Il porto di Vibo Marina
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Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Vibo condannando l’ente locale al risarcimento all’imprenditore Franco Cascasi, titolare della “Cadi Srl”, di 3,6 milioni di euro, frutto di una inerzia amministrativa lunga 20 anni avente ad oggetto la realizzazione di una nautica da diporto allo scalo marittimo di Vibo Marina
VIBO VALENTIA – Una vittoria definitiva per la “Cadi Srl”, che si vede riconosciuto un risarcimento monstre, e una mazzata per le casse comunali, frutto di una inerzia amministrativa lunga 20 anni da parte del Comune di Vibo che ha attuato scelte totalmente sbagliate, i cui effetti nefasti ricadranno sulle tasche dei cittadini, finalizzate a posticipare ogni possibilità dell’imprenditore Franco Cascasi di elevare il livello della portualità vibonese con la realizzazione di una infrastruttura per la nautica da diporto a Vibo Marina.
Il Consiglio di Stato ha infatti respinto, come aveva fatto a suo tempo il Tar Calabria, il ricorso di palazzo Luigi Razza finalizzato a ribaltare il verdetto di primo grado che aveva visto l’ente locale condannato a risarcire 3,6 milioni di euro (1,9 la parte fissa e il resto dovuto a rivalutazione e interessi) alla società. Deluse quindi le richieste degli avvocati Maria Stella Paolì e Maria Stella Vaticano (esperta del settore) e accolte invece quelle dei legali della Cadi: Alessio Colistra e Pino Altieri.
IL PROGETTO DELLA NAUTICA DA DIPORTO A VIBO MARINA
La vicenda ruota attorno alla realizzazione di una infrastruttura per la nautica da diporto nello scalo di Vibo Marina per la quale nel 2000 la Cadi aveva presentato domanda per il rilascio della concessione demaniale marittima della durata di 30 anni. Un’opera, di circa 20 milioni di euro che indubbiamente avrebbe cambiato i connotati del porto: uno spazio di suolo demaniale di circa 1.450 mq e di una porzione di specchio acqueo di 32.294 mq.
La società, che faceva leva su una serie di provvedimenti che riteneva illegittimi adottati da palazzo Razza fin dal 2003, quando il sindaco era Elio Costa, aveva chiesto un risarcimento maxi di 6,5 milioni di euro (che sfiorava i 9 con gli interessi e rivalutazione) ma per i giudici del Tar – e ora anche del Cds – si era resa necessaria una riduzione del danno del 70% in quanto la Cadi aveva «omesso di richiedere la tutela cautelare, che avrebbe verosimilmente eliso o di molto attenuato il danno da ritardo, e dall’altro non aveva contribuito, quanto alla Valutazione di impatto ambientale (Via), a sbloccare essa stessa la situazione, producendo la documentazione richiesta ai fini della “Via”, per quanto infine essa non fosse necessaria dal competente Ministero».
LE COLPE DEL COMUNE PER UNA INERZIA AMMINISTRATIVA LUNGA 20 ANNI
Ma ad essere bacchettato è stato il Comune che, assumendo una posizione sostanziale indifformità alla previsione normativa, «colpevolmente non ha inteso prendere atto della decisione assunta dalla conferenza dei servizi, favorevole al progetto di Cascasi, e – nonostante la sollecitazione del Tar – ha emesso al di fuori di questa il proprio parere sfavorevole, impedendo, senza alcun motivo e ragione, la prosecuzione del procedimento amministrativo, che di fatto è rimasto sospeso sino a quando non è intervenuta la determinazione del 2014», ha commentato il Cds parlando di «comportamento gravemente colposo» dell’ente locale.
DAL COMUNE DI VIBO “ATTEGGIAMENTO COLPOSO CHE HA DANNEGGIATO LA CADI”
Insomma il Comune è stato ritenuto responsabile di aver assunto un atteggiamento colposo «sulla lunga sequenza di atti procedimentali che, nell’arco di ben venti anni, ha condotto al rilascio dell’agognato provvedimento: Il danno da ritardo, infatti, si concretizza tutte le volte in cui, come nel caso di specie, l’inerzia della pubblica amministrazione ha costretto il privato a sopportare maggiori oneri economici per il conseguimento del bene della vita, oneri che non avrebbe sopportato se la pubblica amministrazione avesse agito tempestivamente e non, come è avvenuto nella vicenda in esame, dopo ben venti anni di stasi e rinvii procedimentali defatiganti, inutili e non di rado illegittimi, come accertato dal Tribunale amministrativo».
Da qui, pertanto, il rigetto del ricorso del Comune e la condanna di quest’ultimo ad un mega risarcimento alla “Cadi Srl”.
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