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Il luogo dell'omicidio di Domenico Di Leo

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Nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia Francesco Fortuna agli investigatori della Dda nelle quali parla dell’omicidio di Domenico Di Leo, alias “Micu u catalanu” ordinato per quanto a sua conoscenza dal clan Bonavota


VIBO VALENTIA – Il terzo omicidio cui ha preso parte il neo collaboratore di giustizia Francesco Fortuna è stato quello ai danni di Domenico Di Leo, alias “Micu u catalanu”, il 12 luglio 2004, del quale è stato uno degli esecutori materiali e per il quale gli investigatori erano risaliti alla sua identità grazie alle tracce di Dna rinvenute in un guanto di lattice trovato nel corso delle indagini. Per quel fatto, l’ex killer di Bonavota di Sant’Onofrio, ha ricevuto una condanna in via definitiva a 30 anni di reclusione.

LA BOMBA ALLA CONCESSIONARIA LA CAUSALE DELL’OMICIDIO DI LEO

Fortuna racconta al pm della Dda, Antonio De Bernardo, e all’Aggiunto Vincenzo Capomolla, le fasi preparatorie ed esecutive dell’agguato iniziando col confermare che la causa scatenante si fa risalire al danneggiamento mediante una bomba perpetrato ai danni della concessionaria presente a Sant’Onofrio per il quale il clan Bonavota riteneva Di Leo il responsabile. “A decidere l’omicidio – aggiunge – furono Domenico Cugliari e Domenico Bonavota, mentre Nicola Bonavota si è occupato del recupero dei killer a seguito dell’agguato” avvenuto mentre la vittima si trovava a bordo di una minicar. Mentre si assume la responsabilità dell’esecuzione materiale chiamando in causa Francesco Scrugli e Andrea Mantella (anch’egli si addossò la colpa), precisando inoltre che Onofrio Barbieri  non era presente in quel momento ma si era “occupato di rubare la macchina utilizzata per compiere l’attentato” alle cui  riunioni propedeutiche avrebbe partecipato anche “Bruno Cugliari”.

Barbieri avrebbe “inoltre tagliato il lucchetto di un casolare ove ci eravamo nascosti per compiere in seguito l’agguato e in questo caso sia io che Scrugli Francesco indossavamo i guanti in lattice poi trovati all’interno dell’autovettura utilizzata per commettere l’omicidio. Anche in relazione all’omicidio di Raffaele Cracolici sia io che Scrugli indossavamo dei guanti in lattice, in questo caso mai rinvenuti dalle forze dell’ordine perché ce li portammo dietro dopo la commissione del delitto”.

Il Quotidiano del Sud dell’epoca con la notizia dell’uccisione di Domenico Di Leo

PASQUALE BONAVOTA POTEVA IMPEDIRE IL DELITTO

Mentre per Pasquale Bonavota, considerato il vertice del clan il collaboratore spiega che questi “era a conoscenza della cosa e che con la vittima non aveva buoni rapporti anche in virtù di una relazione che lo stesso Pasquale aveva con la cugina di Di Leo. Lui avrebbe potuto far desistere il gruppo dal commettere l’agguato”, precisa Fortuna che identifica quindi i mandanti in “Nicola e Domenico Bonavota e Domenico e Bruno Cugliari”.

Lo stesso ha aggiunto che come per l’eliminazione di Domenico Belsito, anche in questo caso le riunioni propedeutiche al delitto “sono avvenute in aperta campagna” e che “Andrea Mantella è stato incaricato solo in un secondo momento per dare supporto per la realizzazione dell’agguato” per la quale in un primo momento il pentito si sarebbe recato “insieme a Nicola Bonavota dagli Arena di Isola Capo Rizzuto e nello specifico da Franco Gentile, Pino Arena e Paolo Lentini, per chiedere supporto e questi ci avevano dato la loro disponibilità”.

SMENTITO IL PENTITO ANDREA MANTELLA

Come fu per alcuni frangenti del delitto Belsito, Fortuna smentisce nuovamente una circostanza illustrata da Mantella relativamente al fatto che “non corrisponde al vero che i Crotonesi sono venuti a Sant’Onofrio per come invece ha indicato lui”, tornando poi sulla posizione di Pasquale Bonavota che “non era presente alle riunioni propedeutiche alla realizzazione dell’agguato ma sicuramente ha avallato l’omicidio anche in considerazione della bomba esplosa alla concessionaria Defina. E ricordo che proprio per ottenere il placet per commettere l’agguato Nicola Bonavota e Bruno Cugliari si sono recati a Roma per parlare con Pasquale che evidentemente non si è opposto alla realizzazione anche se a mio parere non vi erano margini per evitarlo. Di sicuro – ha aggiunto – Pasquale non si è opposto altrimenti avrebbe potuto influenzare la scelta degli zii per quanto in quel  caso non c’era spazio per agire diversamente”.

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