Assistenza domiciliare
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L’Asp di Crotone conferma i tagli all’assistenza domiciliare. Una ventina i ricorsi al Tar ma continuano i disagi per centinaia di malati
CROTONE – Alla fine, per chiedere il rinnovo dell’assistenza domiciliare integrata, una ventina di pazienti con gravi patologie senili, affetti da malattie croniche e assolutamente non autosufficienti, sono stati costretti a fare ricorso al Tar della Calabria in seguito ai tagli dell’Asp di Crotone. Ma gli esclusi dalle prestazioni sono in tutto circa 500, più o meno la metà dei beneficiari di Adi fino a poco tempo fa. Dalla scorsa estate le conseguenze sono state devastanti per centinaia di famiglie che hanno dovuto sopportare drastiche riduzioni di un servizio fondamentale, peraltro in assenza di pareri medici. Lo scorso 30 settembre, l’Azienda ha intimato alle strutture private accreditate col Servizio sanitario regionale di non accettare nuove prese in carico e di non erogare prestazioni in proroga al superamento del budget assegnato.
E così si va al Tar anche perché gli operatori socio-sanitari possano assicurare l’igiene personale a pazienti allettati, perché i fisioterapisti possano occuparsi della loro riabilitazione, perché gli infermieri continuino a praticare infusioni venose e prelievi ematici.
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CROTONE, L’ASSISTENZA DOMICILIARE NEGATA E IL RICORSO AL TAR
L’Asp precisava che avrebbe preso in carico gli eventuali pazienti bisognosi di proroga di assistenza esclusi dal budget. Ma così non è stato. Alcuni di coloro che non usufruiscono più del servizio sanitario domiciliare hanno visto aggravarsi le proprie condizioni di salute col venir meno della continuità assistenziale. I ricorrenti, del resto, hanno tutti gravi malattie. Parliamo di pazienti con arti inferiori amputati per cancrena diabetica, affetti da decadimento cognitivo grave, tetraparesi spastica, sclerosi multipla, morbo di Parkinson, demenza senile, lesioni da decubito, trauma cronico commotivo, gravi traumi distorsivi con compromissione midollare, schizofrenia, deficit grave della deambulazione a causa di ictus.
Patologie che renderebbero necessaria un’assistenza sanitaria continua e quotidiana, per come attestato dalle Schede di valutazione multidisciplinare (Svama) predisposte dalla competente Uvm (Unità di valutazione medica) dell’Asp di Crotone, tutte allegate all’istanza al vaglio del giudici amministrativi. I ricorrenti, infatti, hanno ricevuto rivalutazione di proroga di assistenza da parte dell’Uvm e necessitano di assistenza domiciliare integrata di secondo e terzo livello.
L’ASP SI CONTRADDICE
C’è di più. La comunicazione del commissario dell’Asp, Antonio Brambilla, alle strutture accreditate stride con quanto asserisce, in una sua nota, il dottor Mario Falbo, il responsabile del Pua (punto unico d’accesso) dell’Asp, il back office dell’Adi. «Per quanto concerne Oss e fisioterapista l’Adi pubblica non fornisce, allo stato, tali figure professionali», scrive Falbo in risposta a una paziente esclusa dal rinnovo delle prestazioni. Eppure la dotazione di personale per l’erogazione delle prestazioni di Adi, già prevista dal Dca 144/2018, indica la presenza indispensabile dell’oss e del fisioterapista per le cure di secondo e terzo livello. Gravissime condizioni di salute non sono state prese in considerazione nonostante quanto documentato nelle schede di valutazione. E nonostante richieste di medici di base e di direttori sanitari delle strutture accreditate.
CROTONE, CHI HA BISOGNO DI ASSISTENZA DOMICILIARE RICORRE AL TAR
Insomma, l’Adi pubblica a Crotone eroga soltanto prestazioni di primo livello e non di secondo e terzo non disponendo delle figure professionali previste per i livelli superiori. Ne consegue che i ricorrenti – ma nella loro condizione si trovano centinaia di pazienti – sono rimasti «privi di assistenza domiciliare con gravissimo e irreparabile pregiudizio», è detto nel ricorso predisposto dagli avvocati Claudia Parise e Roberto Previte. In ultima analisi, sempre secondo i ricorrenti, l’Asp «impone il passaggio dei pazienti dal privato al pubblico, pur nella consapevolezza che il pubblico non può garantire l’intervento delle figure professionali riconosciute come necessarie per la cura degli odierni ricorrenti»
NIENTE FONDI PNRR
Le strutture accreditate non ne facevano una questione economica. Alla fine, quello che chiedevano in più erano due milioni di euro per poter garantire prestazioni fino al 31 dicembre a un migliaio di pazienti, in aggiunta agli otto milioni concessi dall’Asp. Il punto è che gli atti impugnati «depotenziano il servizio presso gli erogatori privati anziché garantire l’incremento del volume delle prestazioni e inibiscono ai ricorrenti di usufruire di un beneficio di legge».
Secondo i legali dei ricorrenti, sarebbero violate le disposizioni in materia di attuazione del Pnrr. L’Asp, infatti, «inspiegabilmente, pone uno stallo all’obiettivo di potenziamento delle cure domiciliari, inibendo agli erogatori privati di prendere in carico nuovi pazienti oltre il budget assegnato e/o di continuare a prestare cure ai pazienti già in carico in caso di necessità di proroga, nonostante vi siano risorse finanziarie appositamente dedicate», è detto ancora nel ricorso. Con Dca 140 del 31 maggio 2023 è stato approvato in Calabria il Piano operativo regionale degli Investimenti relativi alla “Missione 6 – Salute” del Pnrr. Nell’ambito delle misure finanziabili c’è la Casa come primo luogo di cura e telemedicina.
La finalità dell’investimento è quella del potenziamento e incremento del volume delle prestazioni di assistenza domiciliare. Ma ulteriori prestazioni in un territorio che ne ha fame sono così disincentivate.
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