Nicaso e Gratteri durante una conferenza all'Onu
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Professor Nicaso, il titolo fa venire in mente la celebre frase che Michael Corleone pronuncia nel Padrino. “Siamo due facce della stessa ipocrisia”. In fondo quella frase significa che mafia, politica e imprenditorialità hanno stretto un legame così forte da diventare, appunto, una cosa sola.
- 2 Il libro si apre con un riferimento al monito inascoltato del Presidente Mattarella secondo il quale la corruzione danneggia la vita delle persone, minando lo Stato di diritto e alterando i mercati. Tra le distrazioni italiche ricordate quell’ansia di “controllare per non essere controllati” che sembra caratterizzare le politiche della giustizia degli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda i reati contro la PA…
- 3 Risalite alle origini del potere mafioso, utilizzato storicamente in Italia per gestire l’ordine pubblico grazie alla legittimazione di cui le mafie hanno goduto sin dal periodo borbonico ma anche in quello unitario e post-unitario. Si è arrivati al punto che oggi le mafie prosperano grazie a paradisi fiscali, bancari e normativi…
- 4 Le mafie, e la ‘ndrangheta in particolare, reclutano esperti di blockchain e criptovalute per gestire portafogli digitali e transizioni finanziarie a sei zeri. Tra i ritardi dell’Italia, quello nell’investigazione tecnologica se gli altri Paesi riescono a bucare i sistemi di comunicazione crittografati usati dalle mafie…
- 5 Quanto è attuale il monito di Falcone che avvisava che si sarà costretti a inseguire i mafiosi se non si tiene il loro passo?
Intervista a Nicaso sull’ultimo libro sulle mafie scritto con Gratteri: «Serve un esercito di hacker per debellare i boss»
«Ingiustificabile che da 150 anni non si riesca a debellare il fenomeno mafioso in Italia. Se si avessero hacker a disposizione la partita si sposterebbe sul piano digitale e i mafiosi diventerebbero boss di cartone». Lo dice al Quotidiano lo storico delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso che, insieme al procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha appena pubblicato un nuovo libro che spiega come si stanno evolvendo le mafie. “Una cosa sola. Come le mafie si sono integrate al potere” è il titolo del lavoro, edito da Mondadori e in uscita il prossimo 19 novembre, destinato a diventare un altro best seller per efficacia comunicativa e rigore documentale.
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Professor Nicaso, il titolo fa venire in mente la celebre frase che Michael Corleone pronuncia nel Padrino. “Siamo due facce della stessa ipocrisia”. In fondo quella frase significa che mafia, politica e imprenditorialità hanno stretto un legame così forte da diventare, appunto, una cosa sola.
«I confini sono sempre più indistinguibili. Le mafie vanno da sempre alla ricerca di figure malleabili, da irretire nelle loro logiche. Oggi è in atto un processo di normalizzazione grazie a una riserva di violenza. La violenza resta a disposizione ma viene usata meno. I clan si muovono sotto traccia convinti di poter avere la meglio sfruttando quelle alleanze strategiche che da sempre costituiscono l’ossatura del potere mafioso. Certa politica, certa imprenditoria, certi professionisti sono tutte facce della stessa ipocrisia».
Il libro si apre con un riferimento al monito inascoltato del Presidente Mattarella secondo il quale la corruzione danneggia la vita delle persone, minando lo Stato di diritto e alterando i mercati. Tra le distrazioni italiche ricordate quell’ansia di “controllare per non essere controllati” che sembra caratterizzare le politiche della giustizia degli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda i reati contro la PA…
«Sta diventando impossibile indagare su quel fronte. Da Tangentopoli in poi vengono depotenziati gli strumenti con cui investigare sugli interstizi del potere. Un potere sempre più obliquo e trasversale. Non si coglie che le relazioni esterne delle mafie non sono più tali ma sistemiche e connaturate al potere mafioso stesso. Il concorso esterno in associazione mafiosa sembra essere ormai uno strumento di archeologia giudiziaria e va svecchiata la normativa antimafia».
Risalite alle origini del potere mafioso, utilizzato storicamente in Italia per gestire l’ordine pubblico grazie alla legittimazione di cui le mafie hanno goduto sin dal periodo borbonico ma anche in quello unitario e post-unitario. Si è arrivati al punto che oggi le mafie prosperano grazie a paradisi fiscali, bancari e normativi…
«Difficile pensare a un fenomeno così longevo. Ingiustificabile che non si riesca a debellarlo. Il brigantaggio è stato decimato e sconfitto con la legge Pica. Anche il terrorismo è stato sconfitto. Le mafie hanno usato il primato dello Stato. L’unico momento in cui non lo hanno riconosciuto sono state sconfitte. Dopo la sconfitta dei corleonesi, Cosa Nostra torna alle antiche abitudini. E anche la mafia foggiana si spinge al Nord ed evita violenza. La ‘ndrangheta affida il lavoro sporco a clan albanesi e preferisce concentrarsi su investimenti e governo del territorio. Quale fenomeno è durato così a lungo? Oggi c’è bisogno di nuove competenze. Le mafie hanno sempre avuto un capitale simbolico molto forte che serviva a rafforzare la reputazione del clan. Il capitale simbolico si calcola dal numero di collaboratori di giustizia, dalla capacità di aggiustare processi ed evitare il carcere. Lo si metterebbe in discussione se a disposizione avessimo un esercito di hacker in grado di entrare nella vita digitale dei mafiosi per renderli vulnerabili e demitizzarli. Su questo fronte si gioca la nuova partita contro le mafie. Gli attacchi informatici renderebbero i mafiosi dei boss di cartone. Chi si attrezza di più vince. Invece, quando il momento è decisivo, si mettono in discussione le intercettazioni e si parla di separazione delle carriere o di come punire i magistrati in caso di errori giudiziari».
Le mafie, e la ‘ndrangheta in particolare, reclutano esperti di blockchain e criptovalute per gestire portafogli digitali e transizioni finanziarie a sei zeri. Tra i ritardi dell’Italia, quello nell’investigazione tecnologica se gli altri Paesi riescono a bucare i sistemi di comunicazione crittografati usati dalle mafie…
«Sistemi come Encrochat, Sky Ecc e Ghost sono stati bucati ma c’è la certezza, non la sola percezione, che ce ne siano altri più sofisticati. Sappiamo ancora poco di investimenti delle mafie in criptovalute e in crediti deteriorati della PA, delle piattaforme clandestine di trading, dei fondi sovrani. E c’è la necessità di colmare il gap tecnologico. Un giovane siciliano che vive a Trastevere riesce a entrare nei sistemi del ministero della Giustizia violando le mail dei pm. Le imprese e la Pa, sguarnite di sistemi di sicurezza, subiscono continui attacchi informatici, molti non denunciati. L’Italia è uno dei Paesi più colpiti a poco tempo dal Giubileo e dalle Olimpiadi di Cortina e Milano. Eventi che ci vedranno al centro del mondo».
Quanto è attuale il monito di Falcone che avvisava che si sarà costretti a inseguire i mafiosi se non si tiene il loro passo?
«Prima due passi indietro erano recuperabili. Oggi nel giro di poche settimane l’evoluzione tecnologica galoppa e diventa sempre più sofisticata. Restare due passi indietro significa non vedere più il nemico».
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