INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Beatrice Arnera, in “Pronto, Freud?” esplora la sua esperienza personale in terapia. Quanto di ciò che vediamo sul palco è ispirato alla sua vita reale?
- 2 Nel suo spettacolo racconta di una donna sulla soglia dei trent’anni che affronta la psicoterapia. Come pensa che la terapia e l’autoironia possano aiutarci a superare i momenti più difficili della vita?
- 3 Beatrice Arnera, cosa l’ha spinta a cimentarsi in uno spettacolo così personale?
- 4 C’è un episodio o una riflessione particolare che vorrebbe arrivasse al pubblico?
- 5 Qualche aneddoto e curiosità da backstage?
- 6 Pensa che, nella nostra società, ci sia ancora qualche tabù legato alla psicoterapia o, al contrario, stiamo diventando più aperti a questi temi?
- 7 Un messaggio per un pubblico più giovane?
- 8 Beatrice Arnera, nel suo spettacolo non manca la musica. Quanto è importante per lei questa espressione artistica?
- 9 Progetti futuri?
Beatrice Arnera ha conquistato il pubblico del cineteatro Garden con lo spettacolo “Pronto, Freud?”, il primo appuntamento della nuova stagione del Rende Teatro Festival, diretto da Alfredo De Luca.
RENDE (COSENZA) – Beatrice Arnera ha conquistato il pubblico del cineteatro Garden di Rende con lo spettacolo “Pronto, Freud?”, il primo appuntamento della nuova stagione del Rende Teatro Festival, diretto da Alfredo De Luca. Accolta da lunghi applausi e risate incontenibili, Arnera ha portato in scena un’autentica esplosione di ironia, emozione e profondità, raccontando le sfide della maternità, la complessità delle relazioni e la continua ricerca di equilibrio attraverso la lente dell’autoironia e della psicoterapia.
Conosciuta per i suoi ruoli in “Buongiorno Mamma” e “Odio il Natale”, l’attrice si è cimentata in una riflessione intima e divertente, trasformando traumi e nevrosi in un’occasione per far sorridere il pubblico. Lo spettacolo si sviluppa come un mix di stand-up comedy e momenti musicali dal vivo, rendendo ancora più vibrante il racconto di una vita “tutt’altro che ordinaria.”
Durante lo spettacolo, Arnera esplora temi universali: dalla difficoltà di trovare una babysitter ai rapporti con i genitori, dalle gioie e dolori della maternità al problema della gestione della rabbia. Il tutto arricchito da episodi personali, come i suoi dodici anni di analisi o le riflessioni su tre aborti spontanei. Per saperne di più, abbiamo intervistato Beatrice Arnera.
Beatrice Arnera, in “Pronto, Freud?” esplora la sua esperienza personale in terapia. Quanto di ciò che vediamo sul palco è ispirato alla sua vita reale?
«È tutto vero. Ho reso sceniche cose accadute realmente nella mia vita. Ciò che il pubblico vede è materiale tristemente e goffamente autobiografico, ma cerco sempre di presentarlo con leggerezza e ironia, rendendolo fruibile per tutti».
Nel suo spettacolo racconta di una donna sulla soglia dei trent’anni che affronta la psicoterapia. Come pensa che la terapia e l’autoironia possano aiutarci a superare i momenti più difficili della vita?
«Il mio spettacolo cerca di indagare dinamiche umane che possano appartenere a un bambino di sette anni o a un signore di 90 come la paura, il giudizio, l’inadeguatezza, la sindrome dell’impostore, il timore di non essere mai nel posto giusto al momento giusto. L’autoironia è il mio antidoto a tutto questo. Grazie alla psicoterapia, cerco di prendere le sfide e gli ostacoli che la vita ci mette davanti con leggerezza che non vuol dire superficialità ma significa posarsi sulle cose con un sorriso e una risata in più, con la consapevolezza che siamo tutti umani e possiamo sbagliare».
Beatrice Arnera, cosa l’ha spinta a cimentarsi in uno spettacolo così personale?
«Tutto è nato grazie al mio tour manager e produttore, Riccardo Bianciotti. Ha creduto che avessi qualcosa di speciale da portare sul palco, qualcosa di autentico. Mi ha spinta a unire il mio bagaglio umano alla mia preparazione artistica. Questo spettacolo è come una seconda gravidanza per me: è stato creato con tanta cura e amore».
C’è un episodio o una riflessione particolare che vorrebbe arrivasse al pubblico?
«Ho affrontato diversi temi, più o meno intimi, delicati, sofferti. Mi piacerebbe che chi assiste a “Pronto, Freud?” uscisse dal teatro con un po’ di leggerezza in più, con la sensazione che tutto si può affrontare. La risata e il supporto di chi ci sta vicino sono due strumenti potentissimi. Racconto episodi molto intimi, ma lo faccio con la speranza di far sentire gli altri meno soli».
Qualche aneddoto e curiosità da backstage?
«Uno recente? Qualche giorno fa, ho perso l’aereo per una replica a Taranto. Ero così stanca avendo una figlia di otto mesi. Praticamente non dormo da quando è nata. Così ho procrastinato l’alzarmi per andare al gate. Alla fine, ho preso il volo successivo e sono arrivata al teatro col fiatone. La maternità è un rave party interminabile».
Pensa che, nella nostra società, ci sia ancora qualche tabù legato alla psicoterapia o, al contrario, stiamo diventando più aperti a questi temi?
«Apparentemente, sembra che stiamo facendo tanti passi avanti. La verità è che la terapia costa. Non ci sono agevolazioni di nessun genere. Spero che possa diventare accessibile a tutti. Oltre all’aspetto economico, che è ancora una sfida importante, penso che ci sia ancora un po’ di pregiudizio. Se ti rompi un braccio, tutti pensano che sia normale ingessarlo, ma se hai un problema emotivo o mentale, ti guardano con sospetto. La terapia è un supporto necessario e prezioso, come qualsiasi altro tipo di cura».
Un messaggio per un pubblico più giovane?
«L’obiettivo è sempre stato quello di offrire un prodotto per tutte le generazioni. Ai più giovani direi di alzare lo sguardo dal telefono e non precludersi la possibilità di toccare le cose con mano. Siamo tutti immersi nel digitale, ma non lasciate che lo schermo vi impedisca di vivere esperienze autentiche. Osservate il mondo intorno a voi, senza filtri».
Beatrice Arnera, nel suo spettacolo non manca la musica. Quanto è importante per lei questa espressione artistica?
«Canto dal vivo tre brani, passo da Hercules alla lirica. La musica è fondamentale, è parte integrante della mia vita e della mia espressione artistica. Ci sono nata e cresciuta in mezzo. Ho trascorso la mia infanzia in tournée con mia madre, cantante lirica, in Italia e in Europa. Sono stata molto fortunata da questo punto di vista. Mio nonno è flamenchista. Anche il mio compagno è un cantante e un batterista. In casa, viviamo immersi nella musica. È un’eredità preziosa che spero di trasmettere anche a mia figlia».
Progetti futuri?
«La tournée di “Pronto, Freud?” si concluderà il 20 dicembre ad Alba. A Capodanno, uscirà il film con Angelo Pintus in cui sono coprotagonista, con la regia di Fausto Brizzi. Nel 2025, tornerò sul set per “Buongiorno Mamma 3” con Raoul Bova».
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