coraggio e la disperazione convivono, mostrando come l’umanità possa sopravvivere anche nelle condizioni più atroci. Un’atmosfera che alterna tensione e lirismo. L’attore passa da Alfred a Viktor modulando toni e registri in un dialogo tra forza fisica e resilienza interiore.

Attraverso Frankl lo spettacolo si avventura nelle profondità dell’animo umano. «All’uomo del lager si può sottrarre tutto, eccetto una cosa, la possibilità di affrontare spiritualmente ciò che si sta vivendo e dare un senso a parole come integrità, dignità, libertà interiore, ma non è facile. quando scopri che la tua sopravvivenza dipende da un pezzo di pane, nasce l’idea di sottrarlo a qualcun altro», riecheggiano le parole dello psicologo lasciando il pubblico con il fiato sospeso. La profondità della riflessione sul significato della fede, della dignità e della libertà spirituale emerge con forza.

L’ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA

Il nuotatore di Auschwitz non è solo una testimonianza storica. È un racconto universale che ci parla dell’infanzia, del coraggio, della capacità di affrontare il primo “volo” della vita. La metafora del bambino che impara a nuotare o dell’uccellino che tenta di spiccare il volo tocca corde profonde, evocando il nostro istinto di sopravvivenza e la necessità di trovare un senso anche nelle prove più dure. Proprio come Alfred, che trae forza dal pensiero costante della sua famiglia, e come Viktor, che trova nella cura degli altri il mezzo per preservare la propria umanità, lo spettacolo ci ricorda che anche nelle tenebre più fitte c’è spazio per un raggio di luce.

IL LEGAME CON IL PUBBLICO

Al calare del sipario, il silenzio si dissolve in un’esplosione di applausi, lunghi, caldi, commossi. Un gesto collettivo che sembrava abbracciare l’attore e il potente messaggio dello spettacolo. Raoul Bova, visibilmente emozionato, si è concesso ai suoi fan, regalando sorrisi, selfie e autografi.

“Il nuotatore di Auschwitz” non è solo teatro; è vita, memoria, riflessione. È un invito a non dimenticare, a resistere, a sperare. E, grazie all’interpretazione di Raoul Bova e al testo di Luca De Bei, queste storie continueranno a nuotare nei cuori di chi le ha ascoltate, trovando la forza di riemergere, ancora e ancora.

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